Durante lo svolgimento di un contratto di appalto, avente ad oggetto l'esecuzione di opere edili, molto spesso vengono introdotte varianti al progetto originario. Si può trattare di modifiche che siano concordate tra le parti, così come la richiesta può essere ordinata (è questo, infatti, il termine utilizzato dal legislatore) dal committente.
In questo caso le variazioni nascono da un'iniziativa del committente, anche se per la loro realizzazione è fondamentale l'assenso dell'appaltatore.
Poi è prevista una terza categoria di modificazioni che riguardano interventi aggiuntivi e necessari, ovvero senza i quali l'opera non può essere eseguita a regola d'arte.
È proprio questo il caso di cui si è occupato il Tribunale di S. Maria C.V. che, con la sentenza n. 4181 del 6 novembre 2023, ha rigettato la domanda dell'impresa di pagamento di un maggior importo, rispetto a quanto concordato nell'originario contratto di appalto e commisurato alle varianti impreviste e necessarie per la prosecuzione dei lavori.
L'appaltatore viola una clausola contrattuale e la domanda di pagamento delle variazioni viene respinta. Fatto e decisione
Nel corso dei lavori di rifacimento di un terrazzo condominiale, che fungeva da lastrico solare, l'impresa appaltatrice asseriva di avere comunicato all'amministratore del committente condominio che, per proseguire l'intervento, avrebbe dovuto effettuare dei lavori aggiuntivi e non previsti nel contratto di appalto.
A tale fine, come contrattualmente previsto - sempre secondo l'appaltatrice - amministratore e direttore dei lavori avevano autorizzato la variante in corso d'opera, per la quale l'impresa, a sua volta, aveva stipulato un ulteriore contratto con altra società per la rimozione e lo smaltimento in discarica di rifiuti classificati come speciali.
Questo aveva determinato una maggiorazione delle spese di manodopera da porsi a carico del condominio e che, invece, l'assemblea non aveva inteso riconoscere al momento del pagamento.
A fronte del presunto inadempimento da parte del condominio l'appaltatore, per quanto di specifico interesse, chiedeva in giudizio la condanna del medesimo al pagamento della somma richiesta.
Il condominio si costituiva assumendo che il direttore dei lavori nulla avesse comunicato in merito alla variante e che tutte le attività ad essa connesse erano avvenute senza il controllo del medesimo condominio, talchè non potevano essere ad esso opponibili.
La responsabilità di quanto affermato dall'impresa non poteva che ricadere sullo stesso D.L. il quale, in quanto tecnico del committente, avrebbe dovuto presenziare alle operazioni (nella specie si trattava della rimozione e smaltimento di un quantitativo di guaina molto maggiore, per spessore, rispetto a quella indicata nel contratto di appalto) e sospendere i lavori in attesa dell'autorizzazione da parte dell'amministratore.
Il D.L. si costituiva in giudizio declinando ogni responsabilità posta a suo carico, affermando che altro tecnico era stato incaricato dal condominio per quantificare la maggiore entità della guaina da rimuovere.
Nel giudizio si costituiva anche l'amministratrice, alla quale era stata addebitata la mancata convocazione dell'assemblea finalizzata ad assumere una delibera avente ad oggetto il prosieguo dei lavori. Questa, contestando gli assunti avversari, dichiarava che erano stati infruttuosi tutti i tentativi di convocare assemblee sull'argomento e, quindi, chiedeva il rigetto della domanda attrice.
Dalle risultanze processuali, invece, era emerso che era stata l'impresa a non sospendere i lavori essendosi limitata a comunicare all'amministratrice di aver provveduto a rimuovere dal terrazzo/tetto la guaina in eccesso rispetto al contratto di appalto.
In tal modo la ricorrente aveva violato una precisa norma dell'accordo, secondo la quale qualunque variazione in corso d'opera doveva essere preceduta da un preventivo dettagliato di spesa, espressamente accettato per scritto dal committente e da questo sottoscritto.
Peraltro, ha testualmente rilevato il Tribunale che "nella specie le parti hanno previsto convenzionalmente ex art. 1352 c.c. un particolare rigore formale per tutte le modifiche o aggiunte dei lavori da cui potessero derivare ulteriori oneri economici a carico del condominio, tali modifiche non possono che essere autorizzate dall'assemblea del condominio in quanto unico organo legittimato ad esprimere la volontà della collettività condominiale".
Mancando questa espressa autorizzazione la pretesa creditoria vantata da parte attrice non veniva riconosciuta dal Tribunale. Il giudice, inoltre, riteneva insussistente una responsabilità in capo al direttore dei lavori e/o dell'amministratrice del condominio, poiché l'atto di riconoscimento dei lavori aggiuntivi effettuati dall'impresa non poteva sortire alcun effetto ai fini dell'accoglimento della domanda attrice, proprio in considerazione che tale dichiarazione corrispondeva solo ad una presa d'atto di quanto eseguito senza nulla togliere alle prerogative dell'assemblea.
Riflessioni sulle variazioni contrattuali nell'appalto
In tema di variazioni concernenti l'esecuzione di un'opera oggetto di appalto le norme da prendere in considerazione sono gli artt. 1659 ("variazioni concordate del progetto"); 1660 ("variazioni necessarie del progetto"); 1661 ("variazioni ordinate dal committente") e 1662 c.c. ("verifica nel corso dell'esecuzione dell'opera").
Nello specifico, premesso che la variante era stata indicata dall'impresa come indispensabile per la prosecuzione dei lavori in essere, ai fini della decisione di rigetto della domanda è stata determinante una clausola del contratto di appalto il cui contenuto, inequivocabilmente, indicava le condizioni da seguire per apportare in corso d'opera "variazioni ed aggiunte" ovvero: preventivo dettagliato di spesa; indicazione della variazione dei tempi per le lavorazioni; atto di accettazione scritta del committente con conseguente sua sottoscrizione.
Nulla questio se il contratto di appalto impegna l'impresa ed una persona fisica ma, come abbiamo visto, le cose cambiano quando i lavori da eseguire sono di natura condominiale, visto che le decisioni in ordine ad interventi straordinari sono rimesse solo ed esclusivamente all'assemblea.
Nel caso concreto tra le norme citate ha assunto rilevanza la concorrenza di più disposizioni: da un lato l'art. 1659 c.c., che vieta all'appaltatore di apportare variazioni alle modalità convenute dell'opera se il committente non le ha autorizzate per iscritto; dall'altro, l'art. 1660, co. 1, c.c., il quale prevede che se per l'esecuzione a regola d'arte del contratto è necessario apportare variazioni al progetto occorre l'accordo delle parti e se questo non viene raggiunto la decisione passerà al giudice, il quale è delegato anche a stabilire la variazione del prezzo, nonché da ultimo, la clausola contrattuale qui richiamata.
Non meno rilevante l'art. 1662 c.c. che prevede il diritto del committente di controllare lo stato dei lavori.
Evidente, in seguito alla ricostruzione della tempistica dei fatti, l'accertamento da parte del Tribunale della violazione, da parte dell'impresa del complesso delle norme in tema di appalto e di quelle contrattuali. Infatti, l'attrice senza attenzionare il committente aveva prima proceduto alle variazioni e solo successivamente ad esse aveva comunicato quanto effettuato. Inevitabile, quindi, il rigetto della domanda.