Quando un condomino intende realizzare opere nell'unità immobiliare di sua proprietà ovvero nelle parti normalmente destinate all'uso comune, che siano state attribuite in proprietà esclusiva o destinate all'uso individuale, deve prestare attenzione a non ledere il decoro architettonico del fabbricato nonché a non recare pregiudizio alla sua stabilità e sicurezza.
Nelle ipotesi, ad esempio, di apertura di una porta finestra e di chiusura dei balconi della singola unità immobiliare, si realizzano modifiche che non riguardano soltanto la proprietà individuale, ma che si riflettono su parti comuni, le facciate del fabbricato, nella misura in cui alterino la fisionomia l'aspetto armonico dell'edificio oltre che la sua stabilità e sicurezza.
Se da un lato, infatti, sussiste il limite alla realizzazione delle opere su parti di proprietà esclusiva, del rispetto del decoro architettonico e della stabilità e sicurezza dell'edificio, dall'altro lato, in mancanza di tali violazioni, il condomino ha diritto ad apportare modifiche e a realizzare opere in virtù del diritto, spettante a ciascun partecipante, al legittimo uso della cosa comune.
La valutazione in ordine alla sussistenza di lesioni del decoro architettonico e della stabilità e sicurezza dell'edificio, è rimessa al giudice di merito che provvederà a condannare il condomino alla riduzione in pristino e al risarcimento del danno ed, in caso contrario, a rigettare la domanda.
Il Tribunale di Aosta si è pronunciato di recente (sentenza n. 60 del 4 marzo 2024) su un caso avente ad oggetto l'apertura di una porta finestra sulla facciata condominiale e la chiusura, totale e parziale dei balconi dell'appartamento di un condomino, concludendo per il rigetto della domanda di riduzione in pristino formulata dal Condominio, essendo le opere rispettose del decoro architettonico e della stabilità e sicurezza dell'edificio condominiale.
Apertura di porte finestre e chiusura di balconi: valutazione legittimità
Un Condominio, in persona del suo amministratore p.t., conveniva in giudizio un condomino, proprietario di un appartamento al piano terra, per sentirlo condannare al ripristino dello status quo ante o, in subordine, al pagamento delle somme necessarie per la messa in sicurezza dell'edificio condominiale, oltre al risarcimento del danno, avendo il predetto realizzato opere modificative della sagoma del fabbricato condominiale con alterazione del decoro architettonico e della stabilità e sicurezza dell'edificio.
In particolare, il condomino, in occasione di lavori di ristrutturazione del proprio appartamento, aveva realizzato l'apertura di due porte finestre sulla facciata condominiale del lato nord, creando un accesso diretto alla propria abitazione dal marciapiede condominiale al lato nord, la chiusura parziale del balcone lato est, la chiusura totale del balcone lato sud.
Il Condominio lamentava che tali lavori, non autorizzati dall'assemblea, avessero comportato il cambio di destinazione dei due terrazzi divenuti due stanze munite di tramezze interne e che ciò avesse compromesso la sicurezza e stabilità dell'edificio condominiale per i maggiori carichi.
Il Condominio lamentava, altresì, la violazione delle norme urbanistiche e chiedeva la disapplicazione del permesso di costruire concesso al convenuto.
Costituitosi in giudizio, il condomino rilevava che il permesso di costruire era stato rilasciato per l'ampliamento volumetrico del 20% dell'appartamento, previo rilascio dell'autorizzazione paesaggistica; che per le opere effettuate non era necessaria alcuna verifica strutturale; che i balconi erano posti al piano terra e poggiavano sul terreno; che la sagoma dell'edificio non era stata alterata in quanto la dimensione dei balconi (e pertanto la sagoma dell'edificio) non era stata modificata; che la chiusura dei balconi non incideva sulle parti comuni dell'edificio; che la facciata era già stata modificata da altri condomini (con la chiusura dei balconi con delle vetrate); che l'apertura di porte o finestre sul muro perimetrale configurava un uso della cosa comune da parte del singolo condomino senza lesione del diritto degli altri condomini di fare pari uso del bene; che, pertanto, la domanda risarcitoria del condominio era del tutto infondata.
