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Comproprietà del terrazzo di copertura

Quando un lastrico solare, ovvero terrazzo di copertura, può dirsi di uso esclusivo? Quale è la sua natura?
Avv. Anna Nicola 

Il caso è trattato dal Tribunale di Latina con la decisione n. 2172 del 14 dicembre 2021.

La fattispecie per cui è causa

Alcuni condomini citano in giudizio la proprietaria dell'alloggio soprastante al loro affermando che vi erano diritti di comproprietà sul terrazzo di copertura della palazzina il cui diritto di uso esclusivo era stato indebitamente trasferito alla convenuta, in forza dell'atto di acquisto.

Rilevano l'invalidità dell'atto, chiedendo dichiararsene la nullità o disporsene l'annullamento, accertando il loro diritto di comproprietà e di uso.

Conseguente domanda è la pronuncia nei confronti della convenuta di cessare ogni turbativa, con condanna della stessa al risarcimento del danno patito per il mancato utilizzo del terrazzo e alla costituzione di una servitù di passaggio sul suo appartamento per consentire agli attori di accedervi. In via subordinata chiedono in termini monetari la metà del valore del terrazzo.

La convenuta rileva l'improcedibilità della domanda, stante il mancato esperimento della mediazione. Nel merito evidenzia di non aver mai impedito l'accesso, garantito da una scala esterna e, in ogni caso, di aver ricevuto dalla propria dante causa la facoltà di uso esclusivo alla stessa riconosciuta con autorizzazione dell'assemblea dell'edificio.

Il Tribunale rigetta l'eccezione di improcedibilità e accoglie la domanda di parte attrice, seppur in parte.

La decisione del Tribunale: la definizione e i titoli nel caso di specie

Il Giudice parte dalla definizione di lastrico solare e dal suo naturale uso.

Il lastrico solare, quale superficie terminale dell'edificio, esercita l'indefettibile funzione primaria di protezione dell'edificio medesimo, pur potendo essere utilizzato in altri usi accessori, come quello del terrazzo.

Questa funzione accessoria del lastrico solare a terrazza in uso esclusivo di un solo condomino, come non fa venir meno la sua destinazione primaria all'uso comune, così in mancanza di un titolo contrario lascia inalterata la presunzione di proprietà comune di cui all'art. 1117 c.c. (C. 22339/2019; C. 20287/2017; C. 5162/1990).

Ciò sta a significare che esso è oggetto di proprietà comune dei diversi proprietari dei piani o porzioni di piano del palazzo se il contrario non risulta, in modo chiaro ed univoco, dal titolo.

Con questo termine si intendono gli atti di acquisto dei singoli appartamenti o delle altre unità immobiliari, o alternativamente il regolamento di condominio accettato dai singoli condomini (C. 4060/1995).

Effettuata questa premessa, il giudice entra nel merito dei titoli delle parti in causa ed osserva quanto segue.

Il titolo degli attori effettua il trasferimento agli stessi dell'immobile al piano terra e della proporzionale quota degli enti comuni (...) che per legge o qualsiasi altro titolo spettano alle descritte porzioni di fabbricato.

Il rogito di compravendita inerente la convenuta non porta con sé una diversa proprietà del lastrico, rispetto al quale viene solo il diritto di uso esclusivo, così come concesso dall'assemblea condominiale.

Da questa analisi il Tribunale deduce che il lastrico è bene comune, secondo le proporzioni di cui all'art. 1118 c.c.

Il diritto d'uso del terrazzo

Il Tribunale fa una lunga analisi di questo diritto, richiamando l'orientamento della Suprema Corte sulla cui base si afferma che i diritti reali sono un numero chiuso.

Afferma di non poter qualificare (soltanto in via incidentale) alla luce dei principi di cui all'art. 1362 c.c., la delibera assembleare quale fonte di un diritto reale a sua volta oggetto del trasferimento qui impugnato.

A prescindere da ogni considerazione in ordine alla validità di un negozio costitutivo del diritto reale atipico (sulla scorta dei principi espressi dalla Suprema Corte) osserva come debba escludersi, alla luce del dato letterale, delle espressioni utilizzate e delle stesse modalità con le quali è stata approvata la delibera condominiale versata in atti, che le parti abbiano inteso costituire un diritto reale (neppure riconducibile, ammissibilmente, alla fattispecie di cui all'art. 1021 c.c.).

In sede di consesso assembleare la condomina ha chiesto genericamente, di essere autorizzata allo sfruttamento, a proprie spese, del terrazzo. L'assemblea ha emesso una simile autorizzazione all'unanimità dei presenti, non di tutti i condomini.

Si tratta quindi di mera delibera di natura condominiale, non già di contenuto contrattuale, regolativa esclusivamente dell'uso di un bene comune (e neppure attributiva di un diritto personale di godimento esclusivo).

Ferma l'inidoneità dell'uso esclusivo ad incidere sulla natura condominiale del bene che ne costituisca oggetto, nel caso di specie risulta esclusivamente autorizzato (peraltro genericamente) lo sfruttamento del lastrico nelle sue diverse potenzialità, ulteriori rispetto alla funzione di mera copertura.

Ciò chiarito, non può valere il riferimento contenuto nel rogito della convenuta alla delibera assembleare in oggetto: essa non può avere valenza costitutiva o traslativa di un diritto di uso esclusivo in favore della condomina.

Il rogito, tuttavia, non è affetto dall'allegata invalidità, quanto, piuttosto, da inefficacia in parte qua, alla luce del principio secondo il quale nemo plus iuris transferre potest quam ipse habet. Non sussiste la legittimazione, in capo agli attori, a farne valere l'annullabilità.

Conclusioni

In conclusione, il Tribunale dichiara la natura condominiale del lastrico di copertura, di cui la comproprietà risultando determinata in proporzione al valore delle singole unità esclusive, neppure allegato allo stato e l'insussistenza di un diritto di uso esclusivo in capo alla stessa.

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Rigetta la domanda risarcitoria e inibitoria, all'esito dell'istruttoria non risultando provato alcun danno connesso al mancato utilizzo del bene, escludendo il c.d. danno in re ipsa.

Quanto alla domanda avente ad oggetto la costituzione della servitù, rileva il Tribunale come ai sensi dell'art. 1051 c.c., siano esenti dalla servitù coattiva di passaggio le case, i cortili, i giardini e le aie ad esse attinenti.

L'elencazione contenuta nella norma è tassativa e risiede nell'esigenza di evitare l'eccessiva onerosità che verrebbe a gravare su tali fondi a seguito della servitù.

Il Tribunale non ignora, invero, l'insegnamento secondo cui l'esenzione delle case, dei cortili, dei giardini e delle aie ad essi attinenti dalle servitù coattive, sancita dagli ultimi commi degli art. 1033 e 1051 c.c., non opera in presenza di situazioni di interclusione assoluta, non altrimenti eliminabili (Cass. civ. Sez. II, 01/08/1995, n. 8426).

Parte attrice però non ha provato le specifiche condizioni dell'immobile e, in particolare, l'inesistenza di altre vie di accesso al lastrico, se non attraverso il passaggio nell'appartamento della convenuta.

Inoltre la relazione peritale dell'espletata C.T.U. dimostra che "prima del rilascio di tale autorizzazione relativa alla realizzazione della scala a chiocciola, per quanto riferito da parte attrice, il terrazzo in questione era raggiungibile per soli scopi manutentivi mediante una scala a pioli posta sul terrazzo ubicato al piano primo sul prospetto principale".

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Sentenza
Scarica Trib. Latina 14 dicembre 2021 n.2172
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