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L'assemblea non ha il potere di imputare al singolo condomino una determinata spesa senza che la stessa sia stata accertata

Senza un riconoscimento preventivo l'assemblea non può imputare a carico del singolo condomino alcun obbligo di risarcimento, né tanto meno imputare una spesa imprevista.
Avv. Giuseppe Donato Nuzzo 

L'assemblea non ha il potere di imputare al singolo condomino una determinata spesa personale, in via di “autotutela”, senza che la stessa sia stata accertata e riconosciuta espressamente dal condomino stesso, o sia stata oggetto di accertamento giudiziale e conseguente condanna al pagamento.

È quanto stabilito dal Tribunale di Milano con la sentenza n. 10247 dell'11 settembre 2015, che ha dichiarato nulla la deliberazione con la quale l'assemblea, a maggioranza, aveva imputato a carico della singola condomina somme per spese legali a titolo di debito individuale.

Nella sentenza di sottolinea che le attribuzioni dell'assemblea sono circoscritte alla verifica ed applicazione dei criteri di ripartizione delle spese necessarie per la conservazione e godimento delle parti comuni, nonché per la prestazione dei servizi nell'interesse comune, oltre che per le legittime innovazioni deliberate dalla maggioranza.

La ripartizione delle spese comuni, inoltre, deve sempre avvenire in base ai criteri previsti dall'art. 1123 c.c. o, eventualmente, dal regolamento condominiale contrattuale. Criteri diversi possono essere applicati solo previo consenso unanime dei condomini.

La sentenza in commento, molto ben motivata, segue l'orientamento prevalente in Cassazione, che ritiene radicalmente nulle (e non semplicemente annullabili) le delibere con le quali l'assemblea di condominio imputa una determinata spesa al singolo condomino (ad esempio, il risarcimento di danni pur imputabili al singolo condomino) invece di ripartirla tra tutti i partecipanti al condominio in base ai millesimi di proprietà.

Con riferimento alla ripartizione delle spese condominiali, il giudice meneghino ricorda che sono affette da nullità – e sono dunque sempre impugnabili in ogni tempo – le delibere condominiali attraverso le quali, a maggioranza, siano stati stabiliti o modificati i criteri di ripartizione delle spese condominiali in difformità da quanto previsto dall'art. 1123 cc. o dal regolamento condominiale contrattuale.

Tali criteri, infatti, possono essere modificati solo con il consenso unanime dei condomini.

Sono, invece, annullabili – e dunque impugnabili nel termine di 30 giorni ex art. 1137 c.c. – le delibere con cui l'assemblea determina in concreto la ripartizione delle spese medesime applicando erroneamente i criteri di cui all'art. 1123 c.c. (Cass. civ. n. 8010/2012).

Anche alla luce di tali considerazioni, nel caso di specie la delibera impugnata deve considerarsi nulla “con riferimento alla “approvazione consultivo spese 1/10/2012-30/9/2013 e relativa ripartizione” per quanto riguarda l'addebito alla attrice di somme per spese legali a titolo di debito individuale”.

Tale deliberato – secondo il tribunale – esula dalle attribuzioni dell'assemblea, che non ha il potere di imputare al singolo condomino una determinata spese, al di fuori di quelle inerenti la gestione, manutenzione e conservazione dei beni comuni condominiali, senza che la stessa sia stata accertata e riconosciuta dal singolo condomino oppure con sentenza in sede giudiziaria.

In assenza del diretto riconoscimento o dell'accertamento giudiziale, l'assemblea non può porre a carico del singolo condomino alcun obbligo di risarcimento, né tanto meno imputare una spesa imprevista a titolo individuale.

Quest'ultima deve essere provvisoriamente ripartita tra tutti i condòmini, secondo gli ordinari criteri millesimali, fermo restando il diritto di costoro di agire, anche singolarmente, contro il condomino da essi ritenuto effettivamente responsabile, per ottenere da lui il rimborso di quanto indebitamente anticipato.

Fino a quel momento, l'assemblea è tenuta a ripartire le maggiori spese tra tutti i condomini, rispettando i criteri previsti dal regolamento o, in mancanza, dal codice civile.

Ragionando diversamente, si finirebbe per attribuire all'assemblea un potere di “autodichia”, consistente nel farsi giustizia da sé e nel richiedere somme di danaro e/o altre prestazioni che non rientrano in quelle sopra richiamate. Potere che risulterebbe, tra le altre cose, contrario ai principi che disciplinano la pacifica convivenza della comunità condominiale.

Senza il piano di ripartizione della spesa il condomino moroso la fa franca

Ecco perchè in condominio è dura farsi rimborsare una spesa urgente

Sentenza
Scarica Tribunale di Milano, n. 10247 dell'11 settembre 2015
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