Il tema è trattato dal Tribunale di Roma con la decisione n. 14323 del 4 ottobre 2022.
Locazione abitativa ed accordi territoriali: il caso di specie
Nello specifico la conduttrice cita in giudizio la proprietaria locatrice al fine di far accertare che il canone è come da accordi territoriali e quindi conseguire la restituzione di quanto versato in eccesso rispetto adesso.
Sulla base degli stessi afferma che tenuto conto delle dimensioni, del poco mobilio, e via dicendo il canone avrebbe dovuto essere di un certo importo, molto inferiore a quello risultante da contratto.
Fallita la mediazione, il giudice ha disposto l'effettuazione di una c.t.u. al fine di accertare la corrispondenza del canone di locazione stabilito nel contratto ai criteri di calcolo stabiliti nel menzionato accordo territoriale di Roma del 2004.
Con note autorizzate la difesa della conduttrice ha rinunciato alla richiesta di determinazione del canone di locazione nella fascia minima.
Le parti hanno discusso oralmente la causa in sede di udienza a cui è seguita la decisione del giudice con lettura del dispositivo.
Si riporta qui di seguito il ragionamento del giudice.
Ragionamento giudiziale sulla validità del canone concordato
Per prima cosa premette:
- che il contratto in esame, come si evince dalla copia in atti, venne stipulato con canone concordato ai sensi dell'art.2, comma 3, della legge 431/1998;
- che l'art.13 della citata legge 431/1998, in relazione ai contratti di locazione stipulati a canone concordato ai sensi dell'art.2, comma 3, stabilisce la nullità di ogni pattuizione volta ad attribuire al locatore un canone superiore a quello massimo definito dagli accordi conclusi in sede locale per immobili aventi le medesime caratteristiche e appartenenti alle medesime tipologie;
- che la difesa della conduttrice, ai sensi del suddetto art.13, ha rettificato la propria originaria domanda chiedendo la ripetizione delle somme asseritamente pagate in misura maggiore al maggior canone previsto dagli accordi territoriali;
- che l'assunto della conduttrice di aver corrisposto alla locatrice una certa somma a titolo di canone non è stato oggetto di contestazione.
Valutazione tecnica della superficie e dei canoni
Peraltro il CTU ha accertato dal punto di vista tecnico quanto richiede la normativa e quindi:
- che l'intera superficie calpestabile del suddetto immobile è pari a 49,95 mq, da aumentarsi a 57,44 per effetto dell'aumento del 15% previsto per gli alloggi di superficie compresa tra 46 e 70 mq;
- che il 25% delle superfici calpestabili del balcone e della soffitta è pari a 0,54 mq;
- che ai suddetti 57,44 mq debbono sommarsi 0,54 mq (pari al 25% delle superfici del balcone e della soffitta), 1,49 mq (pari al 10% della superficie condominiale a verde corrispondente alla quota millesimale dell'unità immobiliare di 0,3147 millesimi) e 0,03 mq (pari alla tolleranza prevista per l'intera superficie calpestabile), per complessivi 59,50 mq;
- che l'immobile è ubicato in una determinata fascia e subfascia dove vi è oscillazione dei canoni comportante un canone pari ad € 8,35 - € 9,90/mq per la ricorrenza dei seguenti parametri: cortile attrezzato a verde; balcone; stabile ristrutturato negli ultimi 10 anni; cucina abitabile con finestra; citofono; antenna centralizzata; palazzina non superiore a quattro piani con un massimo di tre appartamenti al piano;
- che in caso di appartamento ammobiliato i canoni così ottenuti si sarebbero potuti aumentare fino al 20%;
- che applicando i suddetti criteri di calcolo, e rivalutando in base agli indici ISTAT al 75% i valori della citata subfascia di oscillazione dei canoni, si ottiene un canone massimo di € 684,47 da aumentarsi ad € 821,17 per il mobilio;
- che svolgendo lo stesso calcolo senza alcuna rivalutazione si ottiene un canone massimo di € 589,04 da aumentarsi ad € 706,92 per il mobilio.
Implicazioni della mancanza di rivalutazione annuale
Ciò posto, ritiene questo giudice che, diversamente da quanto ritenuto dalla difesa della locatrice, la determinazione del canone in questione vada effettuata senza previa rivalutazione dei valori della fascia di oscillazione dei canoni, dovendosi considerare:
- che il decreto del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti del 30.12.2002, contenente i criteri guida per la stipulazione degli accordi in sede locale (emesso a seguito del mancato accordo unitario tra le organizzazioni rappresentative dei proprietari e degli inquilini sull'aggiornamento della convenzione nazionale dell'8.2.1999), non prevede, tra un accordo territoriale e il successivo, alcuna automatica rivalutazione annuale dei valori delle fasce di oscillazione dei canoni;
- che neppure l'accordo territoriale stipulato per la città di Roma il 28.1.2004 in attuazione del citato decreto ministeriale 30.12.1999 (applicabile ratione temporis al contratto in esame) ha previsto alcuna rivalutazione annuale dei valori delle fasce di oscillazione, avendo unicamente previsto la rivalutazione annuale in ragione del 75% degli indici ISTAT dei canoni concordati nei contratti di locazione, previa richiesta da parte del locatore (v. allegato D);
- che la rivalutazione dei valori delle fasce di oscillazione sulla base della variazione assoluta degli indici ISTAT è stata prevista solamente dall'accordo territoriale per Roma del 27.2.2019 (non applicabile al caso in esame), qualora, alla scadenza del termine triennale stabilito per la sua validità (termine assente nel precedente accordo territoriale), detto accordo non venga rinnovato (nel qual caso è prevista l'applicazione dei valori di fascia del cessato accordo a rivalutarsi come sopra specificato).
Giustificazione dell'incremento del 20% sul canone
Per quanto poi concerne l'applicato aumento del 20%, contestato dalla difesa della ricorrente, ritiene questo giudice che il CTU abbia correttamente applicato detto aumento, dovendosi al riguardo considerare:
- che il contratto stipulato dalle parti ha espressamente indicato come ammobiliato l'appartamento oggetto della locazione;
- che l'assunto della difesa della ricorrente, secondo cui detto aumento spetterebbe in misura non superiore al 5% in quanto l'appartamento sarebbe stato ammobiliato solo in parte, non è risultato suffragato da alcuna prova, non essendo stato prospettato sul punto alcun mezzo istruttorio.
Sulla base di quanto sopra esposto, esclusa quindi la rivalutazione dei valori della fascia di oscillazione e considerato un aumento del canone del 20% per il considerato un aumento del canone del 20% per il mobilio, si otterrà un canone mensile di € 706,92 in luogo del canone contrattuale mensile di € 1.050,00; con la conseguenza che la conduttrice, nei 18 mesi qui in esame, avrebbe dovuto corrispondere alla locatrice complessivamente € 12.724,56 (€ 706,92 x 18) anziché gli € 18.900,00 effettivamente pagati (€ 1.050,00 x 18).
Restituzione delle somme non dovute alla conduttrice
Per effetto della nullità sancita dall'art.13 della Legge 431/1998, la proprietaria dovrà quindi restituire alla conduttrice, a titolo di ripetizione d'indebito, la differenza fra i suddetti importi, pari ad € 6.175,44 da maggiorarsi degli interessi legali dalla domanda al saldo.