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Distanze tra fabbricati: quali sono e come si calcolano

Distanze minime tra edifici secondo il codice civile e le leggi speciali: quali sono e quale metodo si usa per calcolarle?
Avv. Mariano Acquaviva - Foro di Salerno 

La legge italiana in materia edilizia è piuttosto rigida e particolareggiata. Per poter edificare un nuovo edificio occorre rispettare una serie davvero complessa di norme, ivi comprese quelle che riguardano la distanza tra costruzioni. Con il presente contributo vedremo quali sono le distanza tra fabbricati e come si calcolano.

Distanze tra fabbricati: quali sono?

Secondo l'art. 873 del codice civile, le costruzioni su fondi finitimi, se non sono unite o aderenti, devono essere tenute a distanza non minore di tre metri. Nei regolamenti locali può essere stabilita una distanza maggiore (in genere, pari a cinque metri).

In relazione al significato della locuzione "fondi finitimi", la giurisprudenza (Cassazione civile, sez. II, 09 aprile 1987, n. 3497) ha precisato che questi ultimi non devono necessariamente essere confinanti. Dunque, la distanza minima tra le costruzioni si applica anche a quelle che sorgono su fondi non propriamente confinanti, ma comunque vicini.

La misura di tre metri, si badi, riguarda la distanza tra costruzioni su fondi confinanti e non tra una costruzione ed il confine del fondo (Cass. civ., Sezione II, 30 agosto 2017, n. 20529).

La disposizione adotta il parametro della prevenzione temporale: chi, nella qualità di proprietario, costruisce per primo, sceglie la distanza che il suo vicino dovrà rispettare.

Distanze tra fabbricati: rapporti tra art. 873 c.c. e D.M. n. 1444/1968

Come appena detto, l'art. 873 del codice civile stabilisce che la distanza minima tra una costruzione e l'altra deve essere di 3 metri. Per quanto riguarda, invece, le distanze tra edifici antistanti aventi almeno una parete finestrata, l'art. 9 del dm. 1444/1968 prescrive una distanza minima assoluta di 10 metri.

Secondo il Consiglio di Stato (sentenza n. 6136/2019), la distanza di 10 metri tra pareti finestrate va rispettata in modo inderogabile, trattandosi di norma finalizzata non alla tutela della riservatezza, bensì a impedire la formazione di intercapedini nocive sotto il profilo igienico-sanitario.

La Corte di Cassazione (Cass. civ., SS.UU., sent. n. 10318 del 19 maggio 2016) ha chiarito che i regolamenti locali possono stabilire distanze dal confine differenziate in relazione a diverse tipologie di manufatti, fermi restando i limiti della distanza minima fra costruzioni dettati dal codice civile e dal D.M. 2 aprile 1968, n.1444.

Dunque, il rapporto tra le fonti è il seguente:

  • il D.M. n. 1444/1968 disciplina la distanza tra fabbricati ed edifici in termini pubblicistici al fine di evitare la formazione di intercapedini dannose. In virtù dell'art. 5, comma 1, lettera b-bis), della legge n. 55 del 2019, le distanze ivi contenute si considerano riferite esclusivamente alle zone omogenee destinate a nuova edificazione («zone C»), non anche alle zone totalmente o parzialmente edificate;
  • l'art. 873 c.c. risulta integrato dall'art. 9 del d.m. 1444/1968, il quale disciplina la distanza tra fabbricati ed edifici in termini pubblicistici al fine di evitare la formazione di intercapedini dannose sotto il profilo della salubrità e della sicurezza.

Distanze tra fabbricati separati da strade

Le distanze minime tra fabbricati tra i quali siano interposte strade destinate al traffico dei veicoli (con esclusione della viabilità a fondo cieco al servizio di singoli edifici o di insediamenti) devono corrispondere alla larghezza della sede stradale aumentata di:

  • 5 metri per lato, per strade di larghezza inferiore a 7 metri;
  • 7,50 metri per lato, per strade di larghezza compresa tra 7 e 15 metri;
  • 10 metri per lato, per strade di larghezza superiore a 15 metri.

