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Mediazione immobiliare: obbligo di pagamento della provvigione anche della parte che non ha conferito l'incarico per acquiescenza

Diritto alla provvigione in caso di c.d. acquiescenza verso l'attività del mediatore.
Avv. Antonio Annunziata 

Con l'Ordinanza del 7 gennaio 2019 n. 120 la Seconda Sezione Civile della Corte di Cassazione torna a pronunciarsi su un principio molto interessante e dai risvolti pratici notevoli in materia mediazione immobiliare: trattasi del diritto alla provvigione in caso di c.d. acquiescenza verso l'attività del mediatore.

Prima di giungere all'analisi della predetta Ordinanza della Suprema Corte appare necessario riepilogare quanto veniva stabilito in fase di merito.

La sentenza di appello. La Corte di Appello di Genova, in riforma della sentenza di primo grado, accoglieva totalmente la domanda dell'appellante agente immobiliare Tizio, riconoscendo in favore di quest'ultimo il diritto ad ottenere il pagamento della provvigione di mediazione da tutte le parti dell'affare di mediazione.

La corte d'appello genovese emetteva la predetta sentenza sul presupposto di diritto che l'incarico di reperire un acquirente conferito da Sempronio (titolare degli immobili) non comportava in capo all'agente immobiliare Tizio l'assunzione dell'obbligazione di attivarsi per la conclusione dell'affare con conseguente riconoscimento del corrispettivo di mandatario, ma piuttosto l'onere di svolgere l'attività di reperimento di possibili acquirenti interponendosi in maniera neutrale ed imparziale fra le parti, con diritto al pagamento della provvigione solo in caso di conclusione dell'affare.

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Secondo la Corte di Appello di Genova, quindi, l'incarico conferito da Sempronio non era incompatibile con la mediazione secondo la previsione dell'articolo 1754 c.c. e, pertanto, non escludeva a priori l'obbligazione degli appellati di pagare la provvigione.

Altresì per la corte genovese l'istruttoria aveva ben evidenziato che gli appellati avevano manifestato materiale accettazione dell'opera di accompagnamento a visionare gli immobili oggetto dell'incarico tra cui anche quello della successiva compravendita.

Il ricorso per cassazione. Avverso la sentenza della Corte di Appello di Genova i sigg.ri proponevano ricorso per cassazione censurando nel primo motivo la violazione e la falsa applicazione degli articoli 1754, 1703, 1362 e 1363 c.c., nonché l'omesso esame di fatto determinante per avere la sentenza gravata escluso che l'incarico assegnato da Sempronio a Tizio dovesse essere qualificato quale mandato incompatibile con l'opera di mediazione dall'immobiliare svolta e fonte dell'obbligazione del pagamento della provvigione in capo ad entrambe le parti dell'affare.

Il motivo di censura in questione è stato ritenuto dalla Suprema Corte inammissibile per il profilo riguardante la contestazione di omesso esame, in relazione ai vigenti limiti posti al sindacato della stessa, ed infondato per quanto riguarda la violazione di legge.

In particolare la Seconda Sezione della Corte di Cassazione ha espresso (e ribadito) al riguardo il seguente principio di diritto "Il rapporto di mediazione, inteso come interposizione neutrale tra due o più persone per agevolare la conclusione di un determinato affare, non postula necessariamente un preventivo accordo delle parti sulla persona del mediatore, ma è configurabile pure in relazione ad una materiale attività intermediatrice che i contraenti accettano anche soltanto tacitamente, utilizzandone i risultati ai fini della stipula del contratto.

Sicché, ove il rapporto di mediazione sia sorto per incarico di una delle parti, ma abbia avuto poi l'acquiescenza dell'altra, quest'ultima resta del pari vincolata verso il mediatore, onde un eventuale successivo suo rifiuto non sarebbe idoneo a rompere il nesso di causalità tra la conclusione dell'affare, effettuata in seguito direttamente tra le parti, e l'opera mediatrice precedentemente esplicata.

Da ciò la legittimità del rigetto della pretesa di parte ricorrente di non pagare la provvigione a Tizio.

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Con il secondo motivo i ricorrenti censuravano la violazione e falsa applicazione dell'articolo 1755 c.c. nonché l'omesso esame di fatti rilevanti per avere la corte d'appello ritenuto l'efficienza causale dell'intervento di Tizio in ordine alla conclusione dell'affare e così riconosciuto a proprio carico l'obbligazione di pagamento della provvigione.

Anche tale secondo motivo è stato ritenuto dalla Suprema Corte inammissibile, in relazione ai vigenti limiti di sindacato sulla motivazione, ed infondato in relazione all'asserito error in judicando.

Secondo i giudici della Seconda Sezione della Suprema Corte "la corte territoriale ha richiamato principi consolidati sull'efficacia causale fra l'opera del mediatore e la conclusione dell'affare che, peraltro, non sono stati nemmeno specificamente contestati dai ricorrenti, sicché la censura finisce per essere nient'altro che una richiesta di rivalutazione delle risultanze probatorie".

In conclusione. Con tale pronuncia viene confermato, ancora una volta, che in materia di mediazione immobiliare sussiste l'obbligo di pagamento della provvigione anche della parte che non ha conferito l'incarico al mediatore ma che è stata "acquiescente" verso l'attività espletata da quest'ultimo che costituisce l'antecedente indispensabile per pervenire alla conclusione dell'affare secondo i principi della causalità adeguata.

Sentenza
Scarica Corte di Cassazione, Sezione 2 civile Ordinanza 7 gennaio 2019, n. 120
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