La canna fumaria è un'opera volta a convogliare i fumi derivanti da combustione dall'interno di un locale o camera di combustione (es. caldaia per il riscaldamento) verso l'esterno.
La giurisprudenza ritiene che la sua installazione in appoggio al muro perimetrale comune dell'edificio, di per sé sola, non altera la destinazione d'uso del muro.
L'installazione di una canna fumaria individuale in aderenza, appoggio o con incastro nel muro perimetrale di un palazzo è attività lecita rientrante nell'uso della cosa comune, nel rispetto dell'art. 1102 c.c. e come tale, non richiede il consenso degli altri condomini.
Questa possibilità vede come limiti i diritti esclusivi altrui (ad es. distanze dalle vedute, immissioni, ecc.) e il divieto di alterare il decoro architettonico dell'edificio (Cass. 01/08/2002, n. 11392).
Non rileva la disciplina dettata dall'art. 907 c.c. sulla distanza delle costruzioni dalle vedute, perché la canna fumaria non è una costruzione, ma un semplice accessorio di un impianto (Cass. 23/02/2012, n. 2741; Trib. Bari 16/06/2014, n. 2974).
Non è possibile invocare l'alterazione del decoro architettonico del fabbricato quando lo stabile presenta interventi plurimi di carattere disomogeneo. L'assemblea non può rilevare l'eventuale violazione delle distanze del manufatto dalle finestre, perché si tratta di questioni che riguardano i rapporti tra singoli (Trib. Roma 17/03/2020, n. 5303).
Considerato l'aspetto armonico dello stabile, si può ritenere che la canna fumaria non arrechi disarmonia all'edificio, se vi siano altre canne fumarie e una canna di esse eguale nella forma e nella dimensione posta sul muro di fronte (Trib. Benevento 02/09/2019, n. 1469).
I vari risvolto della disciplina sono stati trattati di recente dal Trib. Genova con la decisione del 30 aprile 2024, n. 1358.
Nel caso di specie, un condomino aveva installato sul suo terrazzo, sito al penultimo piano del condominio una nuova caldaia a condensazione i cui fumi erano stati fatti confluire in una canna fumaria di notevoli dimensioni fino al tetto dell'edificio ancorandola sul prospetto della facciata.
Il condominio esponente, a mezzo dell'amministratore, aveva immediatamente contestato le modalità di installazione della canna, chiedendone l'immediata rimozione e il ripristino dello stato dei luoghi. Essa era in contrasto con il regolamento condominiale oltre ad essere di lesione del decoro architettonico del palazzo.
La violazione del regolamento era sotto due diversi profili. L'art. 5 del regolamento stabiliva che "non potranno essere intraprese dai singoli proprietari nessuna opera esterna che modifichi l'architettura, l'estetica e la simmetria del caseggiato" mentre l'art. 14 del medesimo stabiliva che "ciascun Condomino potrà eseguire nei locali di sua proprietà le modifiche interne che credesse di apportare.
Non saranno però consentite neppure all'interno degli appartamenti, opere che alterino comunque la stabilità dell'edificio o modifichino in qualunque modo l'andamento delle condutture del fumo o possano comunque riuscire di pregiudizio agli altri condomini.
Comunque ogni condomino prima di iniziare nell'interno dei locali di sua proprietà lavori che interessino direttamente o indirettamente le parti comuni, dovrà chiedere l'autorizzazione scritta dell'amministratore che deciderà in sede di assemblea come prescritto al comma 1 dell'art 1120 c.c. e che eventualmente farà la raccomandazione meglio vista circa i termini e le modalità di esecuzione intese altresì a salvaguardare il decoro e la tranquillità del Condominio".
Entrambe le disposizioni erano state violate dal condomino convenuto.
Vi era poi la violazione del decoro ex art. 1102 c.c. perché in contrasto con la complessiva armonia dell'edificio. La canna era un'inserzione architettonica di rilevante impatto per le dimensioni della stessa (già particolarmente grandi) ed anche per il materiale con cui era stata costruita e per il suo stesso percorso (particolarmente articolato, con snodi e cambiamenti di direzione). La conseguenza era che la stessa interferiva negativamente sui pur modesti canoni architettonici caratterizzanti il Condominio ricorrente.
Questi concludeva affinché il Tribunale accertasse l'illegittimità della costruzione/installazione della canna fumaria sulla facciata del Condominio e conseguentemente lo condannasse a rimuoverla comprese le parti accessorie, ripristinando a regola d'arte l'intonaco e la pitturazione della facciata e del cornicione condominiale.
Il condomino si è costituito e ha rilevato di averne dato comunicazione telefonica all'amministratore, di avergli inviato fotografie, trasmesso il certificato e di aver avuto via mail -a detta sua- il suo consenso fino a quando ha ricevuto l'ultima comunicazione che sorprendentemente gli intimava la distruzione del manufatto.
Il condomino osservava che il regolamento non aveva valore, non essendo contrattuale e che le norme citate dal condominio erano fuori luogo.
Il condominio dimostra che il regolamento è contrattuale perché redatto dall'impresa che ha costruito il palazzo e poi trascritto e quindi i due articoli in oggetto erano più che validi. Evidenzia che perchè il regolamento di condominio è finalizzato a stabilire le norme sull'uso della cosa comune, può anche incidere sul diritto del singolo condominio subordinandolo al rispetto e al decoro della cosa comune (Cass. 8731/98).
Anche alle modificazioni apportate dal singolo condomino sulle parti comuni si applicava, per identità di ratio, il divieto di alterare il decoro architettonico del fabbricato previsto in materia di innovazioni dall'art. 1120 c.c. (Cass.Ord.14598/21).
Rimozione della canna fumaria: decisioni e obblighi condominiali
Il Tribunale osserva che nel caso di specie era evidente che la canna fumaria installata dal condomino sulla facciata condominiale era un'inserzione architettonica di rilevante impatto.
In ragione di ciò, la domanda del condominio è fondata e meritevole di accoglimento; il Condominio ha provato la natura contrattuale del regolamento di Condominio con validità delle clausole in questione.
Sorge un obbligo contrattuale di rispetto delle clausole vincolanti (Cass. n. 19212 del 2016).
Si ricorda che il regolamento può validamente derogare alle disposizioni dell'articolo 1102 c.c., ed arrivare al punto di imporre la conservazione degli elementi attinenti alla simmetria, all'estetica ed all'aspetto generale dell'edificio (cfr. Cass., 21/05/1997,n. 4509; Cass., 02/05/1975, n. 1680; Cass., 09/11/1998, n. 11268; Cass., 29/04/2005, n. 8883; Cass., 24/01/2013, n. 1748; Cass., 19/12/2017, n. 30528; Cass., 18/11/2019, n. 29924; Cass., 05/11/2019, n. 28465).
La giurisprudenza afferma che le modificazioni eseguite da un condomino, in violazione del divieto previsto dal regolamento, connotano queste opere come abusive e pregiudizievoli consentendo agli altri partecipanti al condomino ad agire a tutela della cosa comune (cfr. Cass., 09/06/1988, n. 3927; Cass., 15/01/1986, n. 175; Cass.11502/2022).
Si ricorda che il decoro architettonico è un bene comune il cui mantenimento è tutelato a prescindere dalla validità estetica assoluta delle modifiche che si intendono apportare. Una volta accertato che le modifiche non hanno una valenza ripristinatoria o migliorativa dell'originaria fisionomia - ma alterano quest'ultima sensibilmente, non ha alcuna rilevanza l'accertamento - del tutto opinabile - del risultato estetico della modifica, che deve ritenersi non consentita quand'anche nel suo complesso possa apparire a taluno gradevole (Cass.17398/2004).
Il Tribunale infine ricorda la recente decisione della Cassazione - ordinanza n. 14598/202 - che ha affermato come per la salvaguardia del decoro della facciata di un fabbricato si prescinda dal pregio artistico dell'immobile e da precedenti alterazioni.
Ne consegue quindi, nel caso di specie, l'ordine di demolizione e il ripristino dello status quo ante.