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Impugnazione delle delibere assembleari e limiti del sindacato del Giudice: il caso del c.d. “eccesso di potere” analizzato dal Tribunale di Trani. Analisi di un cambio di prospettiva

Quali sono i poteri ed i limiti del Giudice chiamato a pronunciarsi sull'eventuale annullamento di una deliberazione assembleare?
Avv. Roberto Rizzo - Foro di Cosenza 

"Dobbiamo sempre guardare le cose da angolazioni diverse. Ed il mondo appare diverso." Traendo spunto da questa meravigliosa frase, pronunciata dall'indimenticabile Professore di letteratura John Keating, interpretato dal grandissimo Robin Williams, protagonista del celeberrimo film "L'attimo fuggente", muteremo, oggi, la nostra consueta prospettiva d'analisi ed affronteremo il tema posto all'attenzione del lettore dalla pronuncia in commento -Tribunale di Trani, Sentenza del 13.06.2019 n. 1471- non dal punto di vista dell'amministratore o del condomino, ma da quella, più tecnica e specialistica, dell'operatore del diritto.

In particolare, andremo ad analizzare quali sono i poteri ed i limiti del Giudice chiamato a pronunciarsi sull'eventuale annullamento di una deliberazione assembleare, impugnata ai sensi dell'art. 1137 c.c., cercando di individuare -in concreto- fino a che punto può spingersi l'analisi del Magistrato al fine di verificare la correttezza, piuttosto che l'eventuale illegittimità, della pronuncia assembleare sub judice.

L'articolo in parola, che è la norma cardine intorno alla quale ruota lo strumento di impugnazione oggi in esame, testualmente statuisce, al secondo comma: "(…) Contro le deliberazioni contrarie alla legge o al regolamento di condominio ogni condomino assente, dissenziente o astenuto può adire l'autorità giudiziaria chiedendone l'annullamento nel termine perentorio di trenta giorni che decorre dalla data della deliberazione per i dissenzienti o astenuti e dalla data di comunicazione della deliberazione per gli assenti (…)".

A fronte di una simile enunciazione, il dovere dell'interprete è quello di chiarire quali siano i limiti del sindacato del Giudice investito di un giudizio promosso ai sensi dell'art. 1137 c.c., fornendo una risposta, quanto più esauriente possibile, ai seguenti interrogativi: può il Giudice, nella propria indagine volta ad accertare l'eventuale violazione di legge o di regolamento, sindacare nel merito l'opportunità e la discrezionalità sottese alla pronuncia assembleare? Ed ancora: può il Giudicante annullare una delibera assembleare semplicemente perché la ritiene ingiusta, sostituendo, di fatto, con la redazione della sentenza, il proprio personale convincimento alla manifestata volontà assembleare?

La consolidata e costante giurisprudenza di legittimità è concorde nel ritenere che: "(..) Il sindacato dell'autorità giudiziaria sulle delibere dell'assemblea non può estendersi alla valutazione del merito ed al controllo del potere discrezionale che l'assemblea esercita quale organo sovrano della volontà dei condomini, ma deve limitarsi al riscontro della legittimità (…)." (Cass. Civ., 20.06.2012, Sentenza n. 10199; Cass. Civ., 20.04.1994, Sentenza n. 3747; Cass. Civ., 05.11.1990, Sentenza n. 10611)

Quando e come risulta viziata da eccesso di potere la delibera

Nello stesso senso, autorevole dottrina, sottolinea come: "Al Giudice è preclusa la possibilità di interferire nella libera valutazione dell'assemblea nel giudizio di opportunità, convenienza, saggezza o ponderatezza sotteso al contenuto della delibera medesima, che pertanto non può essere censurata e invalidata per una semplice irrazionalità che non si traduca in una violazione di specifiche norme legislative o regolamentari" (CELESTE, L'eccesso di potere nelle delibere condominiali ed i limiti del sindacato dell'autorità giudiziaria in Arch. locaz. e cond., 2003, pg. 769)

Ma vi è dell'altro; non solo il Giudicante non ha il potere di sindacare la mera "convenienza" della delibera adottata dai condomini, quanto più l'indagine del Magistrato deve rigorosamente attenersi, in prospettiva dell'eventuale annullamento, all'analisi di quella parte della delibera in cui sia effettivamente riscontrabile una violazione di legge o di regolamento, senza che, per ciò stesso, derivi l'invalidazione di ogni altra decisone adottata dalla maggioranza assembleare.

Diventa doveroso, a questo punto, per completezza d'indagine, chiedersi: il principio appena enunciato, per cui al Giudice è preclusa l'analisi dei motivi di mera opportunità che presiedono all'adozione di una determinata delibera, dovendo, viceversa, egli limitarsi a verificarne la conformità alla legge ed al regolamento di condominio, ha valore assoluto o è suscettibile di eccezioni?

Anche in questo caso, è possibile fornire una risposta univoca: la delibera assembleare può essere annullata anche per valutazioni attinenti al merito ed all'opportunità della stessa, nell'unico caso in cui la stessa si presenti viziata da"eccesso di potere".

