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Disdetta del contratto di manutenzione dell'ascensore e legittimazione giudiziale dell'amministratore.

Quando si può recedere dal contratto di manutenzione dell'ascensore? Come si qualifica il condominio? L'amministratore munito di procura per il primo grado di giudizio ha necessità di chiedere altra autorizzazione assembleare per i gradi successivi?
Avv. Anna Nicola - Foro di Torino 

La fattispecie

La vicenda è pervenuta fino alla Suprema Corte, con la decisione del 28 aprile 2021 n. 11200.

Essa nasce dalla delibera assembleare con cui il condominio ha deciso di recedere anticipatamente da un contratto di manutenzione dell'ascensore condominiale avente durata decennale. Il contratto contiene la clausola che posticipa l'efficacia del recesso del committente condominio fino alla naturale scadenza nell'ambito di contratto avente durata decennale e con rinnovo automatico di identica portata.

Le vicende processuali

La società contraente ha adito il Giudice di pace che ha dichiarato illegittimo il recesso, alla stregua della clausola convenzionale limitativa della facoltà di recesso ante tempus contenuta nel contratto intercorso tra le parti, condannando il Condominio al pagamento in favore dell'attrice dei canoni da versare fino alla naturale scadenza contrattuale.

Il Condominio promuove l'appello davanti al Tribunale. Il Giudice di secondo grado, accogliendo l'appello avanzato dal Condominio e riformando la sentenza di primo grado, ha dapprima rigettato l'eccezione sul difetto di procura dell'appellante, affermando che l'autorizzazione rilasciata dall'assemblea all'amministratore per il giudizio di primo grado vale per tutti i gradi del processo e che comunque le eventuali irregolarità nella costituzione dell'amministratore condominiale potevano rilevare come "motivi di doglianza interna al condominio medesimo e non causa di nullità".

Il Tribunale ha poi ritenuto di poter qualificare il condominio come "consumatore", alla stregua del d.lgs. n. 206 del 2005, e dunque di dover verificare la vessatorietà delle clausole del contratto dedotto in lite in base alla relativa disciplina, a tal fine richiamando alcuni provvedimenti dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato ed evidenziando l'obbligatorietà della manutenzione dell'ascensore cui è tenuto il proprietario a norma dell'art. 15 del d.p.r. 162/1999.

Il giudice d'appello ha così concluso che fosse vessatoria la clausola in esame, posticipando essa l'efficacia del recesso del committente fino alla naturale scadenza nell'ambito di contratto avente durata decennale e con rinnovo automatico di identica portata.

Si giunge quindi davanti al Supremo Collegio, adito dalla società fornitrice della manutenzione ascensore.

La legittimazione processuale dell'amministratore di condominio

La società insiste che l'autorizzazione assembleare nei confronti dell'amministratore aveva ad oggetto il solo primo grado di giudizio e non anche quello di gravame.
La Suprema Corte ritiene che si tratti di motivo infondato nella sostanza, seppur correggendo la motivazione resa dal Tribunale di Avellino nella sentenza impugnata, secondo cui la irregolarità della costituzione del condominio appellante avrebbe riguardato "motivi di doglianza interna al condominio medesimo e non causa di nullità".

Richiamando l'insegnamento della stessa Cassazione (Cass. Sez.

U, 06/08/2010, n. 18331), il Collegio afferma che l'amministratore del condominio, potendo essere convenuto nei giudizi relativi alle parti comuni, ed essendo tenuto a dare senza indugio notizia all'assemblea della citazione e del provvedimento che esorbiti dai suoi poteri, ai sensi dell'art. 1131, commi 2 e 3, c.c., può costituirsi in giudizio ed impugnare la sentenza sfavorevole senza la preventiva autorizzazione dell'assemblea, ma deve, in tale ipotesi, ottenere la necessaria ratifica da parte dell'assemblea stessa, per evitare l'inammissibilità dell'atto di costituzione ovvero di impugnazione.

Com'è noto, nel ricostruire la portata dell'art. 1131, comma 2, c.c., Cass., sez. un., 6 agosto 2010, n. 18331, ha affermato che, ferma la possibilità dell'immediata costituzione in giudizio dell'amministratore convenuto, ovvero della tempestiva impugnazione dell'amministratore soccombente (e ciò nel quadro generale di tutela urgente di quell'interesse comune che è alla base della sua qualifica e della legittimazione passiva di cui è investito), l'operato dell'amministratore deve essere sempre ratificato dall'assemblea, in quanto unica titolare del relativo potere.

Inoltre si ricorda che l'art. 182, comma 2, c.p.c., secondo cui il giudice, quando rileva un difetto di rappresentanza, di assistenza o di autorizzazione, assegna alle parti un termine perentorio per la regolarizzazione, si applica anche al giudizio d'appello.

