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In condominio, bisogna fare attenzione alla distanza tra la canna fumaria e gli appartamenti

Installazione canna fumaria in condominio e distanza dalle proprietà private.
Avv. Marco Borriello 

Un locale commerciale, posto al pian terreno di un edificio, potrebbe avere l'esigenza d'installare una canna fumaria lungo la parete perimetrale del condominio. In fondo si tratta di sfruttare un bene comune e, in quanto tale, potrebbe farlo ai sensi dell'art. 1102 c.c.

Ad ogni modo, se dovesse procedere in tal senso senza avere l'autorizzazione di tutti i condòmini, ciò potrebbe determinare le proteste di alcuni di essi. In particolare, una contestazione potrebbe sorgere in ragione dell'eccessiva vicinanza dell'opera con le finestre o i balconi degli appartamenti del fabbricato.

Ebbene, una canna fumaria in condominio può essere installata senza rispettare alcuna distanza dalle proprietà private?

Ha risposto a questa domanda una recente sentenza del Tribunale di Roma. Infatti, con la decisione n. 3380 del 3 marzo 2022, è stata risolta una lite a riguardo. Nello specifico, si è trattato di stabilire se una canna fumaria, montata sulla facciata interna al fabbricato, avesse leso o meno i diritti esclusivi di due appartamenti posti ad una minima distanza dal manufatto.

Vediamo meglio, perciò, cosa è accaduto in questo condominio romano.

Installazione canna fumaria in condominio e distanza dalle proprietà private: il caso concreto

Un locale commerciale, posto al pian terreno di un edificio, aveva installato una canna fumaria sulla parete del cortile interno del condominio.

A quanto pare, però, il manufatto era stato posto ad una distanza minima rispetto a due appartamenti in loco. Nello specifico si trattava degli immobili siti, rispettivamente, al piano primo e terzo.

I proprietari in questione lamentavano di aver subito un'intollerabile limitazione dell'areazione, della luminosità e della veduta di cui godevano in precedenza. Per questa ragione, citavano in giudizio il titolare del locale ed il conduttore del medesimo, principale responsabile dell'installazione in contestazione. Lo scopo era, ovviamente, quello di ottenere la rimozione della canna fumaria.

La lite si caratterizza, in prima istanza, in un procedimento possessorio, all'interno del quale era espletata una CTU. Seguiva, quindi, il giudizio ordinario in cui, entrambe le parti convenute negavano la fondatezza delle istanze attrici. In particolare, esse si difendevano sostenendo che gli appartamenti de quo, per loro originaria progettazione, erano già sacrificati in termini di luminosità.

Ad ogni modo, al termine di un'istruttoria, caratterizzata dall'esame della documentazione prodotta e dalla valutazione della CTU già raccolta nel precedente procedimento cautelare, il Tribunale di Roma accoglieva la domanda. Per l'effetto, ordinava la rimozione della canna fumaria e condannava i soccombenti al pagamento delle spese di giudizio.

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Canna fumaria in condominio ed uso della cosa comune

Nel caso in commento, è stata contestata la distanza ridotta tra la canna fumaria e le finestre e i balconi di alcuni appartamenti. In ragione di tale circostanza, secondo la tesi sostenuta dagli istanti, si era verificata un'illegittima limitazione del diritto di veduta dei proprietari de quo. Per questo motivo era stato invocato l'art. 907 c.c.

Esso afferma che «Quando si è acquistato il diritto di avere vedute dirette verso il fondo vicino, il proprietario di questo non può fabbricare a distanza minore di tre metri, misurata a norma dell'articolo 905. Se la veduta diretta forma anche veduta obliqua, la distanza di tre metri deve pure osservarsi dai lati della finestra da cui la veduta obliqua si esercita.

Se si vuole appoggiare la nuova costruzione al muro in cui sono le dette vedute dirette od oblique, essa deve arrestarsi almeno a tre metri sotto la loro soglia».

Tuttavia, per la giurisprudenza prevalente, in ciò richiamata dal Tribunale di Roma, la norma da prendere in considerazione in questi casi è, invece, l'art. 1102 c.c. Esso regola l'uso della cosa comune è stabilisce che ciascun comproprietario può servirsene «purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto».

Ebbene, secondo l'ufficio capitolino, alla luce di quanto era emerso dall'accertamento compiuto dal consulente d'ufficio, la canna fumaria in esame aveva violato proprio la predetta norma «Deve ritenersi - per quanto oggettivamente accertato dal c.t.u. - che la contestata installazione abbia nella fattispecie comportato proprio una violazione di tale limite nell'utilizzo del bene comune».

Ad ogni modo, non è stata l'unica violazione che il Tribunale ha riscontrato.

Canna fumaria in condominio, fabbrica nociva e distanze

Nell'ipotesi in valutazione, alla luce della ridotta distanza tra la canna fumaria e le finestre degli appartamenti posti ai piani superiori, è stata violata anche la regola che impone di rispettare uno spazio minimo tra un'opera, nociva e pericolosa, e le altre costruzioni.

A ricordarlo ci ha pensato il Tribunale di Roma, all'uopo citando anche un precedente della Corte di Cassazione «la posizione del manufatto - a distanza particolarmente ridotta rispetto quantomeno alla finestra dell'immobile sito al primo piano - sembra oltretutto comportare anche una violazione del precetto normativo ex art. 890 cod. civ. (cfr. Cass. n. 23973/2017 per l'assoggettabilità della canna fumaria a tale disciplina sulle "distanze per fabbriche e depositi nocivi o pericolosi")».

Nel caso specifico, infatti, la canna era stata posta a meno di un metro dalla finestra dell'appartamento posto al primo piano. Una situazione che non poteva certo comportare la conformità dell'opera a quanto sancito nel citato art. 890 c.c.

L'inopportunità dell'installazione era stata, altresì, confermata dalla possibilità di realizzare e porre il manufatto in un'altra posizione, senza arrecare alcun fastidio ai vari appartamenti.

Per tutte queste ragioni, l'ordine di rimozione, con cui è stato concluso il procedimento, è apparso inevitabile.

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Sentenza
Scarica Trib. Roma 3 marzo 2022 n. 3380
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