In dottrina e giurisprudenza si è ampiamente dibattuto sulla natura delle obbligazioni condominiali, se esse soggiacciono al principio della solidarietà o della parziarietà.
Secondo l'orientamento maggioritario le obbligazioni assunte dal condominio verso i terzi sono solidali con la conseguenza che il creditore potrà agire per il soddisfacimento dell'intero credito nei confronti di ciascun condomino, il quale, a sua volta, potrà agire in regresso nei confronti dei condomini morosi.
In sostanza, il creditore potrà agire nei confronti di uno qualsiasi dei condomini, a sua scelta, per il soddisfacimento dell'intero credito.
Secondo la tesi minoritaria le obbligazioni condominiali hanno natura parziaria: il creditore potrà agire solo nei confronti del condomino moroso per la quota di competenza dello stesso.
Al fine di dirimere il contrasto giurisprudenziale insorto, nel 2008 sono intervenute le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, che con la sentenza n. 9148 dell'8 aprile 2008 hanno statuito che "nelle obbligazioni dei condomini la parziarietà si riconduce all'art. 1123 cod. civ"; "ai singoli si imputano, in proporzione alle rispettive quote, le obbligazioni assunte nel cosiddetto "interesse del condominio", in relazione alle spese per la conservazione e per il godimento delle cose comuni dell'edificio, per la prestazione dei servizi nell'interesse comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza".
In sostanza, per le Sezioni Unite, l'adesione al principio della parziarietà, in ragione della natura divisibile dell'obbligazione ascritta all'intero condominio, non costringe i condomini adempienti ad anticipare somme in seguito ad una scelta operata unicamente dal creditore.
La suddetta decisione della Corte non è stata esente da critiche di parte della dottrina e della giurisprudenza di merito. In tal senso, si ricorda la sentenza della Corte d'Appello di Roma n. 2728/2010 secondo cui l'obbligazione solidale non si identifica con l'obbligazione indivisibile posto che l'indivisibilità, contrariamente a quanto sostenuto dalle SS.UU., non è requisito dell'obbligazione solidale.
A porre fine all'annoso dibattito è intervenuto l'art. 63 disp. att. c.c. per come modificato dalla Legge di Riforma del Condominio n. 220/2012 stabilendo che i creditori non possono agire nei confronti degli obbligati in regola con i pagamenti se non dopo la preventiva escussione del patrimonio dei condomini morosi.
La norma pare confermare la natura solidale delle obbligazioni condominiali seppur mitigata dalla sussidiarietà: il creditore può agire verso ogni condomino, anche diverso dal condomino moroso, (vincolo di solidarietà) ma soltanto dopo aver agito, inutilmente, contro i singoli condomini morosi (vincolo di sussidiarietà).
Ci si interroga, allora, sulle modalità con cui il creditore può recuperare il suo credito, se debba agire nei confronti del Condominio oppure nei confronti dei singoli condòmini morosi.
La Corte di Cassazione ha osservato che, se anche l'obbligazione è parziaria, il creditore: può indifferentemente citare in giudizio il condominio o i singoli condomini morosi ottenendo, all'esito del giudizio, un titolo giudiziale che potrà mettere in esecuzione nei confronti dei singoli condomini per la quota di rispettiva competenza, in ragione del principio di parziarietà interna del debito condominiale (Cass. ord. 9 giugno 2017, n. 14530; Cass. ord. 29 ottobre 2018, n. 27363).
Ne consegue che l'appaltatore-creditore ha pieno titolo a richiedere il pagamento della somma al Condominio anche se l'obbligazione condominiale ha natura parziaria.
Cosa accade, invece, in presenza di una clausola contrattuale di esclusione del vincolo di solidarietà ossia in presenza di una clausola, inserita nel contratto d'appalto, che prevede il recupero dei crediti solo dai condomini morosi? Fatto e decisione
Il tema è stato affrontato dalla Corte d'Appello di Salerno, con la recente sentenza n. 799 del 14 giugno 2023, la quale, nell'accogliere l'appello proposto dal Condominio ha revocato il decreto ingiuntivo emesso nei confronti dello stesso, confermando la validità della clausola di rinuncia al vincolo di solidarietà, inserita in un contratto d'appalto per lavori condominiali.
