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Compravendita: il mediatore ha sempre diritto al compenso?

Presupposti per esercitare l'attività di mediazione.
Avv. Adriana Nicoletti 

Chi di noi per vendere oppure per concedere in locazione un immobile non si è mai rivolto ad una agenzia immobiliare per trovare il soggetto interessato a soddisfare le nostre aspettative? E non è per nulla raro che il soggetto interpellato per portare a termine l'affare sia anche una persona fisica.

In entrambi i casi, colui che mette in relazione due o più parti per la conclusione di un contratto è il "mediatore": una figura super partes in quanto non legata ad alcuna di esse da rapporti di collaborazione, di dipendenza o di rappresentanza. In sintesi l'intermediario deve essere imparziale, ma anche professionale.

La mediazione, che è disciplinata dagli artt. 1754 - 1765 del Codice civile, trova nella Legge 03 febbraio 1989, n. 39 e successive modificazioni ulteriori disposizioni destinate a "coloro che svolgono o intendono svolgere l'attività di mediazione, anche se esercitata in modo discontinuo o occasionale" (art. 2).

L'elemento indispensabile per l'esercizio dell'attività, anche se in modo discontinuo o occasionale, è costituito dall'obbligo di dichiarazione di inizio attività, corredata dalle certificazioni attestanti il possesso dei requisiti prescritti, da presentare alla camera di commercio (ai sensi dell'art. 73 d.lgs. n. 59/2010), che ha sostituito il precedente obbligo di iscrizione del mediatore nei ruoli tenuti presso le camere di commercio, la cui eliminazione, tuttavia, non ha abrogato la tassatività della legge del 1989, che ha disegnato un quadro normativo non derogabile dalla volontà delle parti.

Questo presupposto non elide la necessità che, in via generale, il mediatore è chiamato a prestare idonea garanzia assicurativa a copertura dei rischi professionali ed a tutela dei clienti, mentre per gli agenti immobiliari che abbiano violato tale obbligo è stata prevista una specifica sanzione amministrativa compresa tra euro 3.000 ed euro 5.000 (art. 3, n. 5 bis).

L'attività del mediatore ai fini della conclusione dell'affare

La nozione di affare ha una precisa connotazione: ovvero "qualsiasi operazione di natura economica generatrice di un rapporto obbligatorio tra le parti, anche se articolatasi in una concatenazione di più atti strumentali, purché diretti nel loro complesso a realizzare un unico interesse economico", indipendentemente dai soggetti implicati (Cass. 24 gennaio 2024, n. 2389)

Un momento in cui potrebbero sorgere contestazioni è quello che coincide con il pagamento della provvigione che spetta al mediatore ai sensi dell'art. 1755 c.c. quando si verificano delle circostanze per le quali la vendita (o la locazione) sia stata conclusa a distanza di un tempo rilevante tra gli stessi soggetti che erano state parti nella mediazione interrotta ed alle stesse condizioni contenute nella proposta formulata dall'acquirente.

La questione è, quindi, quella di stabilire se il trascorrere di un ragguardevole lasso di tempo possa legittimare la/le parti a negare al mediatore il diritto al compenso, come se la vendita poi intervenuta non fosse ricollegabile all'attività iniziale svolta dal mediatore stesso.

Per quanto disposto dall'art. 1755 c.c. per provare se il pagamento debba avvenire in ragione dell'attività effettivamente svolta dal mediatore è necessario dimostrare che la conclusione dell'affare sia il frutto dell'adeguato intervento dell'intermediario, poiché "l'aver messo le parti in relazione tra loro non è di per sé sufficiente a conferire all'intervento il carattere di adeguatezza".

Questo presupposto indispensabile per pervenire alla perfezione del contratto non necessariamente deve essere accompagnato dalla presenza attiva del mediatore nella fase delle trattative, ma deve essere tale da far ritenere che senza l'incontro delle parti il contratto non si sarebbe concluso (giurisprudenza costante. Cfr. Cass. 02 febbraio 2023, n. 3165; Cass. 08 aprile 2022, n. 11443).

