Come è noto la prescrizione è il meccanismo secondo cui se il creditore non esercita il suo diritto entro un determinato periodo di tempo, il suo diritto cessa di esistere (la prescrizione ordinaria di un credito è di 10 anni).
Per evitare quanto sopra, il creditore deve esprimere chiaramente il suo desiderio di ottenere il pagamento dal debitore.
In tema di interruzione della prescrizione, un atto, per avere efficacia interruttiva, deve contenere, oltre alla chiara indicazione del soggetto obbligato (elemento soggettivo), l'indicazione di una pretesa e l'intimazione o la richiesta scritta di adempimento, idonea a manifestare l'inequivocabile volontà del titolare del credito di far valere il proprio diritto, nei confronti del soggetto indicato, con l'effetto sostanziale di costituirlo in mora (elemento oggettivo), requisito quest'ultimo che non è soggetto a rigore di forme, all'infuori della scrittura, e, quindi, non richiede l'uso di formule solenni né l'osservanza di particolari adempimenti, essendo sufficiente che il creditore manifesti chiaramente, con un qualsiasi scritto diretto al debitore e portato comunque a sua conoscenza, la volontà di ottenere dal medesimo il soddisfacimento del proprio diritto (Cass. civ., sez. III, 12/02/2010, n. 3371; Cass. civ., sez. II, 03/12/2010, n. 24656 ), essendo sufficiente a tal fine la mera comunicazione del fatto costitutivo della pretesa.
Queste parole sono chiare. Non è necessario l'uso di particolari formule (quali, ad esempio, l'espressione "valga la presente quale formale messa in mora"), mentre è necessario che sia individuato esattamente soggetto ed oggetto della domanda, che deve consistere nella richiesta di adempimento o risarcimento del danno.
Può venire però un dubbio: l'atto interruttivo deve necessariamente indicare l'importo richiesto in pagamento o l'intimazione ad adempiere? Se questi dati mancano l'atto di messa in mora è valido lo stesso?
La risposta è contenuta nella sentenza della Cassazione n. 7835 del 10 marzo 2022.
Messa in mora ed effetti interruttivi della prescrizione: la vicenda
Un avvocato otteneva un decreto ingiuntivo a titolo di compensi per la difesa svolta in favore di un cliente. Quest'ultimo proponeva opposizione, eccependo la prescrizione decennale del credito.
Il tribunale, istruita la causa, revocava l'ingiunzione di pagamento, respingendo la domanda per intervenuta prescrizione; secondo il Tribunale la richiesta di pagamento inoltrata in data 8.6.2011 non aveva effetti interruttivi della prescrizione, contenendo una generica sollecitazione di pagamento per una serie di cause elencate tramite l'indicazione del nome dei debitori, senza specificare l'importo richiesto, né l'attività svolta o l'inequivocabile volontà di far valere il diritto.
Secondo la Corte di merito si era in presenza di una semplice sollecitazione non diretta ad ottenere l'adempimento. L'avvocato ricorreva in cassazione contestando le precedenti considerazioni.
Messa in mora ed effetti interruttivi della prescrizione: la decisione
La Cassazione ha dato ragione al ricorrente. In particolare i giudici supremi hanno notato come non sia conforme a diritto sostenere che l'atto interruttivo debba necessariamente indicare l'importo richiesto in pagamento o l'intimazione ad adempiere, essendo sufficiente anche la mera richiesta scritta di adempimento accompagnata, come nel caso in esame, dall'individuazione del debitore.
Come sottolinea la Cassazione, ai fini dell'interruzione della prescrizione è sufficiente la mera comunicazione del fatto costitutivo della pretesa posto che si tratta di atto non soggetto a formule sacramentali, avendo l'esclusivo scopo di portare a conoscenza del debitore la volontà del creditore, chiaramente manifestata, di far valere il proprio diritto.
La missiva inoltrata dal difensore è risultata quindi pienamente valida in quanto non si è limitata ad indicare il nominativo del debitore, ma ha individuato anche la prestazione svolta, con la formulazione di un'esplicita richiesta di adempimento: appare, quindi, del tutto errata e perciò assunta in violazione dell'obbligo di motivazione, la conclusione della Corte di merito, secondo cui si era in presenza di una semplice sollecitazione non diretta ad ottenere l'adempimento.
Tali riflessioni valgono certamente se un legale chiede il proprio compenso ad un condominio che non corrisponde il dovuto.
Merita di essere sottolineato che la lettera di diffida e messa in mora rimane un valido strumento a disposizione dell'amministratore per procedere al recupero del credito, dando al moroso notizia dell'intenzione di procedere con decreto ingiuntivo e mettendolo in condizioni di rivalutare l'adempimento o la richiesta di una eventuale rateizzazione.
L'amministratore però può agire dinanzi al giudice direttamente alla scadenza del termine per il pagamento delle quote, senza necessità di alcun preventivo sollecito di pagamento.