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Distacco dall'impianto centralizzato e modifica illecita del criterio di ripartizione delle spese

È illegittima la delibera assembleare che modifica i criteri di ripartizione delle spese di riscaldamento incidendo così sui riparti già approvati.
Avv. Mariano Acquaviva 

La legge consente a ogni condomino di distaccarsi dall'impianto centralizzato di riscaldamento o di condizionamento, purché da tale operazione non derivino notevoli problemi di funzionamento o aggravi di spesa per gli altri condòmini.

Si tratta di principio ben noto che, però, può trovare applicazione solo se sussiste una valida perizia tecnica che esclude pregiudizi per gli altri proprietari.

È proprio su questo punto che, quasi sempre, si gioca la partita sulla fondatezza o meno dell'azione giudiziaria intrapresa contro chi si è distaccato.

Una recente sentenza del Tribunale di Roma (n. 18141 del 22 novembre 2021) ha affrontato non solo questo aspetto, ma quello ulteriore della ripartizione delle spese di riscaldamento a seguito del distacco da parte di uno dei condòmini.

Come vedremo di qui a un istante, il problema riguardava la legittimità di una delibera condominiale che, dopo aver ratificato il distacco operato anni prima da uno dei proprietari, decideva di rivedere la ripartizione delle spese di riscaldamento alla luce proprio dell'avvenuto distacco, modificando così consuntivi già approvati.

L'impugnazione della delibera che approva il distacco e modifica i criteri di riparto delle spese

Oggetto di impugnazione innanzi al giudice capitolino era una delibera assembleare che:

  • ratificava il distacco dall'impianto centralizzato di riscaldamento effettuato diversi anni prima da uno dei condòmini, sulla scorta della perizia prodotta dall'interessato;
  • derogando all'art. 1123 c.c., modificava il criterio di ripartizione delle spese di riscaldamento, incidendo così anche sui riparti già approvati nelle precedenti gestioni.

    In tal modo, l'assemblea riteneva di riparare al fatto che il condomino distaccato avesse pagato più di quanto avrebbe dovuto.

I motivi dell'impugnazione

Contro la deliberazione sopra descritta veniva proposta impugnazione sulla scorta dei seguenti motivi:

  • l'assemblea avrebbe approvato il distacco sulla base di una perizia di parte, non attendibile e non fatta visionare preventivamente ai partecipanti al consesso;
  • la deliberazione non avrebbe potuto agire retroattivamente, modificando i criteri di ripartizione sui quali si erano fondati riparti oramai approvati e, quindi, definitivi.

La decisione sulla legittimità del distacco

Il Tribunale di Roma, con la sentenza in commento (n. 18141 del 22 novembre 2021), rigetta il primo motivo di impugnazione, cioè quello riguardante la presunta illegittimità del distacco.

La bontà della perizia di parte risulta infatti confermata dall'elaborato peritale del Ctu nominato nel giudizio, il quale ha comprovato che dal distacco non sono derivati notevoli problemi di funzionamento o aggravi di spesa per gli altri condòmini.

Secondo la sentenza in commento, il distacco dall'impianto centralizzato di riscaldamento o di condizionamento è un vero e proprio diritto di ogni condomino, subordinato soltanto alla verifica del requisito tecnico sopra visto, e cioè che l'operazione non arrechi pregiudizio al resto della compagine.

Una volta appurata l'insussistenza di danni per gli altri, non è possibile in alcun modo impedire il distacco. Così testualmente la sentenza in commento: «La portata della norma, dunque, lascia al giudice solo la verifica dell'esistenza delle condizioni che determinano la legittimazione al distacco e del conseguente onere probatorio assolto dal condomino distaccante.

Invero, affinché il distacco possa dirsi operante e legittimato per ottenere l'esonero dal pagamento delle spese per il consumo non è sufficiente che il condomino si distacchi, ma deve anche fornire la prova che il distacco non comporti aggravio di spese né squilibrio termico».

Da tali osservazioni può, dunque, concludersi che il distacco operato dall'attrice può definirsi legittimamente e validamente effettuato. Davanti a una perizia tecnica regolare, infatti, altro non avrebbe potuto fare il condominio se non prendere atto della legittimazione del distacco consentito al singolo condomino.

Né il condomino impugnante può lagnarsi del fatto che non abbia potuto prendere visione di detta perizia prima della riunione assembleare oppure che non abbia avuto il tempo di esaminarla approfonditamente.

Vale la pena di rammentare che il codice disciplina il diritto di ciascun condomino di prendere visione dei documenti condominiali tra cui anche quelli da sottoporre al vaglio dell'assemblea ed oggetto di apposita discussione; la modalità di accesso a tali documenti è regolata espressamente (cfr. artt. 1129, secondo comma, c.c. e 1130-bis, primo comma, c.c.), mentre nessun obbligo di allegazione (tranne che ciò non sia previsto nel regolamento condominiale) è previsto per l'amministratore se non quello sancito dall'art. 66, terzo comma, disp. att. c.c., avendo questi il solo obbligo di ben individuare le questioni che saranno approfondite in riunione.

Poiché in atti non è stata rinvenuta alcuna espressa richiesta di esaminare la documentazione da parte dell'attore, né quest'ultimo ha dedotto la circostanza di un rifiuto opposto dall'amministratore, deve ritenersi infondato anche questo motivo.

I nuovi criteri di ripartizione delle spese alla luce del D.lg. 73/2020

La modifica dei riparti già approvati: la decisione

È invece meritevole di accoglimento il motivo di impugnazione relativo alla modifica dei criteri di ripartizione della spesa di riscaldamento già oggetto di approvazione nelle gestioni precedenti.

L'assemblea, accettando la proposta avanzata dal condomino distaccatosi di ridurre del 40% gli oneri di gestione del riscaldamento riferiti ad annualità pregresse, con consuntivi già approvati e ripartiti, ha evidentemente commesso una illegittimità che giustamente deve essere rilevata.

Il tribunale di Roma rammenta come i criteri di riparto di cui all'art. 1123 c.c. non possano essere modificati dall'assemblea; solo una diversa convenzione, contenuta nel regolamento o adottata all'unanimità dei condòmini, consente la deroga alla regola generale per cui le spese di gestione vanno ripartite fra i condòmini in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno.

La convenzione, per assumere valore legittimante una ripartizione delle spese diversa da quella che conseguirebbe all'applicazione dei criteri legali, deve essere approvata non dalla maggioranza, ma dall'unanimità dei condòmini; ciò in evidente correlazione con la sua natura contrattuale (ex multis, Cass., sent. n. 6010/2019).

Tra l'altro, la delibera impugnata che ha approvato una riduzione delle spese del riscaldamento a carico del condomino distaccatosi, si riferisce ad anni di gestione in cui non era stato né chiesto né documentato e provato l'avvenuto distacco dall'impianto.

La delibera va considerata dunque invalida (nello specifico, annullabile) limitatamente alla parte in cui ha approvato la richiesta del condomino distaccatosi di ridurre le quote di sua spettanza riferite alle gestioni riscaldamento precedenti, incidendo così illegittimamente sui criteri di ripartizione di cui all'art. 1123 c.c. e sui bilanci già approvati.

Impianto centralizzato di riscaldamento: un caso particolare

Sentenza
Scarica Trib. Roma 22 novembre 2021 n.18141
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