La Corte di Salerno, in sostanza, non ha condiviso la tesi del Giudice di primo grado, secondo cui la clausola di rinuncia al vincolo di solidarietà varrebbe solo nella fase esecutiva, sostenendo, al contrario, che la sua validità si esplica già nella fase ex ante relativa all'azione esperita in sede monitoria.
La sentenza è interessante, poi, sotto l'ulteriore profilo - sollevato da una delle condòmine morose, chiamata in causa dalla ditta appaltatrice in sede di opposizione a decreto ingiuntivo proposta dal Condominio - della validità del contratto d'appalto nonostante la mancata ratifica da parte dell'assemblea.
Vediamo, dunque, i chiarimenti offerti dalla Corte territoriale di Salerno sul tema in esame.
La ratifica per facta concludentia del contratto d'appalto concluso dall'amministratore senza preventiva delibera assembleare e la clausola di esclusione del vincolo di solidarietà passiva nei confronti del Condominio. Fatto e decisione
Una ditta appaltatrice otteneva un decreto ingiuntivo in riferimento al corrispettivo dovuto per alcuni lavori edili eseguiti in un edificio condominiale in forza di contratto d'appalto.
Avverso l'ingiunzione proponeva opposizione il Condominio chiedendo che venisse dichiarata la propria carenza di legittimazione passiva, in quanto le pretese della società opposta andavano rivolte direttamente ai singoli proprietari morosi, indicati nella persona di due condomine nonché contestando il merito della domanda ed adducendo l'inesigibilità del credito.
L'impresa appaltatrice si costituiva in giudizio chiedendo di chiamare in causa le condomine morose.
Autorizzata la chiamata dei terzi, si costituiva solo una delle due condomine, la quale chiedeva di essere estromessa dal giudizio per mancanza assoluta di legittimazione passiva; nel merito, deduceva che nessun valido contratto era stato concluso tra la società appaltatrice ed il Condominio poiché non vi era alcuna valida delibera che avesse approvato ed autorizzato l'amministratrice di condominio a sottoscrivere il predetto contratto di appalto.
Sicché, il contratto doveva considerarsi concluso da rappresentante privo di poteri e mai ratificato dall'assemblea.
Chiedeva di chiamare in causa la predetta, ex amministratrice del condominio, per tenerla indenne e manlevarla in caso di condanna del condominio.
Autorizzata la chiamata dal Giudice, con comparsa di costituzione e risposta si costituiva ritualmente in giudizio l'ex amministratrice deducendo l'infondatezza della domanda di manleva e poiché il contratto di appalto doveva ritenersi ratificato dal condominio per facta concludentia.
Il Tribunale di Salerno rigettava l'opposizione e per l'effetto confermava il decreto ingiuntivo. Rigettava, altresì, la domanda di manleva proposta dalla condòmina nei confronti dell'ex amministratrice di condominio.
Avverso tale pronuncia, proponeva appello il Condominio chiedendo alla Corte di Salerno di dichiarare l'illegittimità del decreto ingiuntivo anche per carenza di legittimazione passiva del Condominio.
Sicché il Condominio citava in giudizio la ditta appaltatrice la quale nel costituirsi in giudizio chiedeva l'integrazione del contraddittorio nei confronti di tutte le parti del giudizio di primo grado. Si costituivano così la condomina morosa (già parte nel giudizio di primo grado) deducendo di aver a sua volta proposto appello contro la sentenza di prime cure, per cui ne chiedeva la riunione, nonché l'ex amministratrice id condominio chiedendo anch'ella la riunione dei procedimenti nonché il rigetto della domanda di manleva formulata nei suo confronti dalla condomina in sede di appello proposto dalla stessa.
Le parti del giudizio di primo grado si costituivano, dunque, anche nell'appello proposto dalla condomina reiterando sostanzialmente ciascuna le proprie richieste.
La Corte d'Appello di Salerno disponeva la riunione die procedimenti.
