È cosa nota che l'amministratore di condominio non possa disporre a proprio piacimento dei soldi condominiali; il rischio della mala gestio non è solo di tipo civilistico ma anche penale, poiché in questi casi l'appropriazione indebita è dietro l'angolo. Quando può dirsi effettivamente consumato il reato? Qual è la condotta che davvero fa scattare questo delitto?
Sul punto si è espressa la Corte di Cassazione con la sentenza numero 29179 del 9 settembre 2020 la quale, mutuando una terminologia prettamente civilistica, individua il momento consumativo del reato di appropriazione indebita non nel momento in cui i soldi non sono restituiti, bensì allorquando avviene la classica interversione del possesso, cioè la manifestazione della volontà di voler utilizzare come propri i beni altrui, rivendicando su di essi una signoria che in realtà non si possiede.
Definizione e caratteristiche dell'appropriazione indebita
Secondo l'art. 646 del codice penale, chiunque, per procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, si appropria il denaro o la cosa mobile altrui di cui abbia, a qualsiasi titolo, il possesso, è punito, a querela della persona offesa, con la reclusione da due a cinque anni e con la multa da mille a tremila euro.
Elemento fondamentale del reato che serve a distinguerlo dal comune furto è la previa disponibilità del bene mobile di cui ci si impossessa indebitamente. Mentre nel furto occorre lo spossessamento, nell'appropriazione indebita questo "passaggio" dall'originario detentore al reo è un fatto presupposto, indispensabile affinché possa integrarsi il reato in oggetto.
L'appropriazione indebita è un reato proprio, nel senso che non può commetterlo chiunque, ma soltanto chi abbia già il possesso dei beni di cui si approprierà illegittimamente.
L'appropriazione indebita dell'amministratore di condominio
L'appropriazione indebita commessa dall'amministratore di condominio consiste sostanzialmente nell'impossessamento dei soldi dei condòmini mediante una gestione irregolare del conto corrente su cui transitano tutte le somme condominiali.
In questa ipotesi, ricorrono tutte le condizioni tipiche dell'appropriazione indebita:
- la previa disponibilità dei soldi altrui;
- l'appropriazione;
- l'ingiusto profitto.
Qual è il momento esatto in cui scatta il reato di appropriazione indebita? Sul momento consumativo di questo crimine si è espressa la Suprema Corte.
Appropriazione indebita dell'amministratore di condominio: momento consumativo
Con la sentenza in commento la Corte di Cassazione, ponendosi nel solco di precedente giurisprudenza (ex multis, Cass., sent. n. 40870 del 20.06.2017), ha stabilito che il reato di appropriazione indebita può dirsi compiutamente integrato nel momento in cui avviene l'interversione del possesso.
In altre parole, l'appropriazione indebita si perfeziona nel momento in cui avviene il cambiamento del comportamento del soggetto attivo che mostra in modo inequivoco di trattare la cosa altrui come propria.
E così, se l'amministratore fa una serie di prelievi dal conto corrente condominiale, il reato può dirsi integrato già con la prima illecita appropriazione, in quanto è sufficiente un'unica condotta per dimostrare la volontà di utilizzare come se fossero propri beni che, in realtà, appartengono ad altri.
Il delitto di appropriazione indebita è infatti un reato istantaneo che si consuma con la prima condotta appropriativa, cioè nel momento in cui l'agente compie un atto di dominio sulla cosa con la volontà espressa o implicita di tenerla come propria.
Appropriazione indebita e mancata restituzione dei beni
Secondo la pronuncia in commento (la succitata sentenza numero 29179 del 9 settembre 2020 della Corte di Cassazione), ai fini dell'integrazione del reato di appropriazione indebita non rileva la mancata restituzione, bensì l'atto con cui il reo dimostra di comportarsi uti dominus.
Il Supremo collegio rigetta pertanto la censura secondo cui l'interversione del possesso si determini allorquando l'autore del reato, già appropriatosi della cosa, non provveda alla sua restituzione.
In realtà, la consumazione del reato di cui all'art. 646 cod. pen. non richiede la costituzione in mora dell'autore né un vero e proprio inadempimento dell'obbligo restitutorio, essendo anticipata la soglia della rilevanza penale al momento appropriativo in sé considerato (cioè, nel caso di specie, all'indebito prelievo di somme dalle casse dei condomini).
È dunque valido l'orientamento secondo cui il fondamento del reato di cui all'art. 646 cod. pen. debba essere individuato nella volontà del legislatore di sanzionare penalmente il fatto di chi, avendo l'autonoma disponibilità della res, dia alla stessa una destinazione incompatibile con il titolo e le ragioni che ne giustificano il possesso, anche nel caso in cui si tratti di una somma di danaro.
Tanto è confermato dal fatto che, per granitico orientamento giurisprudenziale di legittimità (tra le tante, sent. n. 50156 del 25/11/2015), commette il delitto di appropriazione indebita il mandatario che, violando le disposizioni impartitegli dal mandante, si appropri del denaro ricevuto utilizzandolo per propri fini e, quindi, per scopi diversi ed estranei agli interessi del mandante.
Appropriazione indebita e crediti dell'amministratore di condominio
Per giurisprudenza pacifica (Cass., Sez. 2, sentenza n. 293 del 04/12/2013) a niente varrebbe eccepire il presunto credito vantato dall'amministratore nei confronti del condominio: il reato di appropriazione indebita non viene meno quando l'imputato invochi di aver trattenuto le somme in contestazione a compensazione di propri preesistenti crediti, ove si tratti di crediti non certi, non liquidi e non esigibili.
Appropriazione indebita e danno del condominio
Per altrettanto pacifico insegnamento giurisprudenziale (Cass., sent. n. 57383 del 17.10.2018), l'amministratore che faccia confluire sul proprio conto corrente personale somme di danaro intestate ai conti condominiali risponde del reato di appropriazione indebita anche se il condominio non ha subito alcun pregiudizio economico.
In altre parole, la confusione dei patrimoni è già di per sé sufficiente a integrare il reato di appropriazione indebita, in quanto tale condotta comporta di per sé la violazione del vincolo di destinazione impresso al denaro al momento del suo conferimento.
Dunque, non conta il risultato economico della gestione, ma la modalità della gestione, che è illecita allorquando si crea confusione tra il proprio e l'altrui patrimonio.