Quando si affitta un appartamento in condominio o una villetta a schiera indipendente, non si mettono in preventivo le esigenze personali che, in un momento successivo alla firma del contratto, potrebbero cambiare.
È il caso, ad esempio, dell'inaspettato trasferimento del luogo di lavoro, per cui sarebbe più comoda una residenza più vicina alla nuova sede. Oppure si potrebbe pensare all'improvviso peggioramento delle condizioni di salute di un genitore, alla luce della quali, per meglio assisterlo, sarebbe più opportuno abitare in prossimità del medesimo.
Ebbene, in queste, come in altre circostanze, c'è, comunque, un contratto di locazione da rispettare e un locatore che si aspetta il pagamento dei canoni mensili sino al termine del periodo pattuito. Nasce, però, per l'inquilino, l'esigenza di risolvere il contratto in corso e, contestualmente, di indirizzarsi verso un nuovo affitto.
Ebbene, è possibile tutto ciò? L'inquilino ha il diritto di recesso dalla locazione? A quali condizioni è possibile sciogliere ogni patto ed evitare, quindi, di pagare l'affitto per un'abitazione che non si vuole più utilizzare?
Cerchiamo di risolvere questi dubbi.
Recesso dalla locazione: diritti e obblighi per il conduttore
Normalmente, un contratto valido ed efficace e i cui obblighi sono puntualmente adempiuti dai contraenti, si può risolvere soltanto di comune accordo. Le parti, perciò, si incontrano e decidono, per mutuo consenso, di sciogliere ogni impegno precedente.
Con il recesso, invece, allorché previsto nell'accordo, una o entrambi le parti di un contratto hanno la possibilità di risolverlo con una semplice comunicazione. Ebbene, in tema di locazioni, la legge contempla questa circostanza a favore dell'inquilino.
L'art. 4 della legge n. 392/1978 prevede, infatti, che al conduttore possa essere riconosciuto il diritto di recesso dalla locazione con un preavviso almeno semestrale. Si tratta, inoltre, di una facoltà che, in presenza di gravi motivi non gli potrebbe nemmeno essere negata "È in facoltà delle parti consentire contrattualmente che il conduttore possa recedere in qualsiasi momento dal contratto dandone avviso al locatore, con lettera raccomandata, almeno sei mesi prima della data in cui il recesso deve avere esecuzione.
Indipendentemente dalle previsioni contrattuali il conduttore, qualora ricorrano gravi motivi, può recedere in qualsiasi momento dal contratto con preavviso di almeno sei mesi da comunicarsi con lettera raccomandata".
In ragione, quindi, della citata disposizione normativa, il diritto di recesso dalla locazione del conduttore esiste, ma non può essere esercitato senza rispettare determinati presupposti e non senza comportare alcuna conseguenza.
Gravi motivi per il recesso: quali sono e come definirli
In tema di recesso dalla locazione del conduttore, la prima cosa che bisogna fare è consultare il contratto firmato. In genere, se si tratta del solito prestampato sottoposto alla firma delle parti dall'agenzia di turno o di uno dei tanti files scaricati dal web, l'accordo prevede che l'inquilino possa recedere dal contratto soltanto in presenza di gravi motivi, così come stabilisce la legge.
Ma quali sono, però, questi gravi motivi in ragione dei quali il recesso sarebbe legittimo, efficace e giustificato?
Per risolvere questo dubbio, in assenza di un chiaro dettato normativo, è intervenuta la giurisprudenza. Ebbene, tra i vari pronunciamenti sull'argomento è utile ricordare quello della Cassazione n. 12291 del 2014, secondo il quale, i gravi motivi devono identificarsi con fatti tali da rendere gravosa la prosecuzione della locazione, nello specifico estranei alla volontà del conduttore oltreché imprevedibili e successivi alla firma dell'accordo "La giurisprudenza di questa Corte ha costantemente affermato che i gravi motivi che consentono, indipendentemente dalle previsioni contrattuali, il recesso del conduttore dal contratto di locazione, ai sensi degli artt. 4 e 27 I. 27 luglio 1978 n. 392, devono essere determinati da fatti estranei alla sua volontà, imprevedibili e sopravvenuti alla costituzione del rapporto, tali da rendergli oltremodo gravosa la sua prosecuzione (Cass. 10 dicembre 1996, n. 10980, cfr. Cass. 260-91; Cass. 11466-92; Cass. 1098-94 Cass. 8-3-2007 n.5328)".
Perciò, quali esempi, possono legittimare il recesso un trasferimento di lavoro o un licenziamento, lo stesso inadempimento del locatore ai propri obblighi oppure dei problemi legati al condominio in cui si vive, come nel caso della sentenza citata, dove il continuo ed insopportabile abbaiare del cane del vicino aveva portato l'inquilino a manifestare questa volontà.
Solo, pertanto, alle condizioni sopra dettate, il conduttore può giustificare, legittimamente, la scelta di risolvere il contratto di affitto.
Procedura per recedere dal contratto di locazione
Per recedere dal contratto di locazione, il conduttore deve inviare una comunicazione formale al locatore con una lettera raccomandata o con un mezzo equipollente (ad esempio, una pec). All'interno di questa missiva deve, quindi, indicare i gravi motivi che giustificano la risoluzione del rapporto.
A tale ultimo riguardo, l'inquilino non è tenuto a comprovare la veridicità di quanto affermato. Solo se questa circostanza viene, specificatamente e tempestivamente, contestata dal proprietario di casa, il conduttore sarà tenuto a dimostrare la fondatezza dei motivi a supporto della propria scelta (Cass. n. 24266/2020).
Fatto ciò, il conduttore sarà tenuto a versare i canoni ed avrà diritto a detenere l'immobile sino al termine del semestre successivo al recesso.