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Il procedimento di sfratto: pagamento canoni e eccezione di deposito cauzionale

Non tutte le domande proposte in sede di procedura di sfratto possono essere accolte, sia per parte attrice, sia per parte convenuta a volte a causa dello scopo dell'istituto preso in considerazione, altre volte per mancanza di prova.
Avv. Anna Nicola 

Queste osservazioni sono prese dal Tribunale di Roma con la decisione n. 14606 del 6 ottobre 2022.

Procedimento di sfratto, pagamento canoni e eccezione di deposito cauzionale: la vicenda

Nel caso di specie si tratta di procedimento di sfratto di un immobile ad uso commerciale per mancato versamento di parte di canoni e spese condominiali a cui il conduttore contrappone eccezione riconvenzionale di compensazione avente ad oggetto il deposito cauzionale e relativi interessi maturati.

Il Giudice analizza subito questa eccezione, osservando che è palesemente illegittima perché, come è noto, nel corso del rapporto locativo non è possibile effettuare alcuna compensazione tra le somme insolute ed il deposito cauzionale in quanto lo scopo del deposito cauzionale è garantire il locatario per eventuali danni riscontrati al momento della riconsegna dell'immobile.

Ma vi è di più perché il convenuto pone in compensazione le somme asseritamente dovute per il deposito cauzionale e gli interessi maturati per un precedente contratto concluso tra le parti, deposito cauzionale che invece - risulta dai documenti prodotti- è stato restituito dal locatore alla scadenza del rapporto contrattuale.

Il deposito cauzionale

Il Tribunale ricorda l'orientamento giurisprudenziale sulla cui base si ritiene che il deposito cauzionale costituisca una forma di garanzia dell'eventuale obbligazione di risarcimento del danno.

Ciò comporta la consegna di denaro o di altre cose mobili fungibili con funzione di garanzia dell'eventuale obbligo di risarcimento a carico del cauzionante: sulla somma o sul valore dei beni ricevuti l'accipiens potrà invero agevolmente soddisfarsi ove la controparte gli abbia cagionato un danno e per l'ammontare del danno stesso.

Da quanto detto si ricava che l'obbligazione del locatore di restituire la cauzione sorge al termine della locazione, quando vi è il rilascio dell'immobile locato.

Se l'accipiens lo trattenga, senza proporre domanda giudiziale per l'attribuzione, in tutto o in parte, dello stesso a copertura di specifici danni subiti o di importi rimasti impagati, il conduttore può esigerne la restituzione. Una volta cessato il rapporto locatizio, ove il conduttore abbia esattamente adempiuto a tutte le obbligazioni assunte, il locatore è tenuto a restituire la somma versata a titolo di deposito cauzionale, maggiorata degli interessi maturati e non corrisposti alle scadenze annuali.

Il deposito cauzionale, esaurita la sua funzione di garanzia in conseguenza dell'adempimento da parte del conduttore di tutte le obbligazioni poste a suo carico, deve essere restituito immediatamente dal locatore.

Quest'ultimo, infatti, non può tardare la restituzione delle somme dovute a titolo di deposito cauzionale neppure quando ritenga di avere un fondato motivo per trattenerle: in tali ipotesi, può solo agire in via giudiziale chiedendone l'attribuzione legittima.

Mancato pagamento canoni o tardivo pagamento

Il tribunale nel caso di specie dà ragione al locatore, ritenendo che la sua domanda sia da accogliere.

Parte attrice attraverso la produzione del contratto di locazione regolarmente registrato, dal quale risulta l'obbligazione del convenuto di corrispondere il canone nei termini espressi nell'atto introduttivo del giudizio, ha dato prova del fatto costitutivo della pretesa azionata.

