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Pagamenti oneri condominiali: i patti tra venditore e acquirente sono irrilevanti per il condominio

Una eventuale clausola di garanzia inserita nel rogito notarile ed a favore dell'acquirente vale solo come accordo interno tra i due contraenti, al quale il condominio è estraneo.
Avv. Adriana Nicoletti 

Il rapporto tra venditore e acquirente spesso, dopo la formalizzazione della vendita immobiliare, incontra ostacoli soprattutto per quanto concerne i vizi che rendono il bene non idoneo all'uso a cui è destinato o ne diminuiscono, in modo apprezzabile, il valore.

Per questo motivo il legislatore ha disposto che, ad eccezione del caso in cui il compratore al momento della vendita sia a conoscenza dei vizi che inficiano la cosa, ovvero qualora questi siano facilmente riconoscibili, una delle obbligazioni principali del venditore consiste proprio nel fornire una duplice garanzia: la prima, in ordine alla titolarità del bene sul quale i terzi non possano vantare diritti di sorta e la seconda, come detto, in merito ai vizi del bene.

Nel caso deciso dalla Corte di cassazione, tuttavia, l'oggetto della garanzia ha interessato un campo del tutto differente, in quanto attinente alla condizione della venditrice nei confronti del condominio la quale, dichiarando di essere in regola con i pagamenti degli oneri condominiale, aveva fornito all'acquirente una liberatoria per eventuali richieste provenienti dall'ente condominiale dopo la vendita e per debiti ad essa pregressi.

L'acquirente di un immobile è costretto a pagare debiti anteriori alla vendita, ma pur garantita dalla venditrice gli è negato il rimborso. Fatto e decisione

La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 29740 del 26 ottobre 2023, ha accolto un solo motivo del ricorso, promosso dalla venditrice di un immobile sito in condominio, avverso la sentenza con la quale il Tribunale, ribaltando la decisione di primo grado, aveva affermato che l'originale convenuta, in forza della clausola di garanzia contenuta nel rogito, era obbligata a tenere indenne l'acquirente dal pagamento delle quote condominiali insolute e maturate in data anteriore alla vendita.

Sintetizzando la questione va detto che nell'atto di citazione, introduttivo del giudizio di prime cure, l'acquirente/attrice aveva dedotto che la venditrice aveva garantito la regolarità della sua posizione rispetto al pagamento degli oneri condominiali, con la conseguente manleva per ogni eventuale responsabilità attribuita alla prima.

Poi, dopo la compravendita, il condominio aveva preteso dall'acquirente, in quanto condomina, il pagamento non solo delle quote condominiali non versate, ma anche di altre somme di cui il precedente amministratore si era appropriato.

Ammanchi di cassa non riconosciuti dal giudice di appello come parte della clausola di garanzia e che, tuttavia, erano stati versati dall'acquirente al condominio non avendo ella trovato, tra i documenti del condominio, traccia dei relativi pagamenti effettuati da parte della sua dante causa.

Avverso tale sentenza la parte soccombente ricorreva in Cassazione, deducendo l'erroneità della sentenza nel punto in cui aveva dichiarato che le quietanze di pagamento rilasciate alla stessa dall'amministratore in carica non fossero sufficienti a provare il pagamento delle quote ammesse al rimborso, trattandosi di versamento non in contanti e, quindi, non riscontrabile da un punto di vista contabile.

Prova della transazione: sono sufficienti le quietanze di pagamento

Tuttavia, come rilevato dalla Corte di cassazione, l'amministratore in carica non era stato in grado di dimostrare quali fossero state le verifiche contabili effettuate per provare sia la morosità nel pagamento delle quote condominiali, sia gli ammanchi di cassa provocati dall'ex amministratore, con la conseguenza che era stato impossibile individuare l'iter logico seguito dal Tribunale per riconoscere all'acquirente il rimborso di quanto richiesto.

