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Eccesso di potere in ambito condominiale. Alcune ipotesi di configurabilità

Eccesso di potere dell'assemblea o dell'amministratore di condominio.
Avv. Michele Orefice - Foro di Catanzaro 

In ambito condominiale spesso si parla, in modo atecnico, di eccesso di potere dell'assemblea o dell'amministratore, specialmente da parte di chi non conosce neanche il significato di tale locuzione.

Iniziamo col dire che l'eccesso di potere è un vizio di legittimità tipico dell'atto amministrativo, che si concretizza quando un organo della Pubblica amministrazione esercita il potere in modo scorretto e soprattutto in mala fede.

Per fare un esempio si può parlare di eccesso di potere nel caso in cui un Governo decida di sciogliere un consiglio comunale adducendo reiterate violazioni di legge, ma in realtà agisce per motivi prettamente politici.

Quindi, a stretto rigore, l'eccesso di potere è una nozione propria del diritto pubblico e non del diritto civile condominiale, osservando che in materia condominiale non è contemplato specificatamente in nessuna norma e se ne parla soltanto per l'effetto "forzato e derivato" di elaborazioni giurisprudenziali e dottrinali, che possono essere ritenute inadeguate e per certi versi incomprensibili.

Dunque se già in linea teorica è difficile configurare l'eccesso di potere in campo condominiale, nella pratica è ancora più complicato stabilire in quali casi ricorra questo c.d. vizio nell'ambito di delibere assembleari condominiali o nell'attività di gestione dell'amministratore, prestandosi le cause relative "all'eccesso di potere in condominio" a diverse interpretazioni ed a volte trattate da giudici non esperti della materia.

Tuttavia per analizzare i limiti e le situazioni in cui l'assemblea condominiale possa eccedere il suo potere, occorre prendere in considerazione sia l'art. 1135 c.c., che individua i compiti della stessa assemblea e sia l'art. 1137 c.c. che prevede i rimedi per le delibere presuntivamente viziate.

L'assemblea non ha il potere di imputare al singolo condomino una determinata spesa senza che la stessa sia stata accertata

Nello specifico l'art. 1137, comma 2, c.c., che ammette il ricorso "contro le deliberazioni contrarie alla legge od al regolamento di condominio", indirettamente prescrive ed impone all'assemblea dei condòmini di esercitare il proprio potere deliberativo senza oltrepassare i limiti imposti dalla legge e dal regolamento condominiale.

Infatti, ai sensi degli artt. 1135 e 1137 c.c., la delibera condominiale che approva il rendiconto annuale dell'amministratore "può essere impugnata dai condomini assenti e dissenzienti nel termine stabilito dall'art. 1137 c.c., comma 3, non per ragioni di merito, ma solo per ragioni di mera legittimità, restando esclusa una diversa forma di invalidazione ex art. 1418 c.c., non essendo consentito al singolo condomino rimettere in discussione i provvedimenti adottati dalla maggioranza se non nella forma dell'impugnazione della delibera" (Cass. n. 3747 del 20/04/1994).

Se ne desume che il controllo del giudice sulla delibera condominiale non può riguardare il merito della decisione, cioè le ragioni dell'autonomia privata che l'hanno determinata, ma deve limitarsi al c.d. "controllo di legittimità" della stessa deliberazione, con preclusione dell'esame delle ragioni di opportunità e di convenienza della stessa decisione.

Cause condominiali, è possibile domandare il risarcimento del danno per l'irragionevole durata del processo?

In un solo caso il giudice può sindacare sul contenuto di convenienza e di opportunità della decisione e cioè quando l'assemblea abbia deliberato con "eccesso di potere" (Ex multis: Cass. 3177/78; Cass. n. 6853/2001; Cass. n. 10754/2011).

Orbene posto che la delibera dell'assemblea di condominio sia stata adottata in conformità alla legge può comunque essere annullata per eccesso di potere, quando cioè risulti essere stata ingiusta e organizzata in modo fraudolento dalla maggioranza dei condòmini per perseguire lo scopo intenzionalmente lesivo degli interessi dei condòmini dissenzienti o assenti.

In prativa la funzione dell'eccesso di potere, che presuppone la sussistenza della lesione dell'interesse dell'ente condominiale e dell'interesse del singolo, rappresenta un modo "discutibile" per superare i limiti del controllo di mera legittimità sulle delibere condominiali da parte dell'autorità giudiziaria, nei casi in cui il potere decisionale della maggior parte dei condòmini sia degradato in prepotenza contro i singoli.

Nello specifico "il sindacato dell'autorità giudiziaria sulle delibere delle assemblee condominiali deve limitarsi al riscontro della legittimità che, oltre ad avere riguardo alle norme di legge o del regolamento condominiale, deve comprendere anche l'eccesso di potere, ravvisabile quando la decisione sia deviata dal suo modo di essere, perché in tal caso il giudice non controlla l'opportunità o la convenienza della soluzione adottata dalla delibera impugnata, ma deve stabilire solo che essa sia o meno il risultato del legittimo esercizio del potere discrezionale dell'organo deliberante" (Ex multis: Cass. n. 5889/2001; Cass. n. 19457/2005).

