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Cause condominiali, quando si può chiamare in giudizio solo l'amministratore?

La legittimazione dell'amministratore nelle cause condominiali: quando può agire in esclusiva e quando è necessaria la partecipazione dei singoli condomini nella tutela dei diritti sulle parti comuni.
Avv. Anna Nicola - Foro di Torino 
13 Mar, 2020

I poteri processuali dell'amministratore

La decisione del Supremo Collegio del 10 marzo 2020 n. 6735 riprende il tema della legittimazione dell'amministratore nelle vertenze condominiali.

Com'è noto, l'amministratore è il mandatario dell'edificio, gestendo e amministrando la sua quotidianità a tutto campo.

I poteri processuali sono delineati dall'art. 1131 c.c., norma che indica e definisce la sua legittimazione sia dal lato attivo, sia da quello passivo.

Leggendo attentamente la norma, si può affermare, in termini generali, che i poteri processuali del mandatario dello stabile sono lo specchio di quelli sostanziali.

"la legittimazione dell'amministratore del condominio dal lato passivo ai sensi dell'art. 1131, secondo comma, cod. civ. non incontra limiti e sussiste, anche in ordine all'interposizione d'ogