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Valore dell'impugnazione di una delibera di riparto delle spese

Il valore della domanda giudiziale con cui è impugnata la delibera di riparto delle spese per contestare l'addebito al condomino è dato non dall'importo complessivo della spesa, ma dalla singola quota.
Avv. Valentina Papanice 

Importo contestato e valore della domanda giudiziale

Nel caso in cui il condomino impugni una delibera di riparto della spesa limitandosi a contestare l'addebito previsto nei sui confronti, il valore della domanda giudiziale sarà dato dall'importo parziale contestato e non da quello dell'intera spesa. Questo è il principio riaffermato dal Tribunale di Roma nella sentenza n. 293/2020.

Nella specie era accaduto che il Giudice di Pace adìto dai condomini aveva declinato la propria competenza individuando il valore della domanda in base al valore dell'intera spesa dei lavori; questo, nonostante oggetto della contestazione fosse unicamente la quota attribuita ai condomini.

La lite era quindi finita davanti al Tribunale che, pur affermando l'erroneità della decisione, ha poi deciso anche nel merito, vedremo poi perché.

Se il condomino contesta solo la sua quota il valore della domanda è dato da questa

Afferma il tribunale che il G.d.P. ha utilizzato un criterio scorretto.

Il Giudice ricorda il principio già affermato a proposito di rendiconto secondo cui per individuare la competenza per valore di un'impugnativa di una delibera di approvazione del rendiconto annuale e riparto dei contributi, anche se l'attore chiede la dichiarazione di nullità o l'annullamento dell'intera delibera, affermando che non è legittimo quanto a lui richiesto, occorre fare riferimento all'entità della spesa specificamente contestata (si menzionano in proposito vari precedenti e cioè Cass. n. 16898/2013, Cass. n. 18283/2015).

Invalidità della delibera assembleare di approvazione del rendiconto e del piano di riparto, non sempre ci si può lamentare

Il principio, prosegue il giudice, vale anche per le delibere diverse dall'approvazione di rendiconti.

Così ha deciso anche la Corte di Cassazione nella sentenza n. 21227/2018, citata nel provvedimento in commento: infatti, in relazione ad un caso simile, relativo alla contestazione della quota di riparto di una spesa, si è affermato che anche se il condomino agisce per chiedere che sia dichiarato che la quota attribuitagli non è dovuta sull'assunto dell'invalidità della delibera, bisogna fare riferimento all'importo contestato relativamente alla sua singola obbligazione, poiché in generale per individuare la competenza occorre fare riferimento "al "thema decidendum", invece, che al "quid disputandum", per cui l'accertamento di un rapporto che costituisce la "causa petendi" della domanda, in quanto attiene a questione pregiudiziale della quale il giudice può conoscere in via incidentale, non influisce sull'interpretazione e qualificazione dell'oggetto della domanda principale e, conseguentemente, sul valore della causa."

Per thema decidendum dobbiamo intendere la questione che dev'essere effettivamente decisa, mentre per quid disputandum possiamo intendere ciò di qui si dovrà discutere, in senso più lato; infine, la causa petendi rappresenta i fatti e gli elementi di diritto che costituiscono le ragioni della domanda, in termini più semplici, la ragione fattuale e giuridica per cui si è proposta domanda giudiziale.

Come vanno contestati i debiti condominiali?

Conclude poi la sentenza del 2018, in termini più semplici, nel dire che se un condomino impugna uno stato di riparto di una spesa l'interesse che egli porta avanti di fondo è quello a non pagare la sua quota.

Anche la sentenza della Corte di Cassazione del 2018 richiama i precedenti di Cass. n. 16898/13 e n. 18283/15 che, come detto, deliberarono in tema di rendiconto, ma anche in punto di riparto della spesa diversa dal rendiconto e di accertamento incidentale della validità dell'intera delibera non dice nulla di nuovo ed infatti richiama il precedente della Corte di Cassazione n. 6363 del 2010.

Bisogna dunque vedere cosa in effetti la domanda giudiziale contesta.

Perché il tribunale decide nel merito pur avendo accolto l'appello sulla competenza?

Pur avendo affermato che la competenza è del GdP, sarà il Tribunale a decidere anche nel merito.

Spiega infatti il giudice che in caso di riforma della sentenza del GdP che ha declinato la propria competenza, non è previsto (dall'art. 353 c.p.c.) il ritorno al giudice del primo grado.

In questo modo non abbiamo due, ma solo un grado di giudizio, perché la questione del merito è decisa in ogni caso dal tribunale, quale giudice dell'appello contro le sentenze del G.d.P.

In proposito, la Corte Costituzionale è stata investita della questione della legittimità costituzionale dell'art. 46 c.p.c., che, escludendo la possibilità del mezzo del regolamento di competenza nei giudizi davanti ai Giudici di Pace, preclude la possibilità di un doppio grado di giurisdizione.

Senza applicazione del regolamento di competenza, si decide tutto infatti solo davanti al tribunale in sede di appello; mentre, con il regolamento di competenza la Corte di Cassazione dà i provvedimenti necessari per il proseguimento del giudizio davanti al giudice che dichiara competente e rimanda le parti davanti a quello.

La Corte costituzionale ha dichiarato legittimo l'art. 46, spiegando che il doppio grado di giurisdizione, dunque la possibilità di avere due giudizi sul merito non è un principio coperto da garanzia costituzionale, e che comunque sulla causa si trovano in ogni caso a decidere due giudici, sebbene il primo decida solo sull'aspetto della competenza (ord. Corte Cost. n. 585/2000).

Sentenza
Scarica Trib. Roma 8 gennaio 2020 n. 293
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