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Installazione di divisorio del balcone in legno alto due metri e contestazione del vicino: il problema distanze legali

Quando un condomino nel tentativo di tutelarsi dagli sguardi indiscreti del vicino installa pannelli salva-privacy.
Giuseppe Bordolli Responsabile scientifico Condominioweb 

Uno dei problemi che si pone in ambito condominiale è il seguente: nel caseggiato si applicano le norme in materia di distanze legali o quelle, meno restrittive, tipiche dei rapporti condominiali? Un condomino, nella proprietà esclusiva, può realizzare un'opera idonea a limitare la visuale del vicino? Entrambe le questioni sono state affrontante da una recente decisione del Tribunale di Foggia (sentenza n. 2482 del 12 ottobre 2023).

Installazione di divisorio del balcone in legno alto due metri, conflitto con il condomino vicino e distanze legali. Fatto e decisione

La vicenda prendeva l'avvio quando una condomina installava pannelli di legno a griglia romboidale sul suo balcone; in particolare, tale manufatto, dell'altezza di 2 mt. circa, era stato collocato in appoggio alla ringhiera divisoria del balcone, dell'altezza approssimativa di 1 mt. Il problema era che il manufatto in questione diventava fonte di discussione con le comproprietarie dell'appartamento vicino; quest'ultime infatti ritenevano che il divisorio in legno le privasse dell'originaria veduta; inoltre erano convinte che l'installazione dei pannelli lignei a griglia romboidale violasse non solo il regolamento condominiale e, in particolare, gli artt. 4 n. 1) e 6, ma anche le norme del codice civile che regolano le distanze tra le costruzioni e il diritto di veduta.

Alla luce di quanto sopra, dopo vari inutili tentativi in via stragiudiziale, si rivolgevano al Tribunale, per sentir accertare l'illegittimità dell'installazione da parte convenuta dei pannelli di legno posti in appoggio alla ringhiera volta a dividere il balcone (perché concretamente idonei ad ostacolare l'esercizio regolare del diritto di veduta) e, conseguentemente, per l'effetto, condannare parte convenuta alla rimozione del manufatto o, perlomeno, ad un suo arretramento nel rispetto della distanza legale.

Le comproprietarie dell'appartamento pretendevano anche la condanna della vicina al risarcimento dei danni nella misura complessiva di € 1.000,00 o di quella minor somma da liquidarsi in via equitativa.

Si costituiva in giudizio la convenuta, chiedendo il rigetto della domanda delle attrici in quanto infondata in fatto e in diritto e sostenendo di aver installato la struttura divisoria al fine di tutelare la propria privacy. Il Tribunale ha dato ragione alle attrici.

Lo stesso giudice ha escluso che la convenuta abbia violato il regolamento condominiale e, in particolare, gli artt. 4 n.1 e 6 (volto a tutelare il decoro del caseggiato), atteso che il pannello ligneo a griglia romboidale dell'altezza di 2 mt. circa appoggiato alla ringhiera e alla facciata, non è risultato compromettere l'estetica e la stabilità del condominio: infatti nel caseggiato altri condomini avevano installato divisori analoghi.

In ogni caso, tra i contrapposti diritto di veduta delle attrici (di inspicere verso il balcone della convenuta e oltre) e diritto alla privacy della convenuta, il Tribunale, ha ritenuto necessario privilegiare la riservatezza della convenuta, consentendole di evitare che le vicine confinanti potessero osservare direttamente a distanza ravvicinata il quotidiano utilizzo della sua porzione balcone e/o del proprio immobile.

Del resto, dalle fotografie dei luoghi, è emerso che le attrici, discostandosi dal confine con la convenuta, oppure avvicinandosi al parapetto del proprio balcone, avrebbero potuto ancora godere di una veduta o di un panorama di quasi uguale ampiezza, rimanendo preclusa totalmente soltanto la vista del balcone confinante.

Ringhiere e divisori dei balconi: quando sono comuni?

Considerazioni conclusive

Le strutture installate da un condomino sul proprio balcone e in aderenza al divisorio comune che divide due proprietà potrebbero impedire la visuale e togliere luce ed aria ad alcuni locali dell'unità immobiliare vicina.

In tal caso si pone il problema di stabilire se deve essere applicata la disciplina prevista dall'art. 1102 c.c. oppure le norme in materia di distanze di luci e vedute.

A tale proposito è stato affermato che qualora il proprietario di un appartamento sito in un edificio condominiale esegua opere sui propri beni facendo uso anche di beni comuni, indipendentemente dall'applicabilità della disciplina sulle distanze, è necessario stabilire se, in qualità di condomino, abbia utilizzato le parti comuni dell'immobile nei limiti consentiti dall'art. 1102 c.c. (Cass. civ., sez. II, 02/12/2019, n. 31412); se il giudice verifica che l'uso della cosa comune è avvenuto nell'esercizio dei poteri e nel rispetto dei limiti stabiliti dall'art. 1102 c.c. a tutela degli altri comproprietari, deve ritenersi legittima l'opera realizzata senza il rispetto delle norme sulle distanze tra proprietà contigue (Cass. civ., sez. II, 19/04/2023, n.10477).

Nel caso esaminato i pannelli appoggiati alla ringhiera dividente il balcone e alla facciata sono risultati rispettosi dei limiti previsti dall'articolo 1102 c.c. e, quindi, legittimi.

In ogni caso la decisione in commento ha riconosciuto la prevalenza del diritto costituzionalmente protetto della vicina convenuta di proteggere la sua riservatezza personale e familiare; del resto il diritto di veduta vantato dalle attrici non è risultato compromesso.

A tale proposito si ricorda che è stata ritenuta illegittima per violazione dell'articolo 1102 c.c. la collocazione di un armadio davanti al pannello divisorio del balcone (ancorato alle doghe del parapetto), struttura che aveva non solo ostruito la visuale all'attrice, ma anche impedito il passaggio della luce dal balcone di pertinenza della vicina (Trib. Sulmona 10 ottobre 2022, n. 216).

Sentenza
Scarica Trib. Foggia 12 ottobre 2023 n. 2482
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