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Mancato pagamento delle spese condominiali

Cosa può fare l'amministratore per cercare di recuperare alla cassa comune le quote dovute dai condomini morosi?
Avv. Gianfranco Di Rago 

Prima di procedere ad affidare la pratica al legale, l'amministratore condominiale è tenuto, per diligenza contrattuale, a cercare di ottenere dal condomino moroso il versamento delle spese condominiali arretrate.

È consigliabile che il sollecito di pagamento venga inviato per iscritto ma, ovviamente, anche una telefonata o un incontro di persona con il condomino può servire a risolvere la situazione.

In questi casi, infatti, la cosa più utile da fare è quella di comprendere i motivi del mancato pagamento.

Il più delle volte si tratterà di difficoltà economiche e, quindi, se vi è buona fede in capo al condomino, si cercherà di stabilire un piano di rientro da sottoporre al vaglio assembleare.

Ma a volte il mancato pagamento dipende dalla mancata comprensione e dalla conseguente contestazione dei conteggi operati dall'amministratore.

Anche in questi casi la soluzione migliore è quella di mettersi a tavolino per cercare di risolvere l'equivoco che si è venuto a creare.

La comunicazione di messa in mora.

In ogni caso l'invio di una richiesta di pagamento è utile per mettere in mora il debitore e interrompere il decorso del termine di prescrizione. Ai sensi dell'art. 1219 c.c. il debitore è costituito in mora mediante intimazione o richiesta fatta per iscritto.

L'effetto principale dell'atto di messa in mora riguarda l'accollo del rischio relativo all'impossibilità sopravvenuta della prestazione ed è indicato dall'art. 1221 c.c., in base al quale il debitore in mora non è liberato per la sopravvenuta impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile, se non prova che l'oggetto della prestazione sarebbe ugualmente perito presso il creditore.

Tra l'altro non vi è necessità di costituzione in mora se, come accade generalmente per le obbligazioni di tipo pecuniario, il termine per l'adempimento è scaduto e il pagamento deve essere eseguito al domicilio del creditore.

Anche se la messa in mora per l'obbligazione di pagamento delle spese condominiali non è da considerarsi un adempimento strettamente necessario ai fini del recupero giudiziale delle stesse, esso è come detto opportuno al fine di facilitare una soluzione transattiva del problema.

Scopo principale della messa in mora è infatti quello di avvertire il condomino della scadenza del termine per il pagamento del rateo o dei ratei relativi alle spese comuni deliberate dall'assemblea.

Si tratta di un avvertimento che, come anticipato, consente in un grande numero di casi di raggiungere velocemente il risultato di assicurare alle casse comuni quanto dovuto dai singoli comproprietari.

Il condomino che riceve il sollecito di pagamento, infatti, il più delle volte è portato a contattare l'amministratore o semplicemente per preannunciare il pagamento del dovuto o per spiegare le ragioni del ritardo e assicurare che a breve avverrà il saldo o per pattuire una dilazione del pagamento.

L'atto di messa in mora viene solitamente inviato al condomino con raccomandata con ricevuta di ritorno per finalità prettamente probatorie (in modo da conservare come prova il relativo tagliando), ma può anche essere inviata, raggiungendo il medesimo obiettivo dal punto di vista della prova, con un fax o con un messaggio di posta elettronica certificata (a condizione però che il condomino sia a sua volta titolare di un indirizzo di posta elettronica certificata).

Come deve essere fatta una lettera di messa in mora?

Esistono altri strumenti per recuperare bonariamente le spese non pagate?

Per combattere il fenomeno della morosità condominiale l'amministratore può essere spinto a cercare soluzioni alternative per costringere i condomini a pagare quanto dovuto.

Ogni qualvolta si intenda percorrere una nuova strada occorre però preliminarmente valutare se la stessa, oltre che efficace, sia soprattutto legittima, ovvero non vada a incidere negativamente su interessi di pari o maggiore valore dei condomini morosi o di eventuali soggetti terzi.

In caso contrario l'amministratore potrebbe essere ritenuto responsabile in prima persona per la propria condotta illegittima ed essere tenuto a risarcire i danni procurati ai condomini morosi, agli altri condomini o a soggetti terzi.

