Partita nel 2015 ma non ancora conclusa, la riforma del Catasto è stata poi confermata nel DEF (Documento di Economia e Finanza) 2016, con volontà di procedere alla sua definizione entro il 2018.
Nello stesso documento si è delineata la mappa dei vari passaggi necessari per il suo completamento partendo, ovviamente, da una fase di studio preliminare sugli effetti di gettito e distributivi sui contribuenti.
Come primo step, il Governo ha privilegiato interventi sulla determinazione della rendita catastale degli immobili a destinazione produttiva e industriali (i cd. “imbullonati”, gruppi catastali D e E).
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Relativamente all'accatastamento delle unità immobiliari e alla determinazione e accertamento della rendita, il documento consente ai Comuni di richiedere la revisione del “classamento” delle unità immobiliari private all'Agenzia delle Entrate, per quelle insistenti nelle microzone comunali laddove rilevino una discrepanza nel valore medio di mercato.
Inoltre, è concessa facoltà ai comuni di avviare la procedura di revisione puntuale dei “ classamenti incoerenti” per intervenute variazioni edilizie.
Nelle fasi precedenti, con la legge delega per la riforma fiscale e dunque anche la riforma del Catasto, il Governo aveva puntato a ristabilire equità nel valore dei fabbricati, necessari per il calcolo dell'IMU, al fine di commisurare l'imposta fiscale al valore reale dell'immobile.
Si erano dunque inserite novità importanti sui parametri di calcolo del valore immobiliare:
non si calcolano più i vani dell'immobile, ma i metri quadri;
rendita media ordinaria: sostituisce la rendita catastale come base imponibile per il calcolo fiscale e viene quantificata in base alla media dei canoni di locazione degli immobili dello stesso ambito territoriale nell'arco dei 3 anni precedenti; (il valore si rapporta anche alle caratteristiche edilizie (piano, affaccio, presenza di scale e/o ascensore), età dell'immobile, tipologie impiantistiche, ecc.:
divisione territoriale: i Comuni si suddividono in diversi ambiti territoriali del mercato, per differenziare le zone di maggiore o minore pregio immobiliare;
valore patrimoniale: viene calcolato sulla base degli stessi parametri della rendita media e rapportato ai metri quadri di superficie; i valori dei singoli immobili vengono “personalizzati” rispetto alle attuali categorie catastali che risultano troppo generiche e poco adeguate alla realtà del mercato.
Relativamente all'aspetto condominiale, con la Circolare 2E/2016 [1] dell'Agenzia delle Entrate, si sono introdotte modifiche all'accatastamento delle pertinenze [2] per le nuove costruzioni, con aggravio di costi per costruttori e futuri proprietari.
Nello specifico, si fa riferimento alle pertinenze quali solai/sottotetti, cantine, box/garage che hanno accesso autonomo direttamente dalla strada o dalla corte esclusiva o dalle parti comuni.
Da ora in avanti sarà obbligatorio accatastarli nella categoria C/2, quella relativa a magazzini/locali di deposito e C/6 relativa a stalle, scuderie, rimesse e autorimesse.
In sostanza, se fino ad oggi queste pertinenze potevano rientrare nella stessa planimetria dell'appartamento e dunque essere calcolate nella rendita come “vani accessori” (con incidenza minima sulla rendita complessiva), con la riforma catastale non sarà più consentito accorparle: per ogni cantina, box, soffitta, sottotetto con ingresso autonomo rispetto all'abitazione principale, dovrà procedersi alla creazione di un nuovo subalterno e, successivamente accatastarlo nella categoria C/2 (o C/6).
Dunque la pertinenza passa da “vano accessorio” dell'abitazione a “vano principale” con relativo aumento della rendita catastale.
In virtù di questa variazione, il costruttore di un immobile pluriplano dotato di cantine o box al piano interrato, dovrà accollarsi il costo fisso di accatastamento per ogni singolo vano in C/2 (50,00 € a vano); il proprietario dell'unità immobiliare di nuova costruzione (che sarà accatastata secondo le nuove disposizioni), laddove fosse proprietario di più box e/o cantine, non potrà farle rientrare tutte nelle agevolazioni fiscali previste per la prima casa, a meno di un solo vano pertinenziale.
Non cambia nulla invece se le porzioni immobiliari destinate a deposito e cantina sono direttamente comunicanti con le abitazioni, costituendo di fatto pertinenze delle stesse; rientrano di norma, quindi, nella maggiore consistenza delle unità immobiliari cui risultano correlate, in quanto prive di autonomia funzionale e reddituale.
Per le unità immobiliari già precedentemente accatastate, resta valido il pregresso, anche se interviene nel frattempo una variazione catastale
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[1] “Unità immobiliari urbane a destinazione speciale e particolare - Nuovi criteri di individuazione dell'oggetto della stima diretta. Nuove metodologie operative in tema di identificazione e caratterizzazione degli immobili nel sistema informativo catastale (procedura Docfa)”.
[2] Per definizione, in base all'art. 817 c.c., si definiscono pertinenze “ le cose destinate in modo durevole a servizio o ad ornamento di un'altra cosa. La destinazione può essere effettuata dal proprietario della cosa principale o da chi ha un diritto reale sulla medesima“.