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Esecuzione di lavori di manutenzione del lastrico solare e del fabbricato: cosa fare se l'assemblea non delibera?

In caso di inerzia dell'assemblea condominiale, il singolo condomino può rivolgersi al giudice non in sede contenziosa, ma di volontaria giurisdizione, ai sensi dell'art. 1105 comma 4 c.c.
Avv. Eliana Messineo 

Può accadere che l'assemblea dei condòmini non riesca a deliberare l'esecuzione di lavori di manutenzione straordinaria pur ritenendoli necessari al fine di ripristinare le condizioni di sicurezza e di decoro del fabbricato e che, pur sussistendo una unanime e generica volontà dei condomini di programmare interventi di manutenzione delle parti comuni, l'esecuzione non venga mai concretamente deliberata.

Si tratta di una situazione di stallo in cui, nonostante la necessità di effettuare lavori di risanamento dello stabile, l'assemblea non delibera o la deliberazione non viene eseguita.

Cosa può fare allora il singolo condomino quando la maggioranza si disinteressa della gestione non partecipando alle assemblee o non deliberando i provvedimenti necessari alla cosa comune?

La norma di riferimento è quella di cui all'art. 1105 comma 4 c.c. secondo cui "Se non si prendono i provvedimenti necessari per l'amministrazione della cosa comune o non si forma una maggioranza, ovvero se la deliberazione adottata non viene eseguita, ciascun partecipante può ricorrere alla autorità giudiziaria. Questa provvede in camera di consiglio e può anche nominare un amministratore".

Sul punto, la giurisprudenza ha chiarito, in diverse occasioni, che in caso di inerzia degli organi del condominio che paralizzi la gestione della cosa comune, il singolo condomino può ricorrere al giudice perché adotti gli opportuni provvedimenti in sede di volontaria giurisdizione (deliberare o eseguire un atto di amministrazione); tuttavia, è precluso al singolo partecipante di rivolgersi al giudice in sede contenziosa ossia di agire per ottenere nei confronti di un condomino o del condominio stesso la condanna a realizzare le opere ritenute necessarie.

La questione di recente è stata affrontata dal Tribunale di Grosseto con la sentenza n. 25 del 8 gennaio 2024 che ha richiamato il costante orientamento giurisprudenziale in materia.

Esecuzione di lavori di manutenzione del lastrico solare e del fabbricato: cosa fare se l'assemblea non delibera? Fatto e decisione

Alcuni proprietari di unità immobiliari facenti parte di un caseggiato condominiale agivano in giudizio al fine di ottenere l'accertamento e la declaratoria della responsabilità esclusiva dei condòmini convenuti per tutti i danni da questi ultimi cagionati alle parti condominiali del fabbricato nonché alla proprietà esclusiva di uno degli attori in conseguenza della mancata manutenzione del lastrico solare in uso esclusivo ai convenuti.

Secondo le allegazioni di parte attrice, in seguito all'incuria e alla trascuratezza del lastrico solare da parte dei convenuti si erano verificate, all'interno dell'appartamento di proprietà di una condomina una serie d'infiltrazioni che avevano interessato anche parti condominiali, determinando la formazione di muffe, oltre al deterioramento delle parti murarie e della mobilia presente nell'immobile.

Gli attori rappresentavano che i convenuti nel corso degli anni avevano sempre negato il loro consenso all'esecuzione d'interventi di carattere condominiale finalizzati alla manutenzione del fabbricato: interventi che avrebbero evitato non solo le lesioni e i danni subiti dall'appartamento della condomina ma anche quelli dell'intero condominio.

Costituitisi in giudizio, i convenuti negavano di avere tenuto la condotta negligente ed incurante attribuita loro da parte attrice rappresentando di essersi sempre preoccupati e fatti carico delle problematiche relative all'edificio e di aver manifestato più volte la propria disponibilità a svolgere i lavori urgenti e di messa in sicurezza dell'immobile.

I convenuti, pertanto, concludevano per il rigetto delle domande attoree nonché svolgevano domanda in via riconvenzionale al fine di ottenere un provvedimento giurisdizionale volto a disporre l'esecuzione dei lavori necessari ed urgenti: sistemazione del lastrico solare e ripristino dell'appartamento della condomina attrice con suddivisione dei costi e delle spese a carico dei singoli condomini pro-quota, secondo le ripartizioni condominiali previste per legge.

Il Tribunale ha dichiarato inammissibili le domande attoree di condanna alla immediata esecuzione dei lavori di ripristino e sistemazione del lastrico solare ivi compresi quelli relativi al decoro, così come indicati nella CTU redatta nel procedimento di ATP che aveva preceduto il giudizio de quo.