Premesso che l'eccesso di potere è un concetto di natura prettamente pubblicistica, in ambito condominiale, tale patologia è -tuttavia- riscontrabile quando la decisione adottata dall'assemblea dei condomini costituisca un: "(…) grave pregiudizio per la cosa comune e per i servizi che ne costituiscono parte integrante (…)." (Cass. Civ., 14.10.2008, Sentenza n. 25128).

Come si può agevolmente intuire, dunque, si ha una delibera assembleare viziata da "eccesso di potere" quando essa si presenti deviata dal suo naturale (e discrezionale) modo di essere, in quanto frutto, non del legittimo esercizio discrezionale del potere decisionale proprio dell'assemblea, quale organo sovrano del condominio, ma, piuttosto, conseguenza di un abuso di tale discrezionalità, esercitata in modo del tutto arbitrario e non consentito, in danno e pregiudizio dei singoli condomini o della cosa comune.

L'Autorità Giudiziaria non può sindacare le scelte dell'assemblea a meno che non si tratti di eccesso di potere

In questo senso si è autorevolmente espressa la Suprema Corte di Cassazione, la quale ha più volte sostenuto che l'eccesso di potere sia ravvisabile: "(…) quando la decisione sia deviata dal suo modo di essere, (…) in tal caso il giudice non controlla solo l'opportunità o la convenienza della soluzione adottata dalla delibera impugnata, ma deve stabilire se essa sia o meno il risultato del legittimo esercizio del potere discrezionale dell'organo deliberante (…)." (Cass. Civ., Sentenza n. 5889/2001; conforme a Css. Civ. Sentenza n. 19457/2005)

La posizione espressa dalla Suprema Corte è chiara: è sempre consentito l'esercizio legittimo del potere decisionale dell'organo legislativo condominiale, a patto che esso sia ispirato a criteri di discrezionalità correttamente orientati; laddove della discrezionalità vi sia un abuso, ovvero un uso distorto, in danno della collettività o del singolo, il Magistrato, potrà anche entrare nel merito della delibera, sindacandone l'opportunità e/o la convenienza e, se del caso, annullarla per il vizio generato dall' eccesso di potere.

Il caso giudiziario oggi commentato, è, in verità, piuttosto esplicativo ed illustra perfettamente tutto quanto premesso.

Con atto di citazione innanzi al Giudice di Pace di Bisceglie, il condomino Alfa conveniva in giudizio il Condominio Beta per sentir dichiarare l'illegittimità della deliberazione adottata dal convenuto Condominio, con la quale la ripartizione di alcune spese di carattere straordinario era avvenuta impiegando la tabella A anziché la tabella E, in quanto viziata da eccesso di potere.

Dichiaratosi incompetente per valore l'adito Giudice di Pace, il condomino soccombente proponeva appello innanzi il Tribunale di Trani, reiterando le proprie richieste; parimenti si costituiva l'appellato Condominio, il quale insisteva per il rigetto della domanda spiegata da Alfa, asserendo che le opere straordinarie in questione riguardavano parti strutturali ed aree comuni a tutti i condomini e sottolineando l'applicabilità della tabella A anche per opere di carattere straordinario, per espressa previsione del regolamento contrattuale.

Il Tribunale, superate alcune questioni pregiudiziali, tratteneva innanzi a sé la causa in funzione di Giudice d'Appello e la decideva, evidenziando la mancata indicazione specifica, da parte dell'appellante, delle norme di legge o regolamentari che sarebbero state violate applicando la Tabella A -prevista dal regolamento condominiale-, in luogo della Tabella E, così come richiesto nelle conclusioni dell'atto introduttivo del condomino Alfa.

Rigettava, pertanto, l'appello, confermando la legittimità della delibera erroneamente impugnata e liquidando le spese secondo il criterio della soccombenza. Nell'estensione della parte motiva della Sentenza in parola, il Tribunale di Bari, non ravvisava né la violazione di legge, né la violazione di norme di natura regolamentare, né, tantomeno, profili di eccesso di potere.

Pertanto, correttamente, non entrava nella valutazione di merito della scelta effettuata dall'assemblea condominiale, limitandosi a respingere le istanze dell'appellante in punto di diritto, in rigorosa applicazione dell'art. 1137 c.c., secondo l'interpretazione evidenziata nel presente scritto.

In conclusione, chi scrive, per completezza espositiva, ritiene di fare cosa gradita al lettore che abbia avuto la pazienza di addentrarsi sin qui nella lettura del testo, evidenziando che:

1) la prova del vizio derivante dall'eccesso di potere, in applicazione dei principi generali in tema di onere probatorio, deve essere fornita da colui che tale vizio intende fare valere;

2) può parimenti realizzare atti viziati da eccesso di potere, l'amministratore che travalichi i limiti del proprio mandato, realizzando atti confliggenti o non corrispondenti agli interessi della compagine condominiale.

Sentenza
Scarica Tribunale di Trani, Sentenza del 13.06.2019 n. 1471
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