Dunque, la cosiddetta autorizzazione dell'assemblea a resistere in giudizio, ovvero il mandato dato all'amministratore per conferire la procura "ad litem" al difensore, vale solo per il grado di giudizio in relazione al quale viene rilasciata, e quindi, se inerente alla costituzione nel giudizio di primo grado, non sana la mancanza della ulteriore preventiva autorizzazione assembleare per l'appello formulato dallo stesso amministratore avverso la sentenza di prime cure (Cass., 26/11/2004, n. 22294).

D'altro canto, l'eventuale ratifica assembleare poi intervenuta vale a sanare retroattivamente la costituzione processuale dell'amministratore sprovvisto di autorizzazione dell'assemblea, e perciò vanifica ogni avversa eccezione di inammissibilità, ovvero ottempera al rilievo ufficioso del giudice che abbia all'uopo assegnato il termine ex art. 182 c.p.c. per regolarizzare il difetto di rappresentanza.

Questa regolarizzazione, come la ratifica, può intervenire in qualsiasi fase e grado del giudizio, con effetti "ex tunc" (Cass. Sez. 6 - 2, 16/11/2017, n. 27236; arg. anche da Cass. Sez. U, Sentenza n. 4248 del 04/03/2016).

Effettuate tutte queste osservazioni, la Suprema Corte rileva che la necessità dell'autorizzazione o della ratifica assembleare per la costituzione in giudizio dell'amministratore va riferita soltanto alle cause che esorbitano dalle attribuzioni dell'amministratore, ai sensi dell'art. 1131, commi 2 e 3, c.c.

Applicando i principi evidenziati al caso in esame, il recesso anticipato del Condominio dal contratto di manutenzione dell'ascensore era stato deciso con delibera assembleare; l'esecuzione delle deliberazioni dell'assemblea costituisce espressa attribuzione dell'amministratore ai sensi dell'art. 1130, n. 1, c.c., sicché a quest'ultimo spetta sia la legittimazione passiva ad essere convenuto nelle controversie riguardanti tale materia, sia la facoltà di gravare la relativa decisione del giudice, senza necessità di autorizzazione o ratifica dell'assemblea (Cass. Sez. 2, 23/01/2014, n. 1451; Cass. Sez. 2, 20/03/2017, n. 7095; Cass. Sez. 2, 10/03/2020, n. 6735).

Manutenzione ascensore, quale criterio applicare?

Il Supremo Collegio ha poi accolto il ricorso per un motivo squisitamente processuale, ritenendo da questo assorbite tutte le altre censure.

Condominio consumatore

Non è dato sapere quale sia l'orientamento della decisione in esame sulla clausola di recesso nel caso in esame, visto che il relativo motivo è stato ritenuto assorbito. Occorre quindi guardare ai precedenti.

Secondo la Corte di Cassazione (Cass. n. 10679/2015; Trib. Milano, 21 luglio 2016), ora supportata dalla Corte di Giustizia dell'UE (C. Giust. UE sent. del 2.04.2020, causa C-329/19), il condominio è un consumatore perché, essendo un semplice ente di gestione, è dato dalla sommatoria dei condomini, anch'essi consumatori.

Da ciò discende che tutte le norme del codice del consumo si applicano anche ai condomini, ivi comprese ad esempio le tutele contro le clausole abusive presenti nei contratti stipulati con i fornitori.

Naturalmente per poter far ciò occorre che la controparte sia un "professionista" nel senso inteso dalla normativa, un imprenditore, una società o altro soggetto esercente arte o professione.

L'amministratore del condominio, nel siglare un contratto con un professionista, agisce quale mandatario dei singoli condomini, perciò il contratto può essere considerato come concluso da un consumatore e potrà invocarne le relative tutele riconosciute dalla legge (Cass. Civ. nn. 10679/15 e 452/05).

Penale in caso di recesso anticipato dal contratto di manutenzione ascensore

Poiché nel caso in esame si tratta di clausola che posticipa l'efficacia del recesso del committente fino alla naturale scadenza del contratto, avente durata decennale, con rinnovo automatico di identica portata si ritiene che comporti restrizioni alla libertà contrattuale nei rapporti coi terzi, sancendo la tacita proroga o rinnovazione del contratto a discapito del contraente debole, condominio.

Quindi, ove la Suprema Corte avesse affrontato anche questo tema, si può presumere che la conclusione possa essere nel senso della nullità della clausola.

Occorre rilevare che di recente il Tribunale di Bologna con la sentenza del 14 aprile 2021, n. 946 è giunto alla conclusione opposta, per via del contenuto della clausola di recesso anticipato prevedendo la modulazione a scalare del canone per il caso di recesso anticipato nella stessa fattispecie di contratto di manutenzione dell'ascensore.

Sentenza
Scarica Cass. 28 aprile 2021 n. 11200
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