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Prova della transazione: sono sufficienti le quietanze di pagamento

Come si può provare l'avvenuta stipulazione del contratto di transazione? Quali sono le prove utili e necessarie?
Avv. Anna Nicola - Foro di Torino 

Il contratto di transazione

Com'è noto, la transazione è il contratto con cui le parti, facendosi reciproche concessioni, pongono fine ad una lite già cominciata o prevengono una lite che può sorgere tra loro.

Con le reciproche concessioni si possono creare, modificare o estinguere anche rapporti diversi da quello che ha formato oggetto della pretesa e della contestazione delle parti.

La sua disciplina è contemplata dagli artt. 1965 e ss. C.c.

È pertanto un accordo con cui si evita un contenzioso o lo si chiude bonariamente.

La prova scritta del contratto di transazione

Per la sua esistenza non è necessaria la prova scritta. Essa non è richiesta ai fini della validità del contratto medesimo, bensì ai soli fini della sua prova.

Ciò significa che la sua stipulazione e sottoscrizione non può essere dimostrata con l'istruttoria orale, quale la prova testimoniale e l'interrogatorio formale, dovendo essere data per via documentale.

Questi principi sono stati di recente ripresi dalla decisione della Corte di Appello di Lecce del 22 ottobre 2020.

Contratto di transazione e prova scritta, il caso della Corte di Appello di Lecce 22 ottobre 2020

La fattispecie nasce dall'azione di pagamento rivolta da un'impresa appaltatrice ad un condominio per interventi su facciata, avendo l'edificio provveduto ad un solo pagamento parziale. La domanda dell'impresa è quindi la condanna del palazzo a versare l'intero rimanente.

Il condominio, costituendosi in giudizio, ha rilevato che tra le parti era intervenuto un accordo transattivo sulla cui base l'importo concordato sarebbe stato ridotto, ma pur sempre ancora dovuto. L'impresa ha replicato contestando questa asserzione.

Il tribunale ha dato ragione all'attrice, condannando il palazzo a versare l'intero residuo previsto nel contratto di appalto, rilevando che non era stato contestato che i lavori fossero stati effettivamente effettuati ma che non era stata provata l'esistenza di una transazione, prova che, ai sensi dell'art.1967 cod. civ., avrebbe dovuto essere prova scritta.

Il condominio adisce il giudice di appello sostenendo che la transazione sancita oralmente tra le parti era stata contestualmente riportata in forma scritta, di fatto accettata dall'impresa con le quietanze di pagamento.

L'osservazione della Corte è che, ai sensi dell'art. 1967 c.c., la prova scritta è richiesta dalla legge ad probationem, quindi non osta alla qualificazione di un contratto come transazione il fatto che le reciproche concessioni tra le parti non siano specificamente indicate nel documento esibito.

Esse possono emergere dal complesso dell'atto nonché da elementi eventualmente esterni ad esso (v. sul punto Cass 3753/2008; Cass. n. 13389/2007).

Nel caso in esame, il Condominio ha esibito ben n. 3 ricevute che non sono state disconosciute e/o contestate dall'impresa. In questi documenti vi sono tutti gli elementi costitutivi dell'accordo in quanto sono indicate le parti (essendovi la sottoscrizione della parte contrapposta a quella che la ha esibita), l'oggetto con la specificazione che si tratta di lavori extracontratto e l'importo dovuto pari a euro 11.000,00, importo definito transattivamente.

Anche se le ricevute non riportano un termine, ciò non vizia il riconoscimento dell'accordo in quanto può solo significare che le parti ne hanno voluto prescindere. Com'è noto, il termine non è elemento essenziale del contratto.

Peraltro la quietanza fa piena prova del pagamento e, pertanto, non può essere contestata dal creditore, tanto più che è stato lui a rilasciarla

Da ciò la Corte conclude che l'accordo raggiunto tra le parti è valido ed efficace ed è stato provato documentalmente mentre non è stato provato né è stato chiesto di provare che fosse stato stabilito un termine essenziale per l'adempimento.

La mancata indicazione di un termine per l'adempimento ed il fatto che tra l'ultimo versamento effettuato e l'inizio del giudizio fosse trascorso un breve lasso di tempo, hanno permesso di escludere che nella condotta del condominio possa ravvisarsi un grave inadempimento dell'accordo transattivo, come aveva tentato di affermare in extremis l'impresa.

Compensazione quote condomino e transazione

Si tratta di principio già affermato in passato, ad esempio, dalla Suprema Corte, con la decisione 8 giugno 2007, n. 13389.

La base del ragionamento è che la transazione richiede la forma scritta unicamente ad probationem (salvo quando riguardi uno dei rapporti di cui all'art. 1350 c.c., n. 12): la prova del contratto può anche essere fornita da un documento sottoscritto da una sola parte, ove risulti il consenso anche soltanto tacito, purché univoco, dell'altra parte, consenso che si manifesti mediante attuazione integrale dei relativi patti (Cass. 21 gennaio 2018, n. 1627).

Contrasto giurisprudenziale

È noto il contrasto giurisprudenziale sul punto.

Da un lato, si ritiene che tutti gli elementi costitutivi del negozio transattivo debbano risultare dal documento scritto, senza possibilità di fornire integrazioni e/o elementi aggiuntivi con la prova per testi o per presunzioni (ex plurimus, Cass. Sez. 2, 28 aprile 2005, n. 8875).

Dall'altro, si afferma che non osta alla validità del contratto di transazione che talune concessioni reciproche non siano contenute nel documento, ma risultino dal complesso dell'atto o da elementi esterni allo stesso (Cass. Sez. 3, 8 giugno 2007, n. 13389).

Se la delibera condominiale non rispetta l'accordo di mediazione, cosa succede?

Il revirement della Cassazione a Sezioni Unite: il valore processuale

Sul punto è intervenuta la Cassazione a Sezioni Unite con la decisione del 5 agosto 2020, n. 16723, la quale ha affermato che l'inutilizzabilità processuale di un mezzo di prova per il contratto con forma scritta ad probationem, rientra nelle nullità cd. relative ai sensi dell'art. 156 c.p.c. Ne consegue che detta nullità deve essere rilevata dalla parte interessata nel rispetto dei termini previsti dall'art. 157 comma 2 c.p.c.. La mancata eccezione dell'inammissibilità della prova per testi e la mancata eccezione della nullità della prova per testi comunque assunta, determinano la definitiva acquisizione della prova al processo, sanando quindi la nullità non rilevata.

Il principio è testualmente il seguente: "L'inammissibilità della prova testimoniale di un contratto che deve essere provato per iscritto, ai sensi dell'art. 2725 c.c., comma 1, attenendo alla tutela processuale di interessi privati, non può essere rilevata d'ufficio, ma deve essere eccepita dalla parte interessata prima dell'ammissione del mezzo istruttorio; qualora, nonostante l'eccezione d'inammissibilità, la prova sia stata egualmente assunta, è onere della parte interessata opporne la nullità secondo le modalità dettate dall'art. 157 c.p.c., comma 2, rimanendo altrimenti la stessa ritualmente acquisita, senza che detta nullità possa più essere fatta valere in sede di impugnazione".

Sentenza
Scarica App. Lecce 22 ottobre 2020 n. 1032
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