Condizioni per il riconoscimento della provvigione

L'art. 1754 c.c., imprescindibilmente legato all'art. 1755 c.c., stabilisce una ideale linea diretta tra la messa in relazione dei futuri contraenti, l'affare (perfezionato con le modalità ora richiamate) ed il diritto alla provvigione. Il punto di partenza rimane sempre la proposta di acquisto formulata e sottoscritta dal compratore.

Il nucleo della questione è rappresentato - come accennato - dalla circostanza se, una volta non accettata la proposta, maturi il diritto del mediatore al compenso allorché la vendita tra gli stessi soggetti avvenga anche dopo anni.

Sussistono dei dati oggettivi che sono stati ritenuti determinanti per non negare tale riconoscimento, quali l'identità delle parti; la mancanza di un significativo mutamento delle condizioni di vendita e l'identità o quasi del corrispettivo.

Per quanto concerne il fattore tempo, poi, è stato reputato che il solo decorso di un periodo, anche ampio, senza pervenire alla conclusione dell'affare non è da considerarsi elemento idoneo a determinare la rescissione del nesso di causalità tra attività del mediatore e l'affare medesimo allorché gli altri elementi costitutivi della vicenda traslativa siano rimasti invariati.

Infatti, a questo proposito la Corte di cassazione (ord. 08 aprile 2022, n. 11443) ha ribadito questo principio riaffermando il diritto alla provvigione se si pervenga alla stipulazione del contratto, in conseguenza prossima o remota dell'opera dell'intermediario.

Per concludere sulla questione, quindi, qualsivoglia decisione in merito a controversie aventi ad oggetto la domanda di riconoscimento del diritto vantato in questo senso dal mediatore (il cui ammontare grava su ciascuna delle parti secondo quanto pattuito, ovvero in conformità alle tariffe professionali o agli usi e solo in via residuale su provvedimento del giudice) non può che essere riferita alla fattispecie concreta.

Fermo restando che ai fini del riconoscimento al compenso l'intermediario deve fornire la prova della legittimazione all'esercizio dell'attività.

=> Diritto alla provvigione in caso di c.d. acquiescenza verso l'attività del mediatore.

Ulteriori questioni

Il conferimento dell'incarico a più soggetti non è incompatibile con la struttura della mediazione in cui non sia stato stabilito un patto di esclusiva (Cass. 21 novembre 2000, n. 15014). In termini semplici il venditore può offrire in vendita il proprio bene recandosi in più agenzie immobiliari.

La sottoscrizione della proposta di vendita, mero atto preparatorio alla conclusione dell'affare, così come la firma di un preliminare di preliminare non sono idonee a determinare il diritto al compenso, essendo stato affermato che deve essere "escluso il diritto alla provvigione qualora tra le parti non sia stato concluso un "affare" in senso economico-giuridico, ma si sia soltanto costituito un vincolo idoneo a regolare le successive articolazioni del procedimento formativo dello stesso, come nel caso in cui sia stato stipulato un cd. "preliminare di preliminare", costituente un contratto ad effetti esclusivamente obbligatori non assistito dall'esecuzione in forma specifica ex art. 2932 c.c. in caso di inadempimento" (Cass. 13 novembre 2023, n. 31431; Cass. 10 dicembre 2021, n. 39377).

Pacifico, poi, che colui che ha conferito l'incarico di mediazione possa revocarlo anche in assenza di giusta causa, non sussistendo in questo ambito una responsabilità precontrattuale dell'intermediario, il quale, tuttavia, ha il diritto di essere rimborsato dal rinunciante delle eventuali spese che abbia affrontato.

Un ultimo cenno deve essere fatto in merito alla prescrizione del diritto inerente al pagamento della provvigione, che decorre dal momento in cui l'affare è stato concluso ai sensi dell'art. 1755 c.c. e che si estingue nell'arco di un anno, come previsto dall'art. 2950 c.c.

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