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Usucapione di costruzione a distanza irregolare

Si può usucapire il diritto a mantenere la costruzione a distanza inferiore a quella fissata dal codice civile o dai regolamenti urbanistici?
Avv. Mariano Acquaviva 

È noto a tutti, anche ai meno esperti, che la legge impone il rispetto di precise distanze tra le costruzioni. Queste distanze sono stabilite dal Codice civile, oltre che dalle leggi speciali e dai regolamenti locali, i quali possono anche prevedere condizioni più restrittive.

Con questo articolo ci soffermeremo su uno specifico argomento: vedremo se è possibile l'usucapione di una costruzione a distanza irregolare.

Il tema è stato recentemente affrontato dal Tribunale di Roma con la sentenza n. 19076 del 7 dicembre 2021. In questa pronuncia, il giudice capitolino ha ammesso la possibilità che sia possibile l'acquisto per usucapione di una servitù avente a oggetto il mantenimento di costruzione a distanza inferiore a quella fissata dalla legge.

Al contempo, però, ha anche stabilito che il diritto acquistato per usucapione resta limitato all'ambito privatistico; con la conseguenza che, nel rapporto tra privato e pubblica amministrazione, la violazione della disciplina pubblicistica dettata a tutela degli interessi urbanistici non viene sanata. Insomma: ciò che è abusivo resta abusivo.

Analizziamo più nel dettaglio il caso affrontato dal Tribunale di Roma e vediamo cosa succede nel caso di usucapione di una costruzione a distanza irregolare.

Costruzione a distanza illegale: la domanda dell'attore

Il caso sottoposto al Tribunale di Roma può essere così riassunto. L'attore citava in giudizio il suo vicino per una serie di opere abusive. Il convenuto avrebbe infatti abusivamente realizzato:

  • sul terrazzo del proprio immobile antistante la proprietà dell'attore, a circa 2 metri dal muro di confine, una copertura-tettoia in travi di legno ancorata stabilmente a terra e sul muro della sua costruzione;
  • un ampliamento volumetrico ad uso abitativo dei propri locali siti al primo piano, in difformità da quanto risultava dalla concessione edilizia;
  • al piano terra, senza titoli abilitativi, un locale magazzino appoggiato al muro di confine delle due proprietà.

Così testualmente il Tribunale di Roma: «La sanatoria edilizia opera, infatti, solo nei rapporti tra P.A. e autore della costruzione, prevedendo la regolarizzazione della costruzione stessa dal punto di vista amministrativo, penale e fiscale, e cioè solo dal punto di vista dell'interesse pubblico.

Essa non pregiudica mai i diritti dei terzi, non solo quelli di origine negoziale, ma anche quelli discendenti dai limiti legali, non operando nei rapporti tra i privati.

Ciò in quanto la sanatoria non comporta una modifica della disciplina urbanistica ed edilizia.

E, d'altronde, i titoli abilitativi, anche in sanatoria, prevedono espressamente la salvezza di eventuali diritti di terzi».

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Insomma: l'eventuale sanatoria opera solo nei rapporti tra privato e pubblica amministrazione, elidendo così quei profili di antigiuridicità che potrebbero far incorrere il privato in sanzioni, ma non può mai pregiudicare i diritti nel frattempo acquisiti da terze persone.

È qui che si inserisce il discorso sull'usucapione del diritto a mantenere la costruzione a distanza illegale. Il tempo trascorso potrebbe infatti valere ai fini della usucapione del diritto (di servitù) a mantenere la costruzione a distanza inferiore a quella imposta.

Il Tribunale di Roma fa proprio l'orientamento maggioritario della Cassazione, secondo cui è configurabile l'acquisto per usucapione di una servitù avente a oggetto il mantenimento di costruzione a distanza inferiore a quella fissata dal codice civile o anche dai regolamenti e strumenti urbanistici.

Il diritto acquistato per usucapione, però, resta ovviamente limitato all'ambito privatistico; con la conseguenza che, nel rapporto tra privato e p.a., la violazione della disciplina pubblicistica dettata a tutela degli interessi urbanistici non viene sanata.

«Tale soluzione contempera l'interesse del privato, che ha realizzato la costruzione, a non sottostare indefinitamente alla possibilità che il vicino agisca per il rispetto delle distanze legali, e la salvaguardia dei poteri riservati in materia alla p.a., la quale, in quanto autorità deputata al controllo del territorio, può, incidendo nell'esclusivo ambito del rapporto pubblicistico con il proprietario responsabile dell'abuso, reprimere l'illecito edilizio anche adottando un ordine di demolizione della costruzione eseguita in assenza o totale difformità o variazione essenziale dalla concessione edilizia».

Secondo il giudice capitolino, nel caso in esame sia il fabbricato dell'attore che quello del convenuto erano stati edificati abusivamente e successivamente regolarizzati tramite concessione in sanatoria.

«Tali elementi fattuali confermano che, nelle fattispecie di cui è causa, può dirsi perfezionata l'usucapione ventennale quanto alla distanza di entrambi i manufatti dal confine considerando che la giurisprudenza riconosce che, perché possa aversi usucapione del diritto di servitù a mantenere un manufatto a distanza inferiore a quella legale, la costruzione deve restare "la stessa" per tutto il tempo necessario a usucapire e che, alla luce degli approfondimenti tecnici espletati, non emerge che dopo le date di ultimazione degli immobili oggetto di condono siano state realizzate nuove costruzioni».

Ne deriva, in definitiva, che ogni domanda finalizzata alla demolizione di porzioni immobiliari edificate in violazione delle distanze legali tra le costruzioni deve essere rigettata. Insomma: pari e patta.

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Sentenza
Scarica Trib. Roma n.19076 7/12/2021
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