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Può il singolo condomino posizionare una canna fumaria di proprietà individuale su parti comuni dell'edificio?

Una nuova decisione del Tribunale di Roma sul “problema canna fumaria”.
Avv. Anna Nicola 

Il tema della canna fumaria è trattato dal Tribunale di Roma n. 4160 del 16 marzo 2022.

Le doglianze della condomina attrice

Nello specifico, una condomina impugna la delibera dell'assemblea con cui il ristorante condomino ha ottenuto di poter posizionare la sua canna fumaria.

L'attrice rileva la nullità del deliberato in quanto lesivo del proprio diritto di proprietà perché le aperture del suo immobile affacciano sulla chiostrina interna del fabbricato, ne deriverebbe che dall'istallazione della canna fumaria conseguirebbero immissioni di rumori, fumi ed odori che superano la normale tollerabilità con ciò incidendo sul proprio diritto di godere liberamente della proprietà esclusiva.

Inoltre, a dire dell'attrice, il deliberato si porrebbe in contrasto con quanto statuito dal Tribunale di Roma in un precedente tra le parti passato in giudicato con cui è stata ritenuta illegittima, ordinandone la rimozione, l'installazione della canna fumaria ad opera della medesima società di ristorante collocata nel muro esterno della medesima chiostrina per il superamento del limite di tollerabilità di fumi, rumori ed odori sia per la menomazione delle facoltà di godimento connesse alla proprietà privata.

L'attrice sostiene che con i detti pronunciamenti sarebbe stata accertata l'impossibilità di spostare aliunde la canna fumaria non essendovi spazi necessari per garantire il rispetto delle norme sulle distanze, vedute ed immissioni - come rilevato nella consulenza disposta d'ufficio - e che, dunque, il collocamento di un'altra canna fumaria (come quella autorizzata dal Condominio) determinerebbe nuovamente una lesione del diritto di proprietà dell'attrice in palese violazione del giudicato formatesi inter partes nonché dell'ordine di demolizione predetto.

Affianco a questa doglianza principale, l'attrice ne riporta altre di secondario rilievo.

Distinzione tra nullità e annullabilità della delibera

Il Tribunale ricorda che il fondamento della distinzione tra nullità ed a annullabilità della delibera è rinvenibile nella sentenza a Sezioni Unite della Cassazione n.4806/2005, che ha affermato che "sono da ritenersi nulle le delibere prive degli elementi essenziali, con oggetto impossibile o illecito (contrario all'ordine pubblico, alla morale e al buon costume), con oggetto che non rientra nella competenza dell'Assemblea, che incidono sui diritti individuali, sulle cose, sui servizi comuni o sulla proprietà esclusiva di ognuno dei condomini o comunque invalide in relazione all'oggetto"; sono, invece, annullabili "le delibere con vizi relativi alla regolare costituzione dell'Assemblea, quelle adottate con maggioranza inferiore a quella prescritta dalla legge o dal regolamento condominiale, quelle affette da vizi formali in violazione di prescrizioni legali, convenzionali, regolamentari attinenti al procedimento di convocazione o informazione in Assemblea, quelle genericamente affette da irregolarità nel procedimento di convocazione, quelle che richiedono maggioranze qualificate in relazione all'oggetto".

Nel caso in cui uno o più condomini impugnino una delibera assembleare il sindacato giurisdizionale è limitato alla sola legittimità del deliberato poiché il giudice non può compiere valutazioni di merito e di controllo della discrezionalità di cui dispone l'assemblea.

Anche in ipotesi di eccesso di potere, ravvisabile quando la causa della deliberazione sia falsamente deviata dal suo modo d'essere, il giudice non controlla l'opportunità o convenienza della soluzione adottata dall'impugnata delibera, ma deve solo stabilire se la delibera sia o meno il risultato del legittimo esercizio dei poteri discrezionali dell'assemblea (Cass. n. 10199/2012; 14560/2004; 3938/1994; 731/1988).

Tali concetti sono stati ribaditi recentemente anche nella sentenza n. 9839 del 13 aprile 2021, con la quale la Cassazione a SS.UU.

è intervenuta per demarcare, in modo ancora più restrittivo, la distinzione tra delibere nulle e annullabili confinando i casi tipici di nullità, quasi ad un "numero chiuso", ritenendo la nullità del deliberato residuale rispetto alla generale categoria della annullabilità, attenendo essa a quei vizi talmente radicali da privare la deliberazione di cittadinanza nel mondo giuridico.

Domanda rigettata e conclusioni del Tribunale

Tollerabilità di immissioni e rumori

Per valutare la tollerabilità di immissioni costituite da vapori di cottura provenienti dalla preparazione di cibi, seppur prodotti in quantità più elevata rispetto a quelli provenienti dalle cucine di normali abitazioni, e per valutare il rumore - e, dunque, una eventuale lesione - non si può ricorrere ad alcun dato di esperienza che abbia valore tecnico scientifico a priori né ad alcuna soluzione generale di origine giurisprudenziale ma si deve ricorrere ai dati che, caso per caso, vengono all'evidenza.

Nella specie, la canna fumaria non risulta istallata onde non può parlarsi di lesione di tali diritti.

Medesime considerazioni di irrilevanza, seppur attinenti ad un diverso profilo, sono da attribuire alla censura sollevata dall'attrice in merito ad un presunto giudicato.