Secondo il Tribunale, in mancanza di una delibera assembleare di esecuzione di lavori di manutenzione del lastrico solare, il singolo condomino non può agire nei confronti del condominio o dei condomini con una causa ordinaria e/o con un ricorso di urgenza per ottenere, nei confronti di altro condomino o del condominio stesso, una condanna ad un "facere" consistente nella realizzazione delle opere di conservazione ritenute necessarie, potendo lo stesso soltanto sperimentare il ricorso all'autorità giudiziaria agli effetti dell'art. 1105, comma 4, c.c. ossia rivolgendosi al giudice in sede di volontaria giurisdizione ( e non in sede contenziosa) affinché intervenga per supplire ad un difetto di funzionamento degli organi del condominio che paralizzano la gestione della cosa comune.

Conseguentemente, è stata dichiarata inammissibile anche la domanda in via riconvenzionale dei convenuti volta ad ottenere l'adozione di un provvedimento giurisdizionale di disposizione dell'esecuzione dei lavori necessari ed urgenti.

Il Giudice ha, pertanto, analizzato soltanto la domanda volta ad ottenere l'accertamento della responsabilità dei convenuti per i danni all'immobile della condomina di parte attrice causati dalle infiltrazioni originatesi dal lastrico solare in uso esclusivo ai convenuti condannando questi ultimi al risarcimento dei danni.

La manutenzione del lastrico solare è obbligo del condominio

Considerazioni conclusive

in caso di inerzia o di incuria nella gestione delle cose comuni, ossia allorquando l'assemblea condominiale non sia convocata o manchi la formazione di una volontà maggioritaria ovvero la deliberazione adottata resti ineseguita, il singolo condomino potrà rivolgersi al giudice non già in sede contenziosa, ma di volontaria giurisdizione, ai sensi dell'art. 1105 c.c.

L'art. 1105 comma 4 c.c. prevede, infatti, che "se non si prendono i provvedimenti necessari per l'amministrazione della cosa comune o non si forma una maggioranza, ovvero se la deliberazione adottata non viene eseguita, ciascun partecipante può ricorrere all'autorità giudiziaria. Questa provvede in camera di consiglio e può anche nominare un amministratore".

La suddetta disciplina dettata in materia di comunione, ma pacificamente ritenuta applicabile anche nel condominio per effetto del rinvio disposto dall'art. 1139 c.c., conferisce a ciascun condomino il potere di sollecitare l'intervento dell'autorità giudiziaria a tutela dell'interesse comune.

In altri termini, in materia di gestione condominiale, il ricorso all'autorità giudiziaria ex art. 1105 c.c. presuppone una situazione di assoluta inerzia in ordine alla concreta amministrazione della cosa comune per mancata assunzione dei provvedimenti necessari o per assenza di una maggioranza o per difetto di esecuzione della deliberazione adottata.

L'intervento del magistrato, in questi casi, risponde essenzialmente a finalità suppletive, in quanto si riconnette ad una situazione di inerzia dei partecipanti al condominio, che viene a determinarsi o nella fase deliberativa o in quella meramente attuativa di una statuizione già presa, ed è strettamente correlato al determinarsi di una necessità rispetto alla quale l'organo gestorio non possa o non voglia adottare gli opportuni provvedimenti (Cfr. Trib. Modena 24 febbraio 2009).

Ne consegue che, in caso di inerzia nella gestione delle cose comuni, non può riconoscersi al singolo condomino un'azione per ottenere, nei confronti di altro condomino o del condominio stesso, una condanna ad un "facere" consistente nella realizzazione delle opere di conservazione ritenute necessarie, potendo lo stesso soltanto sperimentare il ricorso all'autorità giudiziaria agli effetti dell'art. 1105, comma 4, c.c.

In tal senso, la giurisprudenza ha stabilito che "poiché non v'è dubbio che gli atti di conservazione dei beni comuni rientrano tra gli atti di amministrazione, non è possibile che il giudice, adito in via contenziosa, decida se un determinato atto di conservazione debba compiersi o non, come esso debba eventualmente compiersi e, quindi, se ed in quali limiti una determinata spesa debba essere sostenuta, poiché, così facendo, il giudice sostituirebbe la propria volontà a quella dei condomini, ai quali soltanto compete il diritto - dovere di concorrere alla amministrazione della cosa comune" (Cfr. Corte di Cassazione, Sez. 2, Sentenza n. 7613 del 1997).

Sentenza
Scarica Trib. Grosseto 8 gennaio 2024 n. 25
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