Costruzioni in aderenza e comunione forzata del muro

Chi intende costruire sul proprio fondo può scegliere tre strade diverse:

    • attenersi alla distanza minima dei tre metri (o maggiore, se stabilita dalla regolamentazione locale);
    • chiedere la comunione forzosa del muro sul confine (artt. 874 e 875 del codice civile);
    • costruire in aderenza, ai sensi dell'art. 877 c.c.

Che cosa può succedere quando la tettoia viene edificata in violazione delle norme sulle distanze

Secondo la norma da ultimo citata, il vicino, senza chiedere la comunione del muro posto sul confine, può

costruire sul confine stesso in aderenza, ma senza appoggiare la sua opera a quella preesistente.

La costruzione in aderenza senza appoggio si attua con l'edificazione di un muro che combaci perfettamente con quello del vicino, senza che si creino intercapedini e senza giovarsi della precedente opera.

Così facendo, il muro resta autonomo, sia dal punto di vista statico che funzionale.

In luogo dell'edificazione in aderenza, il proprietario del fondo confinante può chiedere la comunione del muro posto sul confine, acquisendo così la proprietà di detta opera per realizzare la propria costruzione.
Per ottenere la comunione forzosa, il confinante deve pagare la metà del valore del muro, o della parte di muro resa comune, e la metà del valore del suolo su cui il muro è costruito.

Deve inoltre eseguire le opere che occorrono per non danneggiare il vicino.

Le distanze delle luci dal fondo altrui


Secondo il codice civile, le luci (cioè le aperture che consentono il passaggio di luce ed aria, senza però consentire l'affaccio sul fondo vicino) non devono rispettare delle distanze e possono anche essere disposte sul muro di confine tra le due abitazioni.

Tuttavia il legislatore richiede che queste debbano essere munite di inferriata o grata.

Al contrario, le vedute (le aperture che permettono di affacciarsi e guardare di fronte, obliquamente o lateralmente), se dirette o frontali, possono essere aperte solo ad una distanza di un metro e mezzo dal fondo del vicino (art. 905 c.c.), mentre quelle laterali od oblique a non meno di settantacinque centimetri dal più vicino lato della finestra (art. 906 c.c.).

Il rispetto di questa distanza viene meno allorquando tra i due fondi vicini vi è una via pubblica.

Quando il limite della distanza tra costruzioni può essere derogato?

Distanze tra fabbricati: come si calcolano?


Secondo la Suprema Corte (sentenza n. 10580/2019), la distanza tra edifici va calcolata in modo lineare e non radiale, come avviene invece per le distanze rispetto alle vedute.

Cosa significa?

La distanza con metodo lineare è rappresentata dal minimo distacco delle facciate di un fabbricato da quelle dei fabbricati che lo fronteggiano.

La misurazione deve essere fatta come se le facciate avanzassero parallelamente verso l'edificio che si trova di fronte.

La distanza calcolata secondo il metodo radiale (utilizzato per le distanze tra vedute) rappresenta, invece, la minima distanza intercorrente tra due fabbricati.

In tal caso la direzione da considerare non è quella dettata dall'inclinazione delle fronti (come nel metodo lineare), ma quella che fornisce la distanza minore.
In altre parole, la distanza lineare misura il distacco tra le facciate di due edifici e si ottiene tracciando una linea perpendicolare alla facciata di un edificio che arriva a toccare l'altro fabbricato.

La distanza radiale rappresenta invece la distanza minima tra i due edifici e la si ottiene congiungendo i punti più vicini dei due edifici.
È dunque chiaro che:

  • se gli edifici sono disposti in modo parallelo, la distanza lineare coincide con la radiale;
  • in caso contrario, la distanza radiale è sempre minore di quella lineare.

Due fabbricati non paralleli possono risultare distanti 3 metri calcolando la distanza col metodo lineare, ma la distanza radiale sarà minore.

Imporre una distanza radiale di 3 metri significherebbe far arretrare uno dei due fabbricati. Il metodo di calcolo radiale è quindi più restrittivo.

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