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Recupero del credito? Una corsa a ostacoli

Il fornitore del condominio incontra mille difficoltà processuali. Ma questo, alla fine dei conti, si traduce in maggiori costi per i condomini.
Avv. Gianfranco Di Rago - Foro di Milano 

Il recupero del credito vantato dal fornitore nei confronti del condominio è diventato una vera e propria corsa a ostacoli. Ma non è detto che questo si risolva in un vantaggio per i condomini… Vediamo allora quali sono le regole alle quali attenersi sulla base di quanto emerge dalla recente sentenza del Tribunale di Terni n. 119 del 10 febbraio 2020.

I fatti di causa.

Nel caso in questione il contenzioso sviluppatosi dinanzi al Giudice è stato alquanto complesso dal punto di vista processuale, come spesso avviene in caso di opposizione all'esecuzione forzata avviata dal creditore del condominio, a causa dell'intrecciarsi di vari rapporti giuridici.

Il fornitore del condominio, non avendo ricevuto il pagamento di quanto dovutogli, aveva richiesto e ottenuto un decreto ingiuntivo per tale importo.

Dopo averlo notificato all'amministratore, il quale continuava a non avere i fondi per saldare il dovuto, il creditore aveva deciso di avviare l'esecuzione nei confronti di una condomina, chiedendo alla medesima il pagamento dell'intero importo dovuto.

Quest'ultima, ricevuta a sua volta la notifica del decreto ingiuntivo e del pedissequo precetto, aveva quindi provveduto a opporlo ai sensi dell'art. 615 c.p.c., procedimento generalmente finalizzato alla contestazione del diritto della parte istante a procedere a esecuzione forzata per difetto originario del titolo esecutivo.

Le ragioni della condomina opponente.

E infatti la condomina in questione aveva eccepito le seguenti circostanze: a) di non avere alcun debito nei confronti di tale fornitore condominiale, avendo acquistato l'unità immobiliare in epoca successiva all'effettuazione dei lavori che avevano interessato il tetto dell'edificio; b) l'infondatezza della richiesta di pagamento dell'intera somma, per violazione del principio della natura parziaria delle obbligazioni condominiali e del principio della previa escussione dei condomini morosi; c) in caso di rigetto dell'opposizione, la condanna in garanzia della precedente condomina che le aveva venduto l'appartamento, che era stata direttamente citata in giudizio.

Le ragioni del fornitore del condominio.

Si costituiva in giudizio il fornitore del condominio, il quale contestava i motivi di opposizione avversaria, evidenziando in primo luogo la natura di obbligazione propter rem da attribuire ai debiti gravanti sull'immobile nei confronti dei terzi creditori (da intendersi quindi oggettivamente inerenti al bene immobile e quindi sempre gravanti sul proprietario effettivo) e chiedeva di essere autorizzato a chiamare in causa anche il condominio, affinché il medesimo, previo accertamento dell'inadempimento dell'obbligazione a suo carico ex art. 63 Disp. att. c.c., fosse condannato a risarcirgli i danni subiti.

Le ragioni della precedente condomina e del condominio.

Si costituivano quindi in giudizio sia la venditrice dell'immobile - la quale eccepiva di nulla dovere, avendo già versato a suo tempo all'amministratore la somma dovuta pro quota per tali lavori - sia il condominio - che eccepiva invece la nullità della citazione in giudizio e l'infondatezza della domanda svolta nei suoi confronti.

Il Giudice, rilevata la sussistenza della nullità della chiamata in causa del condominio, assegnava un termine al condominio per integrare la domanda.

La parziarietà nelle obbligazioni condominiali.

La decisione del Tribunale di Terni.

Concessi alle parti i termini di cui all'art. 183, comma 6, c.p.c., per il deposito delle memorie difensive, la causa veniva quindi istruita in via documentale e trattenuta in decisione.

Nelle more dell'udienza di precisazione delle conclusioni il credito del fornitore era stato però integralmente soddisfatto, con conseguente cessazione della materia del contendere, ma le parti non si si erano accordate sul riparto delle spese del procedimento.

Per questo motivo il Giudice era stato comunque "costretto" a pronunciarsi sulla c.d. soccombenza virtuale, accertando cioè la fondatezza delle opposte domande al mero fine di liquidare le spese di causa.

Cosa ha stabilito il Tribunale? Il Giudice ha respinto la domanda del fornitore nei confronti della condomina e lo ha condannato alle spese di causa, compensandole comunque per la metà, in ragione del non integrale accoglimento delle ragioni difensive della stessa.

