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Per installare la canna fumaria in facciata meglio verificare cosa dice il regolamento di igiene del Comune

L'installazione di una canna fumaria lungo il muro perimetrale di un caseggiato è possibile, purché nel rispetto delle normative coinvolte.
Giuseppe Bordolli Responsabile scientifico Condominioweb 

È possibile che il singolo condomino non possa installare una nuova canna fumaria sulle parti comuni per la presenza nel regolamento di condominio di una clausola contrattuale che abbia ad oggetto la conservazione della originaria facies architettonica dell'edificio.

In mancanza di una norma regolamentare il singolo condomino può apportare al muro perimetrale tutte le modificazioni che consentano di trarre dal bene comune una particolare utilità aggiuntiva rispetto a quella goduta dagli altri condomini, ivi compreso l'inserimento nel muro di elementi estranei e posti al servizio esclusivo della sua porzione, purché non impedisca agli altri condomini l'uso del muro comune e non ne alteri la normale destinazione con interventi di eccessiva vastità. Si deve poi valutare pure il decoro architettonico.

In ogni caso si deve tenere conto che per installazione di una canna fumaria sulla facciata del caseggiato bisogna rispettare l'articolo 890 c.c.

Il principio è stato recentemente confermato da una recente decisione della Corte d'Appello di Milano (sentenza n. 3242/2023 del 16 novembre 2023).

Installazione di canna fumaria in facciata e rispetto delle distanze previste dall'articolo 890 c.c. Fatto e decisione

Un condominio citava in giudizio un condomino imprenditore per richiedere la rimozione della canna fumaria eretta sulla facciata. Il Tribunale dava ragione all'attore.

Il soccombente si rivolgeva alla Corte di Appello, chiedendo la sospensione dell'efficacia esecutiva del provvedimento impugnato e, nel merito, di rigettare tutte le domande svolte dall'attore nel giudizio di primo grado; in particolare l'appellante riteneva che il Tribunale avesse erroneamente ritenuto illecita l'installazione della canna fumaria per mancato rispetto delle distanze di cui all'art. 906 c.c., quando invece la legittimità del manufatto avrebbe dovuto essere valutata in funzione del principio di cui all'art. 1102 c.c.

Inoltre lamentava la carenza di legittimazione attiva dell'attore in primo grado atteso che la parte terminale della canna fumaria era poggiata sul fondo confinante e che gli odori di ritorno riguardavano unicamente i proprietari degli appartamenti posti negli ultimi piani, mentre alcun odore diretto né di ritorno era stato rilevato dal CTU in riferimento alle parti condominiali.

In ogni caso, nell'ipotesi in cui la canna fumaria presente sulla facciata del cortile interno del condominio non fosse correttamente installata e funzionante, lo stesso appellante richiedeva ai giudici di secondo grado di definire tutte le opere necessarie alla messa a norma del citato manufatto, ponendo le relative spese a carico del soggetto che riconosciuto come obbligato a tale adempimento.

Costituendosi in giudizio, il condominio chiedeva che fosse confermata la sentenza impugnata. La Corte di Appello ha dato pienamente ragione ai condomini.

La CTU espletata nel giudizio di primo grado infatti ha accertato il mancato rispetto della quota di sbocco della canna come prescritto dal regolamento di igiene del Comune e l'assenza di comignolo in sommità, aggiungendo che la canna di esalazione avrebbe dovuto essere munita di comignolo e superare il colmo del tetto di almeno un metro.

In ogni caso per i giudici di secondo grado non è possibile pretendere di escludere la nocività dell'impianto per il solo fatto che, al momento dell'accertamento peritale, il CTU non avrebbe rilevato alcun odore, né diretto né di ritorno; per la stessa Corte detto ragionamento è del tutto insostenibile atteso che la proprietà condominiale non è tenuta a sopportare, neppure in minima parte, gli effetti nocivi di un'installazione tecnologica realizzata a distanza inferiore rispetto a quella prescritta dalle norme regolamentari.

Installazione canna fumaria in condominio e distanza dalle proprietà private.

Considerazioni conclusive

La canna fumaria rientra nella disciplina dell'art. 890 c.c. a norma del quale chi intende realizzare le opere ivi previste, fonti di pericolo di danno, deve attenersi alle distanze stabilite dai regolamenti e, in mancanza, alle distanze necessarie a preservare il fondo del vicino da ogni danno alla solidità, alla salubrità e alla sicurezza. La ratio dell'art. 890 c.c. è quella di evitare che fumi nocivi ed intollerabili emessi dalle canne fumarie invadano le abitazioni.

Tale scopo può essere raggiunto avendo come riferimento, per il calcolo delle distanze, il c.d. "colmo del tetto", ossia la parte più alta dell'intero fabbricato e non già il tetto di copertura della porzione più bassa del medesimo fabbricato (Cass. civ., sez. VI, 03/06/2021, n. 15441).

Il rispetto della distanza, prevista per fabbriche e depositi nocivi o pericolosi dall'art. 890 c.c., è collegato ad una presunzione assoluta di nocività o pericolosità, che prescinde da ogni accertamento concreto nel caso in cui vi sia un regolamento edilizio comunale che stabilisce la distanza medesima.

Nei regolamenti edilizi comunali molto spesso viene stabilito che i condotti di fumo collegati ad apparecchi di riscaldamento devono innalzarsi oltre il colmo dei tetti, rispetto ai fabbricati circostanti, e che la sporgenza dei fumaioli dalla copertura non può essere inferiore a un metro. Se tale disposizione non viene rispettata l'installazione della canna fumaria non è lecita.

L'art. 890 c.c. stabilisce il regime delle distanze per le fabbriche e i depositi nocivi o pericolosi in base ad una presunzione di nocività e pericolosità che è invece relativa - e, come tale, superabile con la dimostrazione che, in relazione alla peculiarità della fattispecie ed agli accorgimenti usati, non esiste danno o pericolo per il fondo vicino - ove manchi una simile norma regolamentare (Cass. civ., sez. II, 08/08/1990, n. 8055).

In difetto di norme regolamentari che prevedano distanze dei comignoli con canna fumaria dal confine, il giudice, nel definire la distanza idonea, secondo l'art. 890 c.c., a preservare i fondi vicini da ogni danno alla solidità, salubrità e sicurezza, può far riferimento a quella di due metri prevista dall'art. 889 c.c. (Cass. civ., sez. II, 16/02/2022, n. 5040).

Sentenza
Scarica App. Milano 16 novembre 2023 n. 3242
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