Nel merito, accoglieva l'appello principale proposto dal Condominio e, per l'effetto, revocava il decreto ingiuntivo, mentre rigettava l'appello incidentale proposto dalla condomina morosa.
Nell'analizzare le domande avanzate dalle parti, la Corte per ragioni di ordine logico, ha proceduto prima con l'esame della questione sollevata dalla condomina con appello incidentale fondato sulla mancanza di una delibera autorizzativa dei lavori appaltati nonché di una delibera di ratifica degli stessi da parte dell'assemblea.
Superata tale questione, la Corte si è soffermata sul motivo di appello avanzato dal Condominio relativo all'erroneità della sentenza impugnata per non aver considerato valida ed efficace la clausola di esclusione del vincolo di solidarietà passiva nei confronti del Condominio.
Preliminarmente, dunque, la Corte ha ritenuto perfettamente valido il contratto d'appalto in quanto ratificato dal Condominio per facta concludentia.
Successivamente, la Corte ha riconosciuto la piena validità della clausola contenuta nel contratto d'appalto di esclusione del vincolo di solidarietà nei confronti del Condominio con la conseguenza che l'appaltatore-creditore avrebbe dovuto richiedere l'ingiunzione di pagamento nei confronti dei singoli condòmini morosi indicati dall'amministratore per la quota di loro spettanza non corrisposta.
Conseguentemente, la Corte ha accolto l'appello proposto dal Condominio e revocato il decreto ingiuntivo emesso nei confronti dello stesso.
Validità del contratto d'appalto senza delibera assembleare
Pur in mancanza di una delibera assembleare autorizzativa dei lavori, il contratto d'appalto deve ritenersi valido allorquando sia stato ratificato per facta concludentia.
Il contratto di appalto privato, infatti, non necessita di forma scritta, con la conseguenza che anche la ratifica dello stesso non richiede la forma scritta, in virtù di quanto previsto dall'art. 1399 c.c. secondo cui "Il contratto può essere ratificato con l'osservanza delle forma prescritte per la conclusione dello stesso".
Sul tema la giurisprudenza di legittimità ha osservato che: "La ratifica relativa al contratto concluso dal falso rappresentante per il quale non sia richiesta la forma scritta ad substantiam o ad probationem può essere anche tacita e consistere, perciò, in qualsiasi atto o comportamento da cui risulti in maniera chiara ed univoca la volontà del dominus di far proprio il negozio concluso in suo nome e conto da falsus procurator" (Cass. Civ. n. 408/2006; cfr. Cass. Civ. n. 35278/2022).
Nel caso in esame, il Condominio aveva ratificato l'operato dell'impresa edile consentendone il cantiere e procedendo a pagamenti parziali dell'opera realizzata, ratificando così, con tali atti e comportamenti, la prestazione dedotta nel contratto stipulato dall'amministratore (falsus procurator).
Quanto alla clausola di esclusione del vincolo di solidarietà passiva nei confronti del Condominio, la Corte ha ribadito la sua validità in virtù del principio di parziarietà del debito condominiale secondo cui i singoli condomini rispondono delle obbligazioni ciascuno nei limiti della quota loro dovuta.
Con la clausola in parola, l'impresa aveva dichiarato di rinunciare al riconoscimento del vincolo di solidarietà passiva in favore di una obbligazione parziaria tra i condomini sulle obbligazioni derivanti dal contratto di appalto, escludendo conseguentemente la formazione del titolo sostanziale nei confronti del condominio, a condizione che quest'ultimo comunicasse i nomi dei morosi e della quota loro spettante.
Tale condizione era stata adempiuta dal condominio, con la comunicazione alla stessa ditta appaltatrice dei dati anagrafici dei condomini morosi e delle somme dovute da ciascuno.
Sicché, in conformità con precedenti giurisprudenziali, (si veda, la recente sentenza n. 6280/2022 del Tribunale di Napoli) la Corte d'Appello di Salerno ha revocato il decreto ingiuntivo in quanto l'azione di pagamento si sarebbe dovuta esperire nei confronti dei singoli condomini morosi per come indicati dall'amministratore.