Officina meccanica in condominio e rumori intollerabili

Il giudicato precedente

La fattispecie esaminata dal Tribunale nella precedente pronuncia ha avuto ad oggetto la conformità, accertata mediante l'espletamento di una CTU, dell'installazione di una canna fumaria avvenuta nel 2005 che presentava precipue caratteristiche tecniche e di posizionamento (diverse da quella oggetto di causa) con richiesta di rimozione della stessa ritenuta lesiva di diritti di alcuni condomini (veduta, distanze, immissioni di fumi e calori intollerabili) mentre oggetto del giudizio in commento è l'impugnazione della delibera con la quale l'assemblea del condominio ha autorizzato l'istallazione di una nuova e diversa canna fumaria per cui non sussiste coincidenza né di causa petendi (le ragioni di fatto) né di petitum (l'una diretta alla demolizione della canna fumaria istallata, l'altra alla declaratoria di invalidità del deliberato) mentre vi è solo parziale identità di parti con assunzione di una qualifica soggettiva diversa del Condominio (nei precedenti giudizi il Condominio rivestiva la qualità di attore) che ora è titolare di un diritto scaturente da un diverso rapporto giuridico.

Si deve premettere che la giurisprudenza della S.C. (a partire da Cass. S.U. n. 6689/1995 e poi da Cass. Civ., Sent. n.19252/2018 e da ultimo da Cass. Sent. n. 5138/2019), afferma che il giudicato sostanziale (art. 2909 c.c.) quale riflesso di quello formale (art. 324 c.p.c.), fa stato ad ogni effetto tra le parti per l'accertamento di merito positivo o negativo del diritto controverso, in quanto lo stesso si forma su tutto ciò che ha costituito oggetto della decisione, compresi gli accertamenti di fatto che rappresentano le premesse necessarie ed il fondamento logico e giuridico della pronuncia, con effetto preclusivo dell'esame delle stesse circostanze in un successivo giudizio, che abbia gli identici elementi costitutivi della relativa azione e cioè i soggetti, la "causa petendi" ed il "petitum".

Il giudicato sostanziale si forma su tutto ciò che ha costituito oggetto della decisione, spiegando, quindi, la sua autorità non solo nell'ambito della controversia e delle ragioni fatte valere dalle parti (c.d. giudicato esplicito), ma estendendosi necessariamente al c.d. giudicato implicito, cioè gli accertamenti che si ricollegano in modo inscindibile con la decisione.

Inoltre "Il giudicato implicito richiede, per la sua formazione, che tra la questione decisa in modo espresso e quella che si deduce essere stata risolta implicitamente sussista un rapporto di che tra la questione decisa in modo espresso e quella che si deduce essere stata risolta implicitamente sussista un rapporto di dipendenza indissolubile, tale da determinare l'assoluta inutilità di una decisione sulla seconda questione e che la questione decisa in modo espresso non sia stata impugnata" (Cass. n. 7115/2020).

Il presente giudizio, pertanto, non è speculare a quello su cui si è già pronunciato il Tribunale perché diverge proprio nella situazione di fatto e di diritto e nelle richieste avanzate dall'attrice.

L'uso del bene comune

È noto che il condomino che voglia procedere con l'istallazione della canna fumaria utilizzando il muro comune non ha bisogno di ottenere la preventiva autorizzazione dell'assemblea dei condomini in quanto tale utilizzo rientra tra le facoltà consentite a ciascun condomino dall'art. 1102 c.c., nei limiti in esso indicati, dovendo il condomino solo comunicare all'amministratore le modalità di realizzazione, ai sensi del novellato art. 1122 c.c., non già per ottenere una non prevista autorizzazione, quanto per consentire - eventualmente - al condominio di approntare le opportune contestazioni e tutele.

Ora in ordine al diritto di un condomino di utilizzare il muro perimetrale va osservato che conformemente a quanto statuito dalla Suprema Corte, l'appoggio di una canna fumaria sul muro comune perimetrale di un edificio condominiale individua una modifica della cosa comune conforme alla destinazione della stessa, che ciascun condomino può apportare a sue cure e spese, sempre che non impedisca l'altrui paritario uso, non rechi pregiudizio alla stabilità ed alla sicurezza dell'edificio, e non ne alteri il decoro architettonico.

Il muro perimetrale, infatti, appartiene a tutti i condomini per l'intera estensione dalle fondamenta alla copertura, anche in corrispondenza dei piani delle porzioni di proprietà esclusiva e adempie a talune funzioni principali indispensabili per l'esistenza stessa dell'edificio, quali quelle di sorreggere il fabbricato, di proteggere le unità abitative dagli agenti atmosferici, di consentire l'apertura delle porte e delle finestre.

Esso, però, esplica altre importanti funzioni accessorie, inerenti al suo ruolo quale parte essenziale della struttura del fabbricato: vale a dire, consentire l'appoggio di targhe, travi, canne fumarie e simili.

Pertanto, l'utilizzazione del muro perimetrale comune da parte del singolo condomino per tali finalità, non alterando la naturale e precipua destinazione di sostegno dell'edificio condominiale, costituisce normale esercizio del diritto di usare la cosa comune, ai sensi e per gli effetti di cui all'art.1102 c.c.

Parti comuni e utilizzo più intenso da parte di un condomino, il caso della recinzione condominiale

Sentenza
Scarica Trib. Roma 16 marzo 2022 n. 4160
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