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Distanze tra costruzioni e applicazione delle norme

Dalle norme in materia di distanze tra costruzioni alla nozione di costruzione in aderenza: il punto della Cassazione.
Dott.ssa Lucia Izzo 

Se il giudice accerta una violazione delle distanze di cui all'art. 873 c.c. dovrà ordinare la riduzione in pristino della costruzione, con demolizione delle parti che non rispettano tali limiti.

Inoltre, egli è altresì obbligato ad avere conoscenza di eventuali prescrizioni sulle distanze legali contenute nelle norme tecniche di attuazione del piano regolatore generale comunale, in quanto queste assumono natura integrativa dei precetti di cui all'art. 873 del codice.

Quanto alla "costruzione in aderenza" ex art. 877 c.c. trattasi di nozione che postula la mancanza di qualsivoglia intercapedine rispetto al preesistente muro del vicino, nonché la piena autonomia (statica e funzionale) nei riguardi dello stesso.

Sono questi i principi che la seconda sezione civile della Corte di Cassazione ha ribadito nell'ordinanza n. 25495/2021, emessa con riguardo a una vicenda di denunciata violazione di norme in materia di distanze nelle costruzioni.

Ad adire le vie legali è una società immobiliare che punta il dito contro un edificio condominiale, costruito sul confine e in aderenza all'immobile di sua proprietà a seguito della demolizione del precedente fabbricato adibito uso industriale.

Parte attrice sostiene che la nuova costruzione abbia dato luogo un'intercapedine tra i due edifici di circa 40 cm, così violando sia le norme civilistiche in materia di distanze sia le disposizioni delle N.T.A. del P.R.G. del Comune che consentivano di edificare a distanza non inferiore a cinque metri dal confine oppure in aderenza, ma in tal caso solo con il consenso dell'altra parte, qui mancante.

Del nuovo edificio si lamenta anche la presenza di vedute e balconi non rispettosi delle distanze legali.

Da qui la domanda giudiziale volta ad accertare la violazione delle distanze e ad ottenere la condanna della convenuta alla rimessione in pristino dei luoghi e al risarcimento danni. La richiesta viene respinta dal Tribunale in prime cure e poi accolta parzialmente dalla Corte d'Appello.

In particolare, il Collegio si sofferma sul balcone del secondo piano dell'edificio, da intendersi soggetto alla disciplina delle distanze ex art. 873 c.c., e di conseguenza ordina l'apposizione di ostacoli all'affaccio e alla visione sul fondo vicino.

Una decisione che, oltre a non trovare d'accordo la società immobiliare, non è ritenuta condivisibile neppure dagli Ermellini che accolgono in toto il ricorso della società immobiliare.

Violazione delle distanze: va ordinata la riduzione in pristino

In primis, la Cassazione precisa che, ove il giudice accerti l'avvenuta realizzazione di una costruzione in violazione delle distanze ex art. 873 c.c., sarà poi tenuto a "ordinarne la riduzione in pristino con demolizione delle parti che superano tali limiti (cfr. Cass n. 30761/2018), non potendo, viceversa, soltanto disporre, come avvenuto nel caso in esame, l'esecuzione di accorgimenti idonei ad impedire l'esercizio della veduta sul fondo altrui, consistenti in opere che rendano impossibile il prospicere e l'inspicere in alienum".

Ancora, si legge nell'ordinanza, "l'azione in tema di distanze tra costruzioni è chiaramente volta ad evitare il formarsi di intercapedini tra fabbricati, potenzialmente dannose per gli interessi generali all'igiene, al decoro ed alla sicurezza degli abitanti, mentre diversa è l'azione concernente l'apertura di vedute sul fondo del vicino, la quale tutela gli interessi esclusivamente privati del proprietario del bene dall'indiscrezione del vicino, impedendo a quest'ultimo di affacciarsi e di guardare nella proprietà del primo" (cfr. Cass., n. 5698/2001).

Per questi motivi la Corte d'Appello avrebbe dovuto altresì pronunciarsi sulla espressa e autonoma domanda di risarcimento dei danni lamentati dall'attrice in conseguenza della costruzione realizzata in violazione delle distanze prescritte dall'art. 873 c.c., reiterata in sede di gravame, cosa che invece non ha fatto.

Distanze tra costruzioni, l'amministratore non ha legittimazione autonoma a ricorrere in Cassazione

Rapporto con N.T.A. del P.R.G. del Comune

Ulteriore errore in cui è incorso il giudice di seconde cure, evidenzia la Cassazione, è quello di aver ritenuto che l'obbligo stabilito dalle norme di attuazione del P.R.G. non trovasse ingresso nel caso di specie, in virtù del fatto che la sopraelevazione in aderenza, laddove trattasi di demolizione e ricostruzione di un edificio preesistente già costruito in aderenza, non rappresenterebbe una nuova costruzione.

Il Collegio sottolinea, in primis, come il giudice sia obbligato ad avere conoscenza (in virtù del principio "iura novit curia" delle prescrizioni sulle distanze legali contenute nelle norme tecniche di attuazione del piano regolatore generale comunale, aventi natura integrativa dei precetti di cui all'art. 873 c.c., come quelle allegate nel giudizio in esame.

Inoltre, spiega il provvedimento, la realizzazione di un fabbricato alto, come nella specie, oltre dieci metri più del preesistente demolito, deve essere considerata "nuova costruzione", e può essere di conseguenza eseguita solo con il rispetto della vigente normativa sulle distanze legali dalle costruzioni o dal fondo confinante.

Dislivello tra fondi e distanze tra costruzioni

Difatti, "un'opera di modifica che si traduce non soltanto nella realizzazione ex novo di un fabbricato, ma anche in un aumento della volumetria e della superficie di ingombro rispetto all'edificio preesistente non può qualificarsi come risanamento conservativo o ricostruzione dei volumi edificabili preesistenti, i quali hanno solo lo scopo di conservarne i precedenti valori" (cfr. tra le più recenti, Cass. n. 28612/2020; Cass, n. 5049/2018).

Quando il fabbricato è in aderenza?

In ultima istanza, la Corte d'Appello si ritiene essere incorsa in errore anche nel qualificare il fabbricato di nuova costruzione "in aderenza" a quello accanto, nonostante vi fosse invece un certo distacco tra le costruzioni, esistente al secondo piano dell'edificio: qui, infatti, si era creata un'intercapedine che il giudice del gravame ha qualificato come "necessitata dalla costruzione preveniente" e perciò imputabile all'Immobiliare per la presenza della gronda e del pluviale sporgenti verso la proprietà attigua.

La Cassazione rammenta come la nozione di costruzione in aderenza alla fabbrica altrui, contenuta nell'art. 877 c.c., "postula l'assenza di qualsiasi intercapedine rispetto al preesistente muro del vicino e la piena autonomia (statica e funzionale) nei riguardi dello stesso".

Pertanto, la stessa deve ritenersi "consentita, salvo l'obbligo di pagamento nascente dall'eventuale occupazione di suolo altrui, anche quando tale muro presenti irregolarità (rientranze, sporgenze, riseghe e simili) nel suo ulteriore sviluppo in altezza, purché l'intercapedine possa ugualmente colmarsi mediante opportuni accorgimenti tecnici a cura del costruttore prevenuto, al di fuori dei cui obblighi resta, invece, qualsiasi opera intesa ad eliminare dette irregolarità, che fa carico al preveniente" (cfr. Cass. n. 3229/1984).

Sentenza
Scarica Cass 21 settembre 2021 n. 25495
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