Ritorniamo nuovamente ad esaminare una pronuncia in tema di appalto di opere in ambito condominiale, andando a vedere come le insidie tecniche non siano solamente quelle recate dai luoghi ove si eseguono i lavori, ma anche dalla normativa che regola i contratti in generale e l'appalto in particolare.
La clausola penale e il risarcimento del danno. La pronuncia
La pronuncia che esaminiamo riguarda un caso di opposizione, da parte del Condominio, al Decreto ingiuntivo ottenuto da una ditta, che chiameremo Alfa Srl, nei suoi confronti.
La Alfa Srl, in particolare, chiedeva il pagamento della somma di 60.000,00 Euro, oltre IVA, imputabile sia al saldo del prezzo contrattuale per l'appalto, sia alle opere extra - contrattuali che la ditta affermava aver eseguito.
Il Condominio si opponeva al Decreto ingiuntivo ottenuto, affermando che le opere extra - contrattuali non fossero mai state autorizzate e che il saldo del prezzo non era esigibile, eccependo in compensazione l'importo dovuto dalla Alfa Srl in parte a titolo di penale contrattuale, in parte per la mancata esecuzione dei lavori a regola d'arte.
Il Tribunale di Torino riteneva dovute parte delle somme imputabili al saldo del prezzo dell'appalto e parte di quelle indicate per le opere extra - contrattuali, per un totale di circa 30.000,00 Euro, mentre riteneva che il Condominio avesse diritto a vedersi risarcito il danno per una lavorazione male eseguita ed ad esercitare le penale per il ritardo nella consegna dei lavori, per un totale di circa 12.000,00 Euro, così che, revocato il DI, il Condominio veniva condannato a pagare alla Alfa Srl la somma rimanente, effettuata la compensazione, di Euro 18.000,00 circa, detratta la somma medio tempore versata dal Condominio nelle more del giudizio. Le spese di lite venivano compensate e le spese di CTU poste al 50% tra le parti.
La Alfa Srl propone appello.
La Corte d'Appello decide, in riforma di alcuni punti della sentenza di I°, affrontando alcune tematiche interessanti per la vita quotidiana condominiale: vediamole una per una.
La clausola penale e il risarcimento del danno
La penale o clausola penale è prevista dal nostro Codice civile agli artt. 1382 e ss come predeterminazione contrattuale del danno da inadempimento o da ritardo nell'adempimento; sono cioè le parti che, per evitare sterili contenziosi e per avere prospettive temporali certe, decidono, ora per allora, che l'inadempimento o il ritardo nell'adempiere dell'una verso l'altra sarà già quantificato, solitamente in una somma di denaro fissa per ogni giorno (o diversa frazione di tempo) di ritardo oppure in una somma determinata per l'inadempimento.
L'effetto della penale è pertanto quello di limitare il risarcimento del danno alla quantificazione prestabilita contrattualmente - salvo però il patto diverso contenuto nel contratto, ove le parti abbiano appunto fatto «salvo il danno ulteriore».
L'ulteriore vantaggio della penale è la sua automaticità, in quanto il contraente che ha subìto il ritardo o l'inadempimento non sarà tenuto a dare prova degli stessi, come avverrebbe nel caso di assenza della penale.
Inoltre, nei casi previsti dall'art. 1384 c.c., la penale può essere ridotta dal Giudice, anche d'ufficio.
Premesso quanto sopra, vediamo cosa accade nel caso di specie tra il Condominio committente e l'appaltatrice Alfa Srl.
La Alfa Srl eccepì la decadenza dal beneficio della clausola penale rilevando che il contratto prevedeva che il Condominio non avrebbe potuto usufruirne qualora il collaudo fosse avvenuto oltre 20 giorni dalla dichiarazione di fine lavori.
La Alfa Srl eccepì inoltre che la clausola penale stipulata con il Condominio facesse riferimento al ritardo nella consegna delle opere, non al ritardo nel collaudo, che è peraltro attività spettante al committente.
