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Mettere in sicurezza finestre, balconi e terrazze nel rispetto del decoro architettonico

Come si deve comportare il condomino quando scopre che le sue ringhiere o i suoi parapetti non sono a norma?
Avv. Adriana Nicoletti 

Il problema della sicurezza nei condominii, soprattutto per i proprietari che abitano nei piani più bassi, è diventata un'esigenza che di giorno in giorno diventa sempre più pressante proprio per il costante aumento dei furti negli appartamenti, che si intensificano nei periodi di festività o di vacanze

Ma non vi è solo questa necessità, poiché soprattutto negli edifici costruiti in tempi risalenti, l'entrata in vigore di nuove disposizioni, anche a livello locale, hanno contribuito ad alzare il livello degli standard minimi che devono essere rispettati per le recinzioni di balconi e terrazze.

In questo caso come si deve comportare il condomino quando scopre che le sue ringhiere o i suoi parapetti non sono a norma? A fronte del disinteresse dei condomini, che non intendono procedere nello stesso modo di chi si trovi in questa situazione, si può agire in autonomia, con il rischio che la modifica possa avere un impatto sul decoro architettonico? Oppure, ancora, può il condomino dotare porte e finestre di elementi che rendano la propria vita più sicura?

Cercheremo di dare risposte a domande che sono all'ordine del giorno.

Inferriate alle finestre: quali gli ostacoli

Il proprietario che voglia scongiurare il pericolo di intrusione nel proprio appartamento, da parte di terzi estranei, dalle finestre (anche se non necessariamente in corrispondenza di balconi o terrazzi) mette in atto un intervento che rientra nell'ambito dell'art. 1122 cod. civ., che riconosce il diritto di eseguire opere di interesse privato sulla proprietà esclusiva o destinata ad uso individuale a patto che siano garantite determinate condizioni: non recare danno alle cose comuni e non pregiudicare la stabilità, la sicurezza o il decoro architettonico dell'edificio.

In ogni caso di tale volontà deve essere data preventiva notizia all'amministratore che ne riferisce all'assemblea.

Una norma che ha subìto un deciso cambiamento rispetto alla precedente versione, che non prevedeva il passaggio per l'assemblea tramite la comunicazione all'amministratore.

Questa novità, infatti, fa presumere che il diritto del condomino sia sottoposto a delibera dell'assemblea che potrebbe concedere o negare l'assenso secondo una sua valutazione discrezionale. Diversamente non si comprende il valore della sua portata a meno che - e questo sembrerebbe essere escluso - il legislatore non abbia inteso solo sottoporre l'intervento ad una mera comunicazione che escluda qualsivoglia autorizzazione.

In ogni caso va osservato che nella fattispecie si sovrappongono due questioni: la sicurezza del condomino e la tutela di un bene comune quale l'aspetto estetico dell'edificio. Due problematiche che devono essere risolte alla luce di un contemperamento di interessi da proteggere, di cui il primo appare essere preminente rispetto al secondo e sulle quali si è pronunciata anche la giurisprudenza.

È stata affermata, infatti, la "legittimità della collocazione delle inferriate alle finestre di una unità immobiliare di tipo condominiale quando si inserisca nella facciata dell'edificio senza creare un mutamento delle linee architettoniche ed estetiche.

Questo sia nel caso in cui si dovesse provocare un pregiudizio economicamente valutabile o in quanto, pur arrecando tale pregiudizio, si accompagni ad una utilità che compensi l'alterazione architettonica.

In particolare, quindi, all'installazione delle inferriate fa riscontro l'interesse dei condomini a tutelare la sicurezza dei propri beni e delle persone" (App. Milano, sez. I, 14 aprile 1989. Nello stesso senso cfr. Trib. Rimini 25 maggio 1995).

Per quanto la decisione sia stata emessa sotto il vigore della previgente normativa il suo fondamento non è discutibile, tanto è vero che è rimasto invariato nel tempo.

Detto questo, quello che si chiede in primo luogo al condomino, che intenda utilizzare questo sistema di protezione personale, è di verificare il regolamento di condominio di natura contrattuale per accertare che non preveda qualche divieto sul punto.

E si sottolinea contrattuale, poiché un divieto di questo tipo, che limita l'uso della proprietà esclusiva (le inferriate, infatti, si collocano sempre nel vano finestra/porta finestra), non potrebbe essere introdotto da una decisione assembleare in sede di formazione del regolamento stesso.