Il pagamento delle morosità intimate dopo l'introduzione del contraddittorio, qualora avvenga, non costituisce sanatoria, oltre che della morosità intimata, anche della vicenda giuridica relativa alla pretesa di inadempimento, operando in questo caso il principio generale previsto dal terzo comma dell'art. 1453 c.c., il quale esclude che il debitore possa adempiere la propria obbligazione successivamente all'introduzione della domanda di risoluzione contrattuale.

La purgazione della mora successiva alla domanda di risoluzione contenuta nell'intimazione di sfratto non è ostativa, ai sensi del citato articolo 1453 c.c., all'accertamento della gravità del pregresso inadempimento di parte intimata nell'ambito del giudizio ordinario che a tal fine prosegua dopo il pagamento dei canoni scaduti (Cass. 7/3/2001 n. 3341).

Di conseguenza il pagamento in corso di causa, ove avvenga, dei canoni di locazione e degli altri importi scaduti, non esclude la valutazione della gravità dell'inadempimento del conduttore dedotta con l'intimazione di sfratto, in modo particolare ove l'inadempimento in esame sia stato preceduto da altri prolungati, reiterati e ravvicinati ritardi nel pagamento del canone medesimo (Cass. Civ., III Sez. n. 8550/1999).

La valutazione dell'importanza dell'inadempimento nel contratto di locazione, la cui natura giuridica lo pone nell'ambito dei contratti sinallagmatici, va affermata anche in relazione all'esecuzione del contratto secondo buona fede, ai sensi dell'art. 1375 c.c., che impone di evitare il pregiudizio dell'interesse della controparte alla corretta esecuzione dell'accordo ed al conseguimento della relativa prestazione (Cass. Civ. Sez. III, n. 19879/2011).

Pertanto la gravità dell'inadempimento di una delle parti contraenti non va commisurata solamente all'entità del danno, che potrebbe anche non sussistere, ma alla rilevanza della violazione del contratto con riferimento alla volontà manifestata dai contraenti, alla natura ed alla finalità del rapporto, nonché al concreto interesse dell'altra parte all'esatta e tempestiva prestazione.

Le omissioni poste in essere dal conduttore hanno penalizzato il locatore sotto l'aspetto economico del dedotto inadempimento ed hanno evidenziato come il comportamento posto in essere dal medesimo, in relazione all'interesse concreto del locatore al puntuale pagamento dei canoni, abbia inciso in modo decisivo sull'economia complessiva del rapporto, tanto da determinare uno squilibrio nel sinallagma funzionale (Cass. Civ. Sez. III, n. 15363/2010).

L'inadempimento del conduttore configura infatti una rilevante alterazione del sinallagma contrattuale, tale da determinare la risoluzione del contratto ex art. 1455 c.c., in conformità al consolidato orientamento della giurisprudenza secondo cui "in tema di risoluzione per inadempimento, la valutazione, ai sensi e per gli effetti dell'art. 1455 c.c., della non scarsa importanza dell'inadempimento deve ritenersi implicita ove l'inadempimento stesso si sia verificato con riguardo alle obbligazioni primarie ed essenziali del contratto, quale, in materia di locazioni, quella del pagamento del canone" (Cass. 1/10/2004 n. 19652).

Il pagamento del canone costituisce la principale e fondamentale obbligazione del conduttore, al quale non è consentito astenersi dal pagamento del corrispettivo e neppure ritardarne la corresponsione e ciò perché la sospensione totale o parziale dell'adempimento di detta obbligazione, così come il ritardo dello stesso, legittima l'applicazione dell'art. 1460 c.c. solamente quando venga completamente a mancare la prestazione della controparte che come noto, si sostanzia nel consentire il pieno godimento del bene immobile oggetto del contratto di locazione.

Nel caso di specie non vi è contestazione in merito alla circostanza che la parte conduttrice abbia continuato a godere dell'immobile mantenendolo nella propria piena disponibilità, tanto da indurre parte attrice a domandarne il rilascio in corso di causa.

Sentenza
Scarica Trib. Roma 6 ottobre 2022 n. 14606
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