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Parti comuni e utilizzo più intenso da parte di un condomino, il caso della recinzione condominiale

Il bene comune deve in ogni caso continuare a svolgere la propria funzione anche nell'interesse di un solo condomino.
Avv. Gianfranco Di Rago - Foro di Milano 

Il bene comune può essere utilizzato più intensamente da un condomino rispetto agli altri, ma non si può arrivare fino al punto di sopprimerlo o, comunque, renderlo inservibile al pari utilizzo degli altri comproprietari.

Gli interventi che i condomini possono effettuare sulle parti comuni per trarne un maggiore beneficio possono essere più o meno invasivi e, ove vi sia la maggioranza qualificata prevista dall'art. 1120 c.c., possono anche realizzare delle innovazioni, ma il bene deve poter continuare a svolgere la propria funzione nell'interesse anche di un solo condomino, salvo che si raggiunga l'unanimità dei consensi.

Queste le interessati riflessioni che si possono trarre dalla lettura della recente sentenza n. 14294, pronunciata dalla seconda sezione civile della Suprema Corte e pubblicata lo scorso 8 luglio 2020.

Il caso concreto.

Nella specie i condomini proprietari dell'appartamento sito al primo piano di un complesso condominiale avevano chiamato in giudizio la proprietaria dall'appartamento sottostante, rea di avere realizzato una nuova e più arretrata recinzione in luogo di quella preesistente, aprendo nella stessa un varco idoneo a consentire l'accesso carrabile all'abitazione e all'area pertinenziale scoperta di sua esclusiva proprietà.

Gli attori chiedevano quindi che la convenuta fosse condannata al ripristino dello status quo ante.

La domanda veniva accolta in primo grado e la relativa sentenza veniva confermata in sede di appello. Sul punto il giudice di secondo grado aveva evidenziato che la nuova recinzione non poteva considerarsi meramente sostitutiva di quella preesistente, essendo stata collocata in posizione più arretrata e interamente nella proprietà della condomina del piano terra.

In particolare, la Corte di appello aveva ritenuto che nella specie fosse possibile individuare una innovazione vietata ai sensi dell'art. 1120, comma 2, c.c., siccome suscettibile di recare pregiudizio alla sicurezza del fabbricato e tale da rendere il bene comune inservibile all'uso e al godimento degli altri condomini, sicché sarebbe stato necessario il consenso dell'intera compagine condominiale.

Sottosuolo proprietà comune

Ne era seguito il ricorso della condomina in Cassazione, poiché la stessa riteneva di avere agito del tutto legittimamente nell'alveo di cui all'art. 1102 c.c., norma ormai molto conosciuta e in base alla quale ciascun condomino può servirsi del bene comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto.

La condomina aveva infatti evidenziato come la destinazione della nuova recinzione, incontestabilmente di natura condominiale, non fosse mutata e che fosse quindi da escludere che la nuova recinzione fosse tale da impedire agli altri condomini di fruirne in pari misura e di farne pari uso.

La nuova recinzione, inoltre, non aveva per nulla compromesso, ma anzi rafforzato, la sicurezza del condominio.

Infine, fermo restando che la legittima realizzazione della nuova recinzione con passo carraio ai sensi dell'art. 1102 c.c. rendeva inutile qualsivoglia autorizzazione da parte dell'assemblea condominiale, aveva osservato come in ogni caso quest'ultima, con la maggioranza di 700,737 millesimi, dunque con il quorum di cui all'art. 1120 c.c., avesse accordato l'autorizzazione alla realizzazione del passo carrabile.

Uso più intenso della cosa comune e innovazione hanno un sostrato comune.

Prima di venire all'illustrazione delle ragioni addotte dalla Suprema Corte a sostegno del provvedimento di rigetto del ricorso, è utile evidenziare una serie di illuminanti considerazioni in diritto espresse dal Collegio in merito ai rapporti il disposto degli artt. 1102 e 1120 c.c.

I giudici di legittimità hanno evidenziato come per un verso le innovazioni di cui al comma 1 dell'art. 1120 c.c., eccedendo i limiti della conservazione, dell'ordinaria amministrazione o del godimento, comportino pur sempre una modificazione del bene comune nella sostanza o nella forma, costituendone una forma di modificazione funzionalmente caratterizzata, in quanto diretta al miglioramento o all'uso più comodo o al maggior rendimento di esso. Le innovazioni soggiacciono quindi ai limiti di cui al medesimo art. 1120 c.c. e, tuttavia, essi riflettono e specificano, sul peculiare terreno del condominio negli edifici, quelli di cui all'art. 1102 c.c.

Utilizzo del bene comune: per essere illegittimo occorre la definitiva sottrazione.

Per altro verso le innovazioni di cui all'art. 1121 c.c. sono consentite al singolo condominio a sue esclusive spese, sicché, allorquando non si faccia questione di costi da ripartire tra la collettività, torna applicabile la norma generale dell'art. 1102 c.c., che contempla anche le innovazioni.

A questo proposito sono state richiamate le considerazioni espresse in Cass. civ., 5 aprile 1977, n. 1300, secondo cui la norma di cui all'art. 1120 c.c., nel richiedere che le innovazioni della cosa comune siano approvate dai condomini con determinate maggioranze, mira essenzialmente a disciplinare l'approvazione di innovazioni che comportino per tutti i condomini delle spese, ripartite su base millesimale.

Ove invece non si faccia questione di spese, torna applicabile la norma generale dell'art. 1102 c.c., che contempla anche le innovazioni.

La decisione della Suprema Corte.

Nel caso di specie non era contestato che la nuova recinzione comprensiva del cancello fosse stata eseguita dalla condomina del piano terreno a sue esclusive spese.

Ecco perché, secondo la Cassazione, da un lato si fuoriusciva dalla proiezione applicativa dell'art. 1120 c.c. e, dall'altro, a nulla rilevava l'indagine sulla validità della delibera assembleare di pretesa autorizzazione dell'opera.

La Suprema Corte ha quindi risolto la controversia nel segno non già dell'art. 1120 c.c., bensì dell'art. 1102 c.c.

Il dato di fatto era che la recinzione comune non esisteva più e quella di nuova costruzione era stata realizzata su un'area di proprietà esclusiva e non più comune e in ogni caso irraggiungibile dai terzi, che solo per avvicinarsi a essa avrebbero dovuto transitare su suolo privato.

Il bene comune era quindi stato distrutto, con la conseguenza che gli altri condomini non potevano più farne uso.

Si era quindi andati ben oltre i limiti previsti dall'art. 1102 c.c. Per questo motivo nella specie, secondo i giudici, non rivestiva valenza alcuna il richiamo al principio di diritto per il quale l'apertura di varchi e l'installazione di porte o cancellate in un muro ricadente fra le parti comuni dell'edificio condominiale eseguiti da uno dei condomini per creare un nuovo ingresso all'unità immobiliare di sua proprietà esclusiva non integrano abuso della cosa comune suscettibile di ledere i diritti degli altri condomini, non comportando per costoro una qualche impossibilità di far parimenti uso del muro stesso ai sensi dell'art. 1102 c.c.

Sentenza
Scarica Cass. 8 luglio 2020 n. 14294
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