Le opere erano state consegnate in linea con la data di fine lavori preventivata in contratto, affermò Alfa Srl, ma il Giudice di I° la ritenne inadempiente, rilevando la mancata esecuzione di 4 interventi, sollecitati dal Direttore dei Lavori all'interno del certificato di fine lavori; tuttavia, essendo tali opere oggetto delle domande riconvenzionali svolte dal Condominio in I°, il Tribunale, dapprima rigettando dette domande e successivamente affermando la non spettanza del prezzo delle stesse alla Alfa Srl, aveva sostanzialmente emesso una decisione contraddittoria - per cui il Condominio, pur vedendo rigettata la propria riconvenzionale, l'aveva al contempo vista accolta per effetto del diniego del prezzo delle opere alla Alfa Srl.
La Corte d'Appello di Torino ritiene di dover riformulare sul punto la sentenza di I°, in quanto, dall'esame della documentazione versata in atti, rileva che la Alfa Srl, alla data prevista di ultimazione lavori, aveva eseguito tutte le lavorazioni contrattualmente previste, tranne alcune che erano oggetto di un dibattito scritto tra committenza ed appaltatrice, sostenendo l'una la necessità di eseguirle e l'altra la loro corretta esecuzione.
Due settimane più tardi rispetto alla fine dei lavori, il Direttore dei lavori emetteva il certificato di fine lavori, qui dichiarando che tutte le lavorazioni contrattuali erano state eseguite, residuando unicamente alcune opere di piccola entità e non adatte ad inficiare uso e funzionalità di quelle realizzate.
Si trattava delle 4 lavorazioni indicate dal Giudice di I° come non eseguite.
La Corte d'Appello afferma quindi che le opere che la Alfa Srl doveva ancora eseguire o terminare, alla data prevista di fine lavori, erano in parte opere ricomprese nell'appalto e che le stesse furono poi, nonostante le lamentele dell'appaltatrice (sfornite di prova, secondo la Corte), terminate, come testimoniato dal certificato di fine lavori.
Siccome, ai fini del riconoscimento del diritto del Condominio all'indennizzo per il ritardo nel collaudo, si deve prendere, come data di fine lavori, non la prima, bensì quella del certificato di fine lavori, il collaudo, rispetto a tale data, non fu eseguito oltre il termine di 20 giorni, così da conservare pienamente la tutela del Condominio e l'esercizio della penale.
Tuttavia, osserva la Corte d'Appello, valutando uno per uno gli interventi asseritamente non eseguiti da Alfa Srl e per i quali il Condominio invocava la clausola penale, risulterebbe che gli stessi non fossero dovuti dall'appaltatrice, motivo per cui, risultando dal certificato di fine lavori che la stessa abbia concluso le opere con soli 4 giorni di ritardo rispetto alla data stimata in contratto, la penale va (ri)calcolata in riferimento a detti giorni di ritardo, quindi in circa 1.000,00 Euro, somma molto inferiore ai circa 18.000,00 Euro accertati dal Giudice di I°.
Prova dell'esecuzione dell'opera non a regola d'arte
Come abbiamo visto, il Giudice di I° ritenne integrato il diritto al risarcimento del danno a favore del Condominio per alcune opere eseguite non a regola d'arte dalla Alfa Srl.
Ebbene, anche su questo punto, la Corte d'Appello, riesaminando i fatti ed i documenti di causa, nonché la CTU svolta in I°, rileva che non è stata data prova che la lavorazione eseguita dalla Alfa Srl sia stata realizzata in difformità rispetto allo status quo ante e che, per ciò solo, si sia determinato un danno.
La ditta eseguì detta lavorazione in base al progetto del Direttore dei Lavori, così venendo esonerata da ogni responsabilità, afferma la Corte.
Inoltre, osserva la Corte, ha errato il Giudice di I° recependo in modo sbagliato quanto riportato dalla CTU: infatti, mentre la CTU aveva espressamente dichiarato di non essere in grado di verificare se la lavorazione eseguita dalla Alfa Srl fosse 'difforme' rispetto a quanto era prima presente in loco, il Giudice di I° riceve questa affermazione ponendo l'accento unicamente sul fatto che, comunque, il CTU rileva che la lavorazione eseguita aveva effettivamente creato un danno e dichiarando quindi la Alfa Srl responsabile dello stesso.
