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Locazioni ad uso diverso: sì al recesso anticipato del conduttore ma solo per gravi motivi

Una generale crisi economica del settore, che costringa un imprenditore a cessare la propria attività, può essere un grave motivo per consentirgli di liberarsi anticipatamente dal vincolo contrattuale.
Avv. Adriana Nicoletti 

La durata delle locazioni ad uso diverso prevede che in presenza di determinate condizioni, che il legislatore ha definito "gravi motivi", il conduttore possa recedere in qualsiasi momento dal contratto, inviando al locatore un preavviso di almeno sei mesi da comunicare tramite lettera raccomandata.

La norma, che non trova una corrispondenza negli esatti termini quanto alla materia delle locazioni ad uso abitativo, è riservata a tutti i contratti collegati ad attività commerciali, industriali, artigianali, ecc. il cui svolgimento è condizionato dall'andamento dell'economia e da fattori contingenti che possono azzerare, la convenienza di proseguire il rapporto.

È questo il caso trattato dalla Corte di cassazione, con l'ordinanza n. 6731 del 7 marzo 2023, ove è stato riconosciuta la legittimità di un recesso anticipato proprio in considerazione di una grave crisi che aveva investito il settore alberghiero.

Il conduttore interrompe l'attività e gli viene riconosciuto il diritto di recesso dal contratto. Fatto e decisione

La società "X", con due distinti contratti, concedeva in locazione alla società "Y" (successivamente incorporata nella società "Z") un complesso immobiliare, adibito ad albergo, e la relativa autorimessa, concordando, per il primo, un canone fisso annuo corrispondente ad una percentuale del fatturato della conduttrice (restando fermo un minimo prestabilito), e per la seconda un importo annuo anch'esso prefissato.

La società "Z" (incorporante) avviava una procedura tecnica preventiva per vizi all'immobile locato che lo rendevano inidoneo all'uso pattuito e finalizzata ad ottenere la riduzione del canone convenuto oltre il risarcimento dei danni.

Quindi dichiarava di ritenere risolto il contratto, sospendendo il pagamento dei canoni e senza rilasciare l'albergo.

Successivamente la stessa conduttrice riprendeva i pagamenti e promuoveva un'azione avente ad oggetto la riduzione del canone e la condanna della locatrice al risarcimento dei danni, nonché alla rimessione in pristino dell'immobile.

Nel corso del giudizio la conduttrice comunicava la volontà di recedere dal contratto per gravi motivi determinati dalla contrazione dei ricavi provocati dalla corrente crisi economico-finanziaria del 2008. Il complesso immobiliare, riconsegnato alla locatrice veniva immediatamente affittato ad altra società ma ad un canone sensibilmente inferiore a quello in essere.

Per quanto di specifico interesse la società "Z"/locatrice, con ricorso ex art. 447 bis c.p.c., contestava la legittimità del recesso ed il Tribunale accoglieva la domanda, mentre la Corte d'appello riformava sul punto la sentenza di prime cure, dichiarando cessato il rapporto locativo alla data del rilascio dell'immobile.

Con il ricorso per Cassazione ed in merito a tale precisa questione, la soccombente censurava la sentenza nel punto in cui la Corte d'Appello territoriale aveva ritenuto sussistere i gravi motivi (crisi aziendale) addotti dalla stessa conduttrice per la dismissione della struttura alberghiera, con conseguente applicabilità dell'art. 27, ult. comma, legge n. 392/1978.

Quest'ultima, invece, a dire della ricorrente, avrebbe dovuto dimostrare che tali effetti avevano investito l'albergo, incidendo concretamente sul contratto di locazione.

La Corte di merito, in buona sostanza, una volta accertata la obiettiva sussistenza della crisi, non avrebbe dovuto sindacare i motivi soggettivi (tramite accertamento della congruità ed opportunità della singola scelta rispetto all'intera organizzazione imprenditoriale) che avevano indotto la conduttrice a chiudere l'attività.

