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La tettoia costruita a distanza inferiore di tre metri dalla finestra dev'essere sempre demolita

Il proprietario della finestra ha diritto di chiedere l'eliminazione della tettoia posizionata a distanza ravvicinata.
Avv. Alessandro Gallucci 
10 Ago, 2021

Diritto di veduta e diritto di ripararsi da sguardi indiscreti.

A determinate condizioni, sembrerà strano ai fautori della riservatezza assoluta, prevale il diritto di veduta.

Si badi, diritto di veduta non sta a significare diritto di impicciarsi degli affari altrui, ma piuttosto diritto a potersi sporgere e godere di aria, luce e visuale date dalla originaria conformazione dello stato dei luoghi.

Così, ad esempio, chi abita al primo piano ha diritto di affacciarsi e guardare nel giardino del vicino del piano terra, o meglio a non vedere intralciato il suo diritto ad affacciarsi.

La questione, che spesso genera contenziosi, è sovente stata oggetto di pronunce da parte della Suprema Corte di Cassazione: è utile, allora, valutare i principi espressi dai giudici di legittimità.

Diritto di veduta e distanze delle costruzioni

Il diritto di veduta previsto e disciplinato dall'art. 907 c.c. ha carattere assoluto sicché il proprietario della finestra ha diritto di chiedere in ogni caso l'eliminazione delle opere posizionate a distanza inferiore di tre metri (nella specie trattasi di una tettoia).

Questa la conclusione cui è giunta la Corte di Cassazione con la sentenza n. 7269 depositata in cancelleria il 27 marzo 2014.

Dei risvolti pratici dell'esistenza di questo diritto se ne occupa, s'è detto, l'art. 907 c.c. a mente del quale:

. Quando si è acquistato il diritto di avere vedute dirette verso il fondo vicino, il proprietario di questo non può fabbricare a distanza minore di tre metri, misurata a norma dell'art. 905.

Se la veduta diretta forma anche veduta obliqua, la distanza di tre metri deve pure osservarsi dai lati della finestra da cui la veduta obliqua si esercita.

Se si vuole appoggiare la nuova costruzione al muro in cui sono le dette vedute dirette od oblique, essa deve arrestarsi almeno a tre metri sotto la loro soglia".

Il diritto di veduta si sostanzia in una vera e propria servitù che può acquistarsi per contratto e vista la sua apparenza (costituita dall'affaccio) anche per usucapione e destinazione del padre di famiglia (artt. 1061-1062 c.c.).

L'ipotesi della destinazione del padre di famiglia - si pensi all'esempio prima citato del piano primo e dell'affaccio sul giardino - è una delle modalità classiche di costituzione di questa particolare servitù.

Diritto di veduta, come tutelarlo

Il titolare del diritto, quindi, può agire giudizialmente per ottenere la rimozione delle opere realizzate in spregio a quando disposto dall'art. 907 c.c.

È evidente che l'accettazione e/o la preventiva autorizzazione espressa dell'opera fanno venir meno il diritto di agire per la sua rimozione.

Ciò che conta, però, nel caso di violazione delle distanze ai sensi dell'art. 907 c.c. è solamente la violazione delle distanze medesime.

Violazione delle distanze legali e installazione delle mattonelle in vetrocemento

È questa la soluzione cui è giunta la Suprema Corte di Cassazione con la sentenza in esame. Nel caso di specie il convenuto in giudizio, poi ricorrente in Cassazione, lamentava l'illegittimità della decisione impugnata e ne chiedeva l'annullamento. (Distanza tra edifici. Si deve calcolare anche il balcone?)

Gli ermellini non sono stati d'accordo in quanto a loro modo di vedere, in relazione allo specifico caso la costruzione non rientrava nei casi indicati dal convenuto stesso (con corredata citazione di giurisprudenza di legittimità) e la questione doveva essere risolta applicando il principio di diritto (frutto di altro consolidato orientamento di legittimità) che recita: . l'art. 907 cod. civ., che vieta di costruire a distanza inferiore di tre metri dalle vedute dirette aperte sulla costruzione del fondo finitimo, pone un divieto assoluto, la cui violazione si realizza in forza del mero fatto che la costruzione è a distanza inferiore a quella stabilita, a prescindere da ogni valutazione in concreto se essa sia o meno idonea ad impedire o ad ostacolare l'esercizio della veduta (v., in precedenza, Cass. n. 11199 del 2000; Cass. n. 12299 del 1997); la norma infatti enuclea in favore del titolare della veduta un diritto perfetto al rispetto della distanza legale da parte della costruzione del vicino, senza introdurre ulteriori condizioni [?]. (Cass. 27 marzo 2014 n. 7269).

Diritto di veduta in condominio

Spesso si legge che in condominio la normativa in materia di distanze va contemperata con il diritto al pari uso della cosa comune, sancito dall'art. 1102 c.c.

Vero, ma il contemperamento, che pur può comprimere il diritto di un singolo, non può arrivare fino a eliminare quel diritto.

È così per la veduta.

In teoria il posizionamento della tettoia sulla facciata è lecito, ai sensi dell'art. 1102 c.c., se ciò non lede sicurezza, decoro e stabilità dell'edificio.

Tale diritto del singolo sui beni comuni, però, non può estendersi fino al punto di sacrificare completamente il diritto di un altro condòmino.

Risultato? Se la tettoia dista almeno tre metri dalla veduta, nessun problema, considerando l'uso della facciata per appoggiarla legittimo ai sensi dell'art. 1102, essa potrà rimanere.

Diversamente il titolare del diritto di veduta potrà sempre chiederne la rimozione: sempre ma facendo salva un'eventuale usucapione.

Anche la presenza di balconi assicura la possibilità di veduta

Sentenza
Scarica Cass. 27 marzo 2014, n. 7269
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