Per esempio si è parlato di eccesso di potere in condominio nel caso di approvazione di un rendiconto non veritiero in relazione alla posizione debitoria del condominio (Cass. n. 731 del 27/01/1988) oppure nel caso in cui sia stata adottata la delibera senza la doverosa informazione in merito al suo oggetto, perché concernente un argomento non indicato nell'ordine del giorno (Trib. di Padova sentenza 2521 del 12 ottobre 2005).

Al contrario i giudici non hanno ravvisato un eccesso di potere nel caso in cui era stato approvato un preventivo di spesa per lavori straordinari in luogo di altro preventivo asseritamente più vantaggioso (Cass. 3938 del 26/04/1994) o nel caso in cui era stato deciso di puntellare un arco dichiarato pericolante da un tecnico e non pericolante da un altro, trattandosi di decisione che rientrava nel merito della questione (Cass. 10611 del 05/11/1990).

E' stato ritenuto, di converso, che integri eccesso di potere, ed indi sanzionata quale annullabile, ai sensi dell'art. 1137 c.c., una deliberazione assembleare che nomini amministratore del condominio la moglie di quello precedentemente revocato dal Tribunale (Trib. di Lecco, 13 giugno 2014).

In ogni caso "grava su chi impugna la delibera l'onere di fornire la dimostrazione dell'effettiva sussistenza dell'abuso e dell'eccesso di potere" (Cass. sez. lav. n. 6361/2003) e la prova che la delibera condominiale sia stata adottata per finalità estranee agli interessi del condominio o con pregiudizio della collettività non è sempre agevole.

In effetti non è facile individuare i casi in cui la discrezionalità dell'assemblea, sottratta all'esame del giudice, debba essere viceversa controllata e condannata.

Per quanto riguarda gli atti posti in essere dall'amministratore di condominio, secondo il comune principio della rappresentanza ex art. 1387 e ss. c.c., la volontà dell'amministratore altro non è se non quella del condominio che egli rappresenta ed al quale è vincolato da un rapporto professionale di mandato e, pertanto, in sintesi possiamo dire che le ipotesi in cui sorge responsabilità contrattuale dell'amministratore sono essenzialmente due: quando eccede i limiti del suo mandato (eccesso di potere) e quando non adempie al proprio dovere (inadempimento in senso stretto).

Gli atti dell'amministratore che dispone opere sulla cosa comune, in eccesso ai propri poteri e con lesione dei diritti dei condomini, sono affetti da nullità assoluta, la cui deducibilità non è soggetta ai termini di decadenza degli artt. 1133 e 1137 cod. civ. (Cass n. 12851 del 29-11-1991).

Nello specifico affinché possa configurarsi l'eccesso di potere da parte dell'amministratore-mandatario si richiede che lo stesso amministratore abbia perseguito uno scopo diverso da quello prestabilito dal mandante e con questo incompatibile.

Basta guardare all'interesse complessivo dei condòmini e soltanto nel caso in cui il comportamento dell'amministratore non sia riconducibile nell'ambito dell'incarico, si è in presenza di un eccesso di mandato.

Ciò posto all'esito della provata colpa dell'amministratore-mandatario, l'obbligo del risarcimento riguarderà qualunque danno arrecato al condominio, come ad esempio un aggravio di spesa determinato da ritardo pagamento di fatture pur in presenza di liquidità di cassa; oppure basti pensare ai danni subiti da un condomino che sia caduto nelle scale al buio per mancanza dell'energia elettrica distaccata a seguito di mancato pagamento della fattura di consumo, nonostante la disponibilità di fondi condominiali.

Un esempio significativo di eccesso di potere si rinviene anche nell'ultimo comma dell'art. 1135 c.c. già citato, laddove sanziona l'amministratore che ordini dei lavori straordinari di manutenzione, senza che ricorra il carattere d'urgenza.

Naturalmente anche per i provvedimenti dell'amministratore, come per l'impugnazione delle delibere assembleari, vale la distinzione tra nullità e annullabilità.

Un provvedimento che lede i diritti dei condòmini sulla cosa comune sarebbe comunque affetto da nullità assoluta e la deducibilità di tale nullità davanti al giudice non è soggetta al termine di decadenza di cui agli artt. 1133 e 1137 c.c. con il quale opera per la diversa ipotesi di provvedimento meramente annullabile per vizi formali (Cass. n. 12851/1991).

Per cui è auspicabile che l'amministratore non agisca mai al di fuori delle proprie attribuzione e men che meno senza autorizzazione dell'assemblea condominiale, altrimenti rischia di rispondere personalmente dei danni eventualmente cagionati a terzi od a condòmini senza che si possa ravvisare alcuna responsabilità del condominio.

Avv. Michele Orefice

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