Istruita la causa e disposta CTU, il Tribunale ha respinto la domanda del Condominio di riduzione in pristino e di risarcimento dei danni avendo accertato l'insussistenza di una lesione alla stabilità e sicurezza nonché al decoro architettonico dell'edificio condominiale.
Conclusioni sulla modifica delle facciate condominiali
L'art. 1122 c.c. recita: "Nell'unità immobiliare di sua proprietà ovvero nelle parti normalmente destinate all'uso comune, che siano state attribuite in proprietà esclusiva o destinate all'uso individuale, il condomino non può eseguire opere che rechino danno alle parti comuni ovvero determinino un pregiudizio alla stabilità, alla sicurezza o al decoro architettonico dell'edificio".
La chiusura in muratura, anche parziale, di un balcone o terrazzo non riguarda esclusivamente la proprietà individuale, ma anche le parti comuni, nella misura in cui altera il decoro del fabbricato condominiale e o la sua stabilità e sicurezza.
L'accertamento della lesione alla stabilità, sicurezza, o al decoro architettonico del fabbricato condominiale è rimesso al giudice di merito.
Nella specie, dalle risultanze della CTU è emerso,
quanto alla lesione alla stabilità e sicurezza del fabbricato condominiale:
- che l'intervento realizzato dal condomino non ha inciso sulla stabilità e sicurezza dell'edificio del suo complesso, ossia sulla struttura principale che sorregge il condominio con il conseguente rigetto della domanda di riduzione in pristino e di risarcimento del danno;
- che, tuttavia, i balconi, per come modificati, non rispettano più i requisiti di sicurezza minimi con il conseguente onere per il condomino, trattandosi di proprietà esclusiva, di porre in essere le opere necessarie al raggiungimento dei predetti requisiti;
quanto alla lesione del decoro architettonico dell'edificio condominiale:
- che l'intervento realizzato dal condomino è avvenuto sul filo dei balconi esistenti e, pertanto, entro la sagoma definita dal manufatto preesistente;
- che sono stati impiegati materiali coerenti con quelli utilizzati originariamente per la costruzione dell'edificio ed in accordo con lo stile delle costruzioni di montagna, nonché con le indicazioni contenute nel parere paesaggistico;
- che, l'opera si presenta perfettamente mimetizzata ed in armonia con le linee e le forme architettoniche del palazzo e, ad uno sguardo delle facciate, l'ampliamento è difficilmente individuabile.
Non avendo, pertanto, l'opera nessuna incidenza negativa né sul contesto paesaggistico né sull'aspetto architettonico dell'edificio, l'intervento nel caso preso in esame rispetta l'aspetto e il decoro architettonico dell'edificio e, dunque, costituisce legittimo uso della cosa comune ai sensi dell'art. 1102 c.c., con conseguente rigetto della domanda di ripristino e risarcimento del danno.
In tal senso, la Corte d'Appello di Cagliari ( sentenza n. 184 del 2023) ha ribadito che è possibile la chiusura parziale in muratura del balcone di proprietà esclusiva purché ciò non rechi danno alle parti comuni o un pregiudizio alla stabilità, sicurezza o al decoro architettonico del fabbricato.
La modifica, si legge nella sentenza "peraltro interessante il primo piano, non è immediatamente visibile per chi transita sulla via, in quanto coperto dal muro di confine e dalla sovrastante siepe di recinzione".
Va dunque esclusa qualsiasi incidenza negativa sia sul contesto paesaggistico che sull'aspetto architettonico dell'edifici".
L'opera rispettosa dell'aspetto del decoro architettonico dell'edificio costituisce, dunque, legittimo uso della cosa comune ai sensi dell'art. 1102 c.c. con conseguente infondatezza della domanda di riduzione in pristino proposta dal condominio.