Pare quindi utile provare a esemplificare cosa non si può fare nel tentativo di recuperare un credito del condominio, riportando i casi concreti di soluzioni "innovative" escogitate da alcuni amministratori condominiali e che sono state censurate per violazione della disciplina sul corretto trattamento dei dati personali (D.Lgs. n. 196/2003).

L'Autorità Garante per la protezione dei dati personali, infatti, nello svolgimento della propria attività istituzionale di vigilanza, ha avuto modo di occuparsi di una serie di episodi nei quali è stata chiamata a valutare la compatibilità della normativa a tutela della privacy con gli strumenti adottati per il recupero della morosità condominiale.

All'amministratore, ad esempio, per fare pressione sui morosi e indurli quindi all'adempimento spontaneo di quanto dovuto alle casse condominiali, potrebbe venire in mente di procedere all'affissione in luoghi visibili a tutti del nominativo di quanti sono in ritardo nei pagamenti.

Tale comportamento, che ha l'evidente scopo di creare un disagio psicologico nei condomini inadempienti, è stato però ripetutamente censurato dall'Autorità Garante.

In particolare, con un provvedimento del 23 ottobre 2000 l'Authority ha precisato come l'amministratore di condominio non può procedere all'affissione in bacheca dei dati personali riguardanti le posizioni di debito o di credito dei singoli condomini.

La bacheca condominiale, infatti, è per definizione collocata in un luogo liberamente accessibile, quindi aperto non solo ai condomini, ma anche a quanti, per ragioni di lavoro o personali, si trovino a transitare nelle parti comuni.

Successivamente all'Autorità Garante è stato sottoposto un caso diverso, ma per alcuni versi analogo (provvedimento del 17 maggio 2001). Nella vicenda in questione l'amministratore aveva depositato nel cassetto di un mobile sito nella portineria un elenco di quanti erano in arretrato nei pagamenti che poteva essere liberamente consultato dai condomini.

Tale comportamento aveva suscitato le proteste di un comproprietario il quale, non ricevendo soddisfazione dall'amministratore, si era rivolto al Garante, che aveva invitato quest'ultimo ad aderire spontaneamente alla richiesta dell'interessato di provvedere all'immediata rimozione di tale documento.

Alla richiesta dell'Autorità l'amministratore aveva risposto che l'elenco dei condomini debitori di quote condominiali era stato consegnato al portiere dello stabile "per agevolare i condomini nella conoscenza della loro effettiva posizione economica nei confronti del condominio", che tale elenco era stato compilato dal precedente amministratore e consegnato al successore in occasione del passaggio delle consegne e che lo stesso era stato prontamente ritirato a seguito delle contestazioni ricevute dall'interessato.

Anche in questo caso la ratio dell'intervento del Garante è stata quella di preservare i dati personali dei condomini riportati nel predetto elenco dal rischio che gli stessi venissero a conoscenza di soggetti non autorizzati, in quanto estranei alla compagine condominiale (dal portiere ai suoi familiari, fino a giungere agli eventuali frequentatori del locale portineria).

Sulla base di questi principi si deve al contrario ritenere pienamente legittimo il comportamento dell'amministratore che, nel presentare all'assemblea il rendiconto per la sua approvazione, indichi in un'apposita sezione il nome dei condomini in mora nei pagamenti e l'importo delle quote non versate da ciascuno di essi. Infatti l'espressa indicazione, nei documenti relativi alla gestione del condominio, della situazione di morosità di un condomino non costituisce affatto di per sé violazione della privacy, proprio perché ila mancato pagamento delle spese condominiali è destinato a essere evidenziato necessariamente nel rendiconto delle spese di gestione.

Ciò che invece deve ritenersi vietato, perché lesivo del diritto di ciascun condomino al corretto trattamento dei propri dati personali e dunque fonte di responsabilità per l'autore della relativa condotta, è l'utilizzo abnorme (cioè contrario ai principi di cui al D.Lgs. n. 196/2003) che l'amministratore, o anche i singoli condomini, facciano delle informazioni inerenti la gestione del condominio per indurre i morosi a versare quanto dovuto in favore delle casse comuni.

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