Correttamente, quindi, la sentenza veniva cassata e rinviata al Tribunale, in persona di altro giudice monocratico, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

Considerazioni conclusive

L'ordinanza offre lo spunto per una riflessione sulla finalità della c.d. "clausola di garanzia", inserita in un atto di compravendita e formulata a tutela del compratore.

Quanto alla prima va ribadito che, nel caso specifico, l'oggetto della manleva era costituito da una dichiarazione con la quale la venditrice aveva dato assicurazione all'acquirente che il condominio non avrebbe avuto nulla a che pretendere dalla stessa, poiché tutte le obbligazioni nei confronti del medesimo erano state adempiute prima della stipula del contratto.

Si entra, così, nel campo della solidarietà passiva tra venditore ed acquirente nei confronti del condominio che è stata espressamente disciplinata dal nuovo testo dell'art. 63 disp. att. c.c. il quale prevede, da un lato, che "chi subentra nei diritti di un condomino è obbligato solidalmente con questo al pagamento dei contributi all'anno in corso e a quello precedente" e, dall'altro, che "chi cede diritti su unità immobiliari resta obbligato solidalmente con l'avente causa per i contributi maturati fino al momento in cui è trasmessa all'amministratore copia autentica del titolo che determina il trasferimento del diritto".

Disposizioni, inserite nell'ambito della norma che disciplina il recupero forzoso dei crediti del condominio tramite il ricorso all'ingiunzione di pagamento e che consente l'ottenimento di un decreto immediatamente esecutivo, nonostante opposizione, che si applicano anche nel caso in cui sia stato instaurato un procedimento a cognizione ordinaria.

È pacifico, pertanto, che una clausola c.d. di garanzia e di tale tenore anche se prevista in un atto notarile non può che avere valore all'interno del rapporto tra i contraenti, essendo la stessa estranea all'ente condominiale.

Tanto è vero che, come avvenuto nel caso specifico, il condominio aveva preteso dall'attuale condomina il pagamento delle quote per oneri comuni inevasi, ma non dal dante causa della stessa che, dopo la vendita, era diventato un corpo estraneo al condominio stesso.

Quindi, correttamente, l'acquirente aveva pagato quanto richiestole, per poi agire verso la venditrice e far valere la clausola di garanzia. Anche se, alla fine, la Corte di cassazione ha dato ragione alla ricorrente.

Se si volesse fare un accostamento, forse azzardato, si potrebbe pensare al rapporto locatore/inquilino/condominio, nel quale il locatario deve versare gli oneri accessori (che in sostanza corrispondono alle spese condominiali ordinarie, pro quota) al proprietario, unico soggetto obbligato verso la comunità condominiale, con la conseguenza che in caso di morosità il decreto ingiuntivo non potrà che subirlo quest'ultimo.

Per concludere e tornando al rapporto venditore/acquirente/condominio giova evidenziare, il principio inoppugnabile affermato dalla Corte Suprema (sez. II, 28 aprile 2021, n. 11199), secondo il quale "in tema di riparto delle spese condominiali per l'esecuzione di lavori consistenti in innovazioni, straordinaria manutenzione o ristrutturazione sulle parti comuni, laddove, successivamente alla delibera assembleare che abbia disposto l'esecuzione di tali interventi, sia venduta un'unità immobiliare sita nel condominio, i costi di detti lavori gravano, secondo un criterio rilevante anche nei rapporti interni tra compratore e venditore, su chi era proprietario dell'immobile compravenduto al momento dell'approvazione di detta delibera, la quale ha valore costitutivo della relativa obbligazione, anche se poi le opere siano state, in tutto o in parte, realizzate in epoca successiva all'atto traslativo, con conseguente diritto dell'acquirente a rivalersi nei confronti del proprio dante causa, per quanto pagato al condominio in forza del principio di solidarietà passiva ex art. 63 disp. att. c.c., salvo che sia diversamente convenuto tra venditore e compratore, pur rimanendo comunque inopponibili al condominio i patti eventualmente intercorsi tra costoro".

Sentenza
Scarica Cass. 8 settembre 2023 n. 29740
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