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Revoca giudiziale, il divieto di nuova nomina è limitato ad un anno. Parola di Cassazione.

La Cassazione si pronuncia, incidentalmente, sul divieto di nomina dell'amministratore revocato dall'Autorità Giudiziaria, ritenendolo temporaneo.
Avv. Alessandro Gallucci 

In tema di revoca giudiziale dell'amministratore di condominio, il divieto di nuova nomina che è specificato dal tredicesimo comma dell'art. 1129 c.c. e contingente e limitato esclusivamente all'immediato e successivo mandato.

Così sì è espressa la Corte di Cassazione, Seconda Sezione, relatore il Consigliere Antonio Scarpa, con l'ordinanza n. 23743 del 28 ottobre 2020, resa all'esito di un procedimento azionato da un amministratore condominiale revocato giudizialmente.

Il pronunciamento è particolarmente interessante in quanto la Suprema Corte, per le ragioni che andremo ad esporre, non si occupa di revoca giudiziale dell'amministratore.

L'interpretazione dell'efficacia temporale limitata del divieto posto dall'art. 1129, tredicesimo comma, c.c. che si stava facendo strada in seno alla giurisprudenza di merito trova così una conferma in sede nomofilattica.

La motivazione addotta dalla Suprema Corte appare convincente in relazione alla (confermata e ribadita) natura non contenziosa del procedimento giudiziale di revoca e, in termini sostanziali, misurata ed equilibrata in relazione ad azioni che, come la cronaca giudiziale di tanto in tanto evidenzia, possono portare alla caducazione per via giudiziale del mandato anche solamente per irregolarità formali.

Andiamo oltre.

Revoca giudiziale dell'amministratore, il caso e la richiesta

Un amministratore condominiale convenuto in giudizio per la revoca che veniva disposta dal giudice di prime cure, si rivolgeva alla Cassazione dopo che anche in sede di reclamo le sue doglianze non erano state accolte.

Il motivo di ricorso merita menzione: pur consapevole del consolidato orientamento giurisprudenziale che considera inammissibile il ricorso in Cassazione avverso il decreto di revoca dell'amministratore condominiale - stante la sua natura di provvedimento camerale non definitivo reso all'esito di un procedimento in sede di volontaria giurisdizione - chiedeva un mutamento dell'indirizzo interpretativo fondando la sua richiesta su una serie di argomentazioni volte a farne considerare la natura contenziosa in grado d'incidere su diritti soggettivi.

La Corte non s'è trovata d'accordo con la tesi del ricorrente: il procedimento camerale di revoca dell'amministratore condominiale è e resta un procedimento reso in sede di giurisdizione volontaria. Nessun cambio d'indirizzo, né remissione della questione alle Sezioni Unite.

Revoca giudiziale dell'amministratore, natura camerale del procedimento, nessun potere della Cassazione

La ragione, ben argomentata e illustrata nell'ordinanza, è quella illustrata in nuce appena sopra: la procedura di revoca giudiziale «si struttura, pertanto, come giudizio camerale plurilaterale tipico, che culmina in un provvedimento privo di efficacia decisoria, siccome non incidente su situazioni sostanziali di diritti o "status" (cfr. Cass. Sez. 6 - 2, 23/06/2017, n. 15706; Cass. Sez. U, 29/10/2004, n. 20957)».

Conseguenza di ciò, prosegue la Corte «è che essendo sprovvisto dei richiesti caratteri della definitività e decisorietà, in quanto non contiene alcun giudizio in merito ai fatti controversi, non pregiudica il diritto del condomino ad una corretta gestione dell'amministrazione condominiale, né il diritto dell'amministratore allo svolgimento del suo incarico» (Cass. 28 ottobre 2020 n. 23743).

Ergo: al condòmino insoddisfatto della mancata revoca non è preclusa l'azione risarcitoria e l'amministratore che si ritiene ingiustamente revocato dall'incarico può agire in via giudiziale ordinaria per l'accertamento della correttezza del suo operato ed eventualmente per i danni.

C'è qualcosa di nuovo rispetto a questo orientamento, sviluppatosi principalmente prima dell'entrata in vigore della legge n. 220 del 2012.

La revoca giudiziale dell'amministratore di condominio: il caso delle attestazioni sulle liti

Revoca giudiziale dell'amministratore, il divieto di nomina serve a non eludere il provvedimento dell'Autorità Giudiziaria e non è a tempo indeterminato

La novità è il tredicesimo comma dell'art. 1129 c.c. che recita: «In caso di revoca da parte dell'autorità giudiziaria, l'assemblea non può nominare nuovamente l'amministratore revocato».

L'obiezione che si può sollevare e che, leggendo il provvedimento sarà stata portata all'attenzione della Corte nomofilattica, può essere riassunta così: se l'assemblea non può nominare l'amministratore revocato dall'Autorità Giudiziaria, allora sì che il contenuto del decreto di revoca assume carattere decisorio, perdendo quella caratteristica di revocabilità tipica del provvedimento reso in sede di volontaria giurisdizione. Non è così, dice la Suprema Corte.

«Il divieto di nomina dell'amministratore revocato dal tribunale (peraltro esterno al rapporto processuale determinato dal procedimento camerale di revoca, il quale intercorre unicamente tra il condomino istante e l'amministratore, senza imporre e nemmeno consentire l'intervento dei restanti: cfr. Cass. Sez. 6 - 2, 21/02/2020, n. 4696) è temporaneo, e non comprime definitivamente il diritto dello stesso di ricevere l'incarico, rilevando soltanto per la designazione assembleare immediatamente successiva al decreto di rimozione.

Il divieto di nomina posto dal riformato art. 1129, comma 13, c.c. funziona, in realtà, nei confronti dell'assemblea, precludendole di rendere inoperativa la revoca giudiziale con una delibera che riconfermi l'amministratore rimosso dal tribunale (e ciò pure se siano ormai venute meno le ragioni che avevano determinato la sua revoca).

Anche tale divieto non oblitera perciò il tipico connotato di provvisorietà ed intrinseca modificabilità dei provvedimenti giudiziari camerali in tema di nomina e revoca dell'amministratore di condominio, [...]» (Cass. 28 ottobre 2020 n. 23743).

Revoca giudiziale dell'amministratore di condominio e spese legali

Banalizzando si potrebbe dire che l'amministratore revocato per via giudiziale deve stare fermo un giro, non è squalificato a vita.

Tornando ad usare un linguaggio giuridico più appropriato, quello che dice la Corte di Cassazione è molto importante, in quanto interpreta la norma citata, il comma tredici dell'art. 1129 c.c., come una norma antielusiva, volta ad evitare che le irregolarità verificate in sede giudiziale restino prive di conseguenze e sanzione.

Siccome si tratta di un rapporto tra privati che in questa sede non è soggetto a giudizio, la Corte dice che nulla vieta più in là nel tempo alla stessa assemblea di rinominare l'amministratore revocato.

Questa decisione nell'ottica illustrata, ad avviso di chi scrive, al di là delle considerazioni di fatto principalmente di opportunità sulla rinomina, valutazioni da svolgersi caso per caso, dà l'interpretazione migliore ad una norma non propriamente chiara.

È giusto non vanificare l'esito del procedimento giudiziale eludendolo con decisioni contrarie visto che comunque esso prevede una sanzione per comportamenti non corretti, ma ciò non vuol dire, stante la natura di quella procedura, impedire in via definitiva la possibilità di affidare l'incarico.

Sentenza
Scarica Cass. 28 ottobre 2020 n. 23743
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