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Quanto è difficile provare che l'amministratore scorretto ha preso una percentuale dal fornitore?

La prova della collusione tra amministratore e fornitore è difficile, ma non impossibile.
Avv. Alessandro Gallucci 

Un problema molto sentito tra i condòmini è quello dell'infedeltà dell'amministratore (scorretto) che conclude di nascosto dal condominio accordi con i fornitori per avere una percentuale della cifra fatturata.

Il problema, in questi casi, è la prova di quell'accordo occulto e poi della sua esecuzione. Si badi: la prova non è facile e non sempre questo accordo assume rilevanza penale.

Non solo: a determinate condizioni, per giunta, il conflitto di interessi, perché di questo si tratta, può non sussistere e quindi si deve valido quell'accordo che, se occultato può essere considerato collusivo, mentre ove sia palesato è solamente un accordo di natura commerciale.

Detto ciò, è una prassi diffusa che imprese e amministratori scorretti concordino una percentuale sui guadagni derivanti dall'incarico ottenuto, e che questi ultimi la incassino senza che ne sia data una notizia chiara, espressa e dettagliata ai condomini.

Percentuale riconosciuta dall'impresa all'amministratore o pretesa dall'amministratore: come funziona?

Il meccanismo con il quale si arriva all'accordo sulla corresponsione della percentuale è duplice.

Il primo vede l'impresa esecutrice di qualsiasi opera (dall'intervento di ristrutturazione edilizia, al servizio di pulizia scale, per finire a quella di lettura dei contatori, ecc.) lasciare all'amministratore una percentuale sulle proprie prestazioni in cambio della vittoria della gara d'appalto o del mantenimento della collaborazione.

Si tratta per fare un parallelo con le teorie penalistiche di una sorta corruzione ambientale, cioè di un agire legato al fatto notorio che quell'amministratore nel proprio lavoro richiede ai fornitori una parte del loro fatturato e quindi senza che vi sia bisogno che questo si esprima in tal senso l'impresa corrisponde la somma di sua iniziativa.

Questo caso sembra essere innocuo per il condominio, ma non lo è. Pur ipotizzato che l'amministratore abbia ricevuto senza chiedere, egli avrà agito correttamente non rendicontando al condominio quel guadagno? Se il condominio ha pagato 100 e l'amministratore si è visto riconoscere 10 dall'impresa, quel guadagno dell'amministratore non coincide, di fatto, con un mancato risparmio del condominio? Davvero si può considerare legittima, se occultata, questa prassi? Ne dubitiamo e non siamo i soli.

La seconda ipotesi è quella della percentuale pretesa dall'amministratore. Per i puristi della lingua italiana, pretendere è un verbo che sta a significare tanto "richiedere con fermezza e decisione cosa a cui si ritiene di avere diritto" quanto "richiedere con arroganza qualcosa a cui non si ha diritto".

La pretesa nel caso che ci occupa è del secondo tipo: che il richiedente si ponga in modo prevaricatore o assertivo non c'è differenza: la sua è una richiesta infondata.

A parte i casi eclatanti di vera e propria estorsione (minacce dell'amministratore alle imprese, ma si tratta di casi assolutamente marginali, a dire il vero inesistenti se si spulcia la casistica giurisprudenziale), il problema sta per l'appunto nello sradicare questo malvezzo che lungi dal rappresentare solamente un accordo economico rischia di far essere l'amministratore veramente non incline a tutelare gli interessi del condominio.

La questione, infatti, è la seguente: se l'impresa non ha ben eseguito i lavori, ma l'amministratore ha da questa ricevuto parte del guadagno derivante da quei lavori, in che modo potrà tutelare gli interessi del condominio?

Come provare il fatto?

Stando al normale svolgersi dei rapporti tra condomini e fornitori, dimostrare questo accordo senza la delazione del titolare dell'impresa o di altro elemento che dimostri inoppugnabilmente questo assunto non è praticamente possibile.

Portiamo un esempio per meglio comprendere di che cosa si sta parlando.

L'assemblea del condominio Beta sceglie l'impresa Alfa, la cui proposta è stata portata dall'amministratore (ma il caso varrebbe anche per impresa indicata dai condòmini), per l'esecuzione d'interventi di straordinaria ordinaria manutenzione.

Il preventivo presentato ed approvato prevede un costo complessivo dei lavori pari ad € 100.000,00.

L'impresa aveva assicurato all'amministratore che in caso di vittoria della gara d'appalto gli avrebbe riconosciuto una percentuale sul guadagno pari al 2%. Se di questo fatto non c'è menzione nel verbale dell'assemblea e in altro documento approvato dai condòmini, quel contratto viene concluso dall'amministratore in palese conflitto di interessi.

Al saldo dei lavori l'impresario mantiene l'impegno dando la sua quota, in contanti, all'amministratore.

In questo caso le somme transitano dal conto del condominio a quello della ditta (necessariamente se ai lavori è unita la richiesta di agevolazioni fiscali per le spese ad esso inerenti, il così detto 50%).

In sostanza nessuna possibilità di dimostrare l'accordo se non con una registrazione o una testimonianza (la cui attendibilità andrebbe poi vagliata dal giudice adito, sia esso civile o penale); più raro, ma non impossibile, che la questione possa trasparire dalla documentazione condominiale.

Alcuni fornitori, infatti, stornano una parte dell'importo fatturato e lo comunicano formalmente al cliente (cioè al condominio).

Se l'amministratore ha trattenuto per sé lo storno, trattandosi di documento condominiale, i condòmini avranno diritto a ottenere copia di quel documento, al più su ordine del giudice, anche dall'impresa che lo ha emesso.