Il giudice di legittimità, in particolare, ha evidenziato la ratio dell'art. 27 cit., ovvero: "verificare la sussistenza anche solo potenziale dei gravi motivi, sulla base dell'argomento che, diversamente, si negherebbe al conduttore/imprenditore, che si trovasse dinanzi una grave ed imprevista crisi economica, con facoltà di esercitare il recesso sino a quando non venga a trovarsi in stato di decozione, altrimenti ne risulterebbe frustrato lo scopo della norma che è evidentemente quello di prevenire la crisi del conduttore" (Cass, sez. 3, 27 marzo 2014, n. 7217, che ha ritenuto irrilevante, al fine di escludere la legittimità del recesso anticipato, il fatto che altri rami dell'azienda del conduttore conseguissero risultati economici favorevoli).

Ciò non toglie che i "gravi motivi" non possono essere rimessi alla valutazione soggettiva ed unilaterale del conduttore, perché in caso contrario la sopravvivenza del contratto di locazione dipenderebbe esclusivamente dalla volontà del medesimo.

Sotto questo profilo la Corte di Cassazione ha ritenuto che i giudici di seconda istanza avevano applicato correttamente i principi espressi sul punto dalla costante giurisprudenza, sulla base della quale il conduttore/imprenditore di una struttura, parte di una più ampia compagine imprenditoriale, può, ai fini del recesso legale, fare vivere un polo piuttosto che un altro se il primo, proprio per la crisi del settore alberghiero, subisca reiterate e consistenti perdite fino ad arrivare alla chiusura del ramo aziendale.

La critica mossa più volte dal ricorrente riguardo alla motivazione della decisione della Corte di appello, mascherata da violazione di legge (art. 27 cit.), in realtà, si configurava - come dichiarato dai giudici di legittimità - alla stregua di una pretesa finalizzata ad ottenere una diversa valutazione dei fatti (nella fattispecie richiamando una serie di documenti depositati in atti), che è rimessa solo al giudice del merito e, in quanto tale, insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivata.

Recesso locazione del conduttore

Considerazioni conclusive

La sentenza della Suprema Corte, convincente e ben motivata, è certamente condivisibile, soprattutto ove ha messo in luce la ratio dell'art. 27 citato, che sarebbe inutiliter dato nel momento in cui al fattore oggettivo (crisi economica generalizzata sull'intero settore alberghiero) va ad intercettare l'aspetto soggettivo (ovvero l'effetto di tale crisi sul singolo imprenditore e, rispetto al medesimo, su paritari rami di azienda).

Va comunque evidenziato che la prospettazione dei gravi motivi ai fini del recesso non può essere potenziale ma effettiva, e che la relativa indicazione nella comunicazione al locatore richiede l'uso di formule sacramentali, pena la nullità della comunicazione stessa.

In questo senso la giurisprudenza si è espressa più volte sull'argomento affermando, ad esempio, che "la specificazione del grave motivo per cui il conduttore intende cessare anticipatamente il rapporto, non è sufficiente la mera indicazione di cessazione dell'attività esercitata nei locali locati, poiché, non esternando la ragione giustificativa della cessazione, ne impedisce la riconduzione ad un fatto estraneo alla volontà del conduttore, unico idoneo a giustificare l'interruzione dell'impegno al rispetto del sinallagma" (Cass., sez. 3, 9 settembre 2022, n. 26618).

Se, poi, vogliamo considerare un'ipotesi nella quale si possa rispecchiare la fattispecie in esame basti citare altra decisione di legittimità dalla quale emerge che, oltre alla gravosa prosecuzione del rapporto locatizio per fatto estraneo alla volontà del conduttore, è necessario che "se venga in rilievo l'attività di un'azienda, in un sopravvenuto squilibrio tra le prestazioni originarie idoneo ad incidere significativamente sull'andamento dell'azienda stessa globalmente considerata e, quindi, se di rilievo nazionale o multinazionale, anche nel complesso delle sue varie articolazioni territoriali" Cass., sez. 3, 24 settembre 2019, n. 23639).

Sentenza
Scarica Cass. 7 febbraio 2023 n. 6731
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