In poche parole, se lo stato dell'edificio non è cambiato - perché Alfa Srl non ha eseguito una lavorazione in difformità rispetto allo status quo ante - allora il vizio dipende da come è stato costruito l'edificio, non dall'opera di Alfa Srl, che si è limitata a replicare quanto già esistente.
Se invece si sostiene che Alfa Srl abbia mutato lo stato dei luoghi, edificando qualcosa di difforme rispetto al precedente e che questo abbia creato un danno, difetta la prova di quale fosse lo stato pre - esistente dell'edificio: su questo punto, la Corte d'Appello non ritiene dirimenti e probanti né il verbale di sopralluogo del Direttore dei Lavori, il quale si limitava a dare una ricognizione del vizio presente, ma nulla poteva provare circa la situazione pre - esistente all'intervento di Alfa Srl, né le immagini fotografiche tratte da Google Earth, in quanto non era possibile determinare quando le immagini erano state raccolte e pertanto le stesse non potevano fornire prova dello stato precedente dell'edificio.
Pertanto, la Corte d'Appello riforma la sentenza di I°, ritenendo che nulla sia dovuto dalla Alfa Srl al Condominio per tale voce di danno.
Contratto di appalto 'a corpo' e clausola 'chiavi in mano'
Tra le opere extra - contratto che la Alfa Srl aveva richiesto con il Decreto ingiuntivo vi era il corrispettivo del trasporto e smaltimento della lana di roccia rimossa dalla copertura.
La Alfa Srl aveva operato tale rimozione e smaltimento solamente in seguito alla richiesta del Direttore dei Lavori ed avendo inviato a costui ed al Condominio il proprio preventivo.
Secondo la CTU, «negli edifici di civile abitazione risalenti all'epoca di costruzione del fabbricato oggetto di causa e che presentavano copertura in eternit non sempre si rinviene l'isolante al di sotto delle lastre [cioè, la lana di roccia in questione, Nd.A.].
Pertanto, non si può affermare che fosse prevedibile la presenza della lana di roccia al di sotto della copertura tant'è che il Direttore Lavori, nella redazione del computo metrico per la richiesta delle offerte non lo aveva considerato ed il materiale isolante, che era di spessore limitato all'altezza dei listelli di sostegno delle lastre, non era visibile dall'esterno».
La Corte d'Appello afferma quindi che, siccome la presenza della lana di roccia e la sua consequenziale rimozione non erano circostanze prevedibili dalla Alfa Srl, «nonostante i lunghi anni di esperienza nel settore e l'esecuzione di tutti i sopralluoghi necessari presso la località dei lavori», non potesse ascriversi alla medesima l'onere di rimozione del materiale isolante, non essendo la stessa ricompresa nella voce del contratto di appalto relativa alla bonifica della copertura in amianto ed andando quindi calcolata come lavorazione ulteriore ed aggiuntiva rispetto al patto contrattuale.
Tuttavia, osserva la Corte d'Appello, il contratto intervenuto tra Alfa Srl ed il Condominio deve essere qualificato - come fatto peraltro dalle stesse parti - come contratto 'a corpo', con formula 'chiavi in mano', cioè il prezzo dell'appalto doveva intendersi come onnicomprensivo ed invariabile.
Inoltre, nel contratto, si leggeva una clausola per cui «eventuali maggiori opere appaltate durante i lavori saranno liquidate in unica soluzione con l'ultimo pagamento. Si considerano maggiori opere quelle diverse da quanto descritto in capitolato ed espressamente autorizzate per iscritto dalla committenza e dal direttore dei lavori».
Ma la Alfa Srl non aveva ottenuto l'autorizzazione del Condominio, come committente; la stessa si era infatti mossa su impulso del solo Direttore dei Lavori. Difetta pertanto il requisito, che sia la legge che il contratto esigono, dell'autorizzazione alle opere "maggiori" da parte del Committente Condominio.
Osserviamo sommessamente che, pur non potendo ottenere questo compenso quale remunerazione di opere extra - contrattuali, perché non autorizzate, la Alfa Srl avrebbe forse potuto ottenerlo a titolo di arricchimento indebito, in quanto il Condominio ha comunque beneficiato dell'opera di rimozione e di smaltimento del materiale eseguita dalla Alfa Srl.