Quella dello storno è prassi utilizzata soprattutto dalle imprese di notevoli dimensioni, soggette a stringenti controlli di natura fiscale.

Certo è che, se la dimostrazione dell'accordo collusivo non è facile, si può sicuramente provare a prevenire, in modo da aggravare ab origine eventuali accordi come quelli che stiamo trattando

In primis, all'atto della firma dell'assunzione dell'incarico di amministrazione si può domandare all'amministratore di firmare una dichiarazione d'impegno a non percepire in modo diretto o indiretto percentuali dalle imprese e di segnalare all'assemblea il caso in cui l'impresa abbia manifestato la volontà di corrispondere spontaneamente una percentuale.

Del pari si può chiedere al titolare dell'impresa di firmare una dichiarazione d'impegno a non corrispondere in modo diretto o indiretto percentuali all'amministratore e di segnalare all'assemblea il caso in cui l'amministratore abbia manifestato la volontà di percepire una percentuale sull'importo dei lavori.

In questi ultimi due casi, allorquando si arrivasse a dimostrare che è avvenuto il contrario (testimonianza, prova registrata, prova documentale), tanto l'impresa quanto l'amministratore potrebbero essere denunciati per truffa.

In generale, ove l'amministratore abbia ottenuto il pagamento di una percentuale sul profitto da parte dell'impresa, vagliata attentamente la modalità di corresponsione da parte del fornitore, si potrebbe arrivare a considerare quella fattispecie penalmente rilevante, considerando l'amministratore punibile per appropriazione indebita e l'impresa concorrente nel reato de quo. Infatti, se nella sostanza quell'opera, per la quale l'impresa ha ottenuto 100 e poi ha riconosciuto 10 all'amministratore, è costata concretamente (cioè per quanto riguarda la sua effettiva realizzazione) 90, quei 10 di differenza erano una somma che i condòmini non avrebbero dovuto corrispondere e che è stata stornata dalla loro disponibilità.

È come una forma di sconto di cui non ha beneficiato il pagatore (condominio) ma il suo rappresentante (amministratore) appropriandosene.

Non nascondiamo che si tratti di fatti di cui sia difficile dar prova, pur essendo doveroso di ciò è altrettanto necessario esporre i profili giuridici di illiceità e ipotizzare dei rimedi preventivi.

Profili civili. Il conflitto di interessi e l'annullamento del contratto.

Il contratto concluso tra impresa e condominio è annullabile per conflitto di interessi su richiesta del condominio allorquando vi sia stato a monte un accordo occulto (o, se espresso, mai accettato attraverso la ratifica del contratto) tra amministratore ed impresa in merito al pagamento di una percentuale da parte del fornitore a vantaggio del mandatario.

L'annullabilità comporta il venir meno del vincolo contrattuale, con efficacia dall'origine del rapporto e, quindi, con tutta una serie di ripercussioni anche sugli esborsi sostenuti dal condominio e di responsabilità risarcitorie in capo all'amministratore verso il condominio stesso e l'impresa, da valutarsi caso per caso.

In generale, ferme restando le difficoltà probatorie di cui trattasi, si pone il problema del quantum che l'impresa e l'amministratore debbano restituire al condominio. Nessun dubbio sulla percentuale corrisposta e sul profitto dell'impresa.

Diverse le conclusioni sulle spese vive sostenute dall'impresa per la realizzazione delle opere rispetto alle quali la medesima impresa, dinanzi ad una richiesta da parte del condominio di restituzione dell'intero importo versato potrebbe contro agire per l'indebito arricchimento derivante dall'avvenuta esecuzione delle opere.

Arricchimento senza causa, la questione alle Sezioni Unite. Cosa può cambiare per il condominio?

Come ridurre il rischio?

Un'ipotesi è quella di presentare quanti più preventivi possibili in modo tale da ridurre la possibilità di far vincere l'appalto alla ditta presentata dall'amministratore.

Certo, verrebbe da chiedersi, in questo caso: chi assicura che il condomino che fornisce un nominativo non lo faccia per interesse suo personale (es. rimborso integrale della sua quota spese) e non di quello della compagine? O che l'amministratore non possa comunque colludere con l'impresa?

Il modus operandi sarebbe identico a quello descritto nel caso pratico solo con un giro in più: condomino che versa all'amministratore che a sua volta paga l'impresa che finalmente rimborsa il comproprietario. Il sospetto fa di un fil di ragno una gomena, dice un vecchio adagio; il detto evidentemente anche nei rapporti con l'amministratore, del quale va sempre presunta la correttezza fino a prova contraria.

È giusto essere guardinghi e tutelare il proprio interesse, ma ragionare solamente in termini di sospetto è cosa che non porta da nessuna parte. È bene fare in modo che delibere e regolamenti disciplinino nella massima trasparenza le procedure di selezione delle ditte per il caso d'ogni genere d'appalto. Questa è l'unica vera regola da seguire per evitare cattivi affari per il condominio. Sul resto è difficile intervenire.

Ad ogni modo, qualora i condomini potessero dimostrare l'infedeltà del proprio amministratore, essi, anche singolarmente considerati, potrebbero agire per chiederne la revoca giudiziale per fondati sospetti di gravi irregolarità. Sebbene non esistano pronunce in merito si può forse dubitare che la combutta tra mandatario e terzo fornitore non possa essere nociva per il condominio?

Delle ipotesi più ricorrenti di percentuali riconosciute dalle imprese all'amministratore e dei modi di prevenirle o dimostrarle, parliamo dedicandogli uno specifico capitolo anche nel nostro ebook L'amministratore di condominio: Il controllo del suo operato, tutti gli strumenti a disposizione

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