Per il resto appare importante considerare, se non altro per un motivo di pacifica convivenza nel senso di prevenire eventuali contestazioni, che se nell'edificio altri condomini abbiano già installato grate di protezione, uniformi per disegno e stile, il condomino si adegui a quelle già esistenti al fine di non rompere l'equilibrio estetico della facciata.

No alle grate nei pianerottoli condominiali.

Ringhiere a protezione di superfici esterne all'immobile

Non c'è dubbio che la ringhiera che delimita balconi e terrazzi esclusivi è un elemento imprescindibile degli stessi e ha un duplice scopo: da un lato rappresentare l'elemento che consente al soggetto di affacciarsi all'esterno tramite l'appoggio ad essa e, dall'altro, quello di protezione e sicurezza.

Questa duplice funzione fa sì che tale struttura sia considerata di carattere esclusivo, a meno che il suo aspetto estetico non sia tale da determinarla come bene comune.

Tale differenza incide, evidentemente, sulla ripartizione degli oneri di spesa per la sua manutenzione, che nel primo caso saranno sostenuti integralmente dal condomino, mentre nella seconda ipotesi saranno posti a carico della comunità secondo i criteri indicati dall'art. 1123 c.c.

Vi è una questione che spesso interessa i proprietari di immobili che sono stati costruiti in tempi remoti, considerando che le normative edilizie locali in tema di sicurezza hanno subito successive variazioni.

Quanto a ciò ci si riferisce all'altezza delle recinzioni che devono rispettare determinati standards.

Quindi, la domanda è la seguente: cosa deve e può fare il condomino per mettere a norma la ringhiera del proprio spazio esterno?

La norma di riferimento è sempre il regolamento edilizio del proprio comune, che stabilisce le norme in altezza e larghezza degli spazi compresi tra gli elementi che compongono la ringhiera. A questo proposito va detto che la modifica è rimessa alla sola discrezionalità del condomino e che, per i motivi di cui sopra, non può essere oggetto di delibera assembleare.

Va, comunque, rilevato che l'art. 8 del D.M. n. 236/1989 fornisce alcune indicazioni in merito alla modalità di misurazione del parapetto, la cui distanza deve essere misurata in verticale dal lembo superiore dell'elemento che limita l'affaccio (ad esempio la copertina) al piano di calpestio.

Ciò posto, da un esame della normativa di alcuni comuni di grandi città è emerso che l'elemento caratterizzante è quello che fissa l'altezza di parapetti e ringhiere in misura non inferiore a mt. 1/1,10. In questo senso, ad esempio, il Regolamento Edilizio del Comune di Milano (art. 92, comma 3) prevede che l'intervento di adeguamento può essere richiesto anche dal solo proprietario o da chi ne abbia titolo, fatto salvo il rispetto del decoro architettonico, degli eventuali vincoli di tutela dell'immobile e del paesaggio, idonea progettazione edilizia e fatto salvo il rispetto della disciplina civilistica e condominiale.

Inoltre, ove trattasi di ringhiera e non parapetto in muratura, deve essere garantita l'inattraversabilità di una sfera di 10 cm. di diametro nonché, quanto ai materiali impiegati, le condizioni di sicurezza con riferimento ai possibili utilizzatori del manufatto.

Non sono previste, inoltre, sanzioni nel caso di non adeguamento a tale normativa, proprio per il fatto che l'intervento è sottoposto al potere decisionale del proprietario.

Discrezionalità, invece, che si tramuta in obbligatorietà allorché lo stabile sia sottoposto a ristrutturazione.

Queste prescrizioni, che rappresentano la risposta ad un quesito fornito al competente ufficio milanese, pongono in evidenza ancora una volta il punto critico della questione: l'intervento non deve pregiudicare il decoro architettonico dell'edificio.

Si viene così a determinare un evidente vulnus consistente nella coesistenza dell'imposizione della misura in altezza della ringhiera, della discrezionalità del proprietario di modificare in altezza la propria recinzione e dell'obbligo di rispettare, - come detto - il decoro dello stabile.

Se mettere a norma la propria ringhiera corrisponde ad una innegabile necessità di proteggersi da possibili cadute nel vuoto, ci sembra che tale esigenza debba superare il problema dell'estetica dell'edificio, dal momento che la garanzia della sicurezza dovrebbe trovare una preminenza tale da assorbire qualsiasi altra problematica.

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