Ha respinto le domande di quest'ultima nei confronti della precedente condomina e venditrice dell'appartamento, con conseguente condanna alle spese.

Queste ultime sono state invece integralmente compensate tra il fornitore e il condominio.

I diversi orientamenti in materia, ante e post riforma del condominio.

Considerazioni sull'epilogo della vicenda processuale.

Nel caso in questione, in conclusione, ognuna delle parti del procedimento, salvo forse l'ex condomina dante causa dell'opponente, ha dovuto sostenere delle spese processuali per difendere in giudizio i propri interessi e le stesse sono rimaste a proprio carico. Quanto sopra sia per il condominio che per la condomina, nonché per il fornitore.

Si è volutamente abbondato nell'illustrazione dei fatti di causa per rendere in qualche modo tangibili le abnormi conseguenze pratiche e processuali generate dalla disciplina introdotta dall'art. 63 Disp. att. c.c. post riforma, questione che discende a sua volta dall'annoso problema della mancanza di personalità giuridica del condominio.

Il recupero crediti dei fornitori del condominio, inutile dirlo, è oggi molto complicato. Ma questo, a ben vedere, non è un bene nemmeno per il condominio e i singoli condomini.

Infatti, ove il creditore non desista e proceda in via giudiziale per il recupero di quanto dovuto, si corre il rischio di assistere a una moltiplicazione dei procedimenti e/o delle parti in causa, con inopinati aumenti delle spese processuali (e conseguenze nefaste per l'efficacia e l'efficienza del sistema giudiziario).

E questi costi ulteriori, quando il credito sia fondato, sono comunque destinati a restare a carico del condominio e, in ultima analisi, dei condomini che assolvono regolarmente al pagamento degli oneri condominiali.

I principi che regolano le obbligazioni condominiali.

Preso atto di quanto sopra, vediamo allora di richiamare i principi che regolano le obbligazioni condominiali, anche sulla scorta delle indicazioni che si possono ricavare dalla sentenza del Tribunale di Terni:

  • per le c.d. obbligazioni interne, ovvero per quelle tra condomini e condominio, vige il principio della parziarietà, in base al quale ciascuno è tenuto a pagare nei limiti della propria quota millesimale;
  • per le c.d. obbligazioni esterne, ovvero per quelle tra condomini e soggetti terzi, vista la mancanza di personalità giuridica del primo, si applica la complessa disposizione di cui all'art. 63 Disp. att. c.c. e risponde sempre il soggetto che sia in quel momento proprietario dell'unità immobiliare;
  • occorre preliminarmente avvertire che il creditore - come ritenuto, non senza contraddizione, dalla maggior parte dei Giudici di merito - può aggredire in via esecutiva il conto corrente condominiale;
  • in caso contrario, in prima battuta, ex art. 63 Disp. att. c.c., questi deve ottenere dall'amministratore l'elenco dei condomini morosi, ovvero di quelli che non hanno versato la propria quota del debito, ed esercitare verso di essi le relative azioni esecutive; nel caso in cui non abbia recuperato l'intera somma dovuta, potrà rivolgere la propria residua pretesa anche nei confronti degli altri condomini, quelli in regola con il pagamento pro quota del debito;
  • in questi casi tuttavia - come ritenuto dalla Suprema Corte con la sentenza n. 22856/2017, cui il Tribunale di Terni espressamente si richiama - al creditore basta allegare la propria pretesa e pretendere il pagamento dai condomini verso i quali abbia esercitato l'azione esecutiva senza preoccuparsi di provare la quota millesimale dovuta da ciascuno di essi; dovranno infatti essere eventualmente questi ultimi, ove ritengano che sia stato loro chiesto di pagare una somma superiore alla propria quota di comproprietà, ad attivarsi giudizialmente con lo strumento dell'opposizione all'esecuzione; in tale ipotesi il precetto sarà inefficace per la richiesta dell'importo eccedente la quota millesimale dell'intimato, laddove questi dimostri in concreto la misura di detta quota, ma conserverà la sua efficacia nei limiti di essa (detta conclusione, da cui è evidente che scaturisca il rischio di una moltiplicazione del contenzioso, viene giustificata dalla Suprema Corte con il richiamo al principio di vicinanza della prova, essendo riferibile al singolo condomino la prova del fatto impeditivo/modificativo e cioè la misura della sua quota di comproprietà).
Sentenza
Scarica Trib. Terni 10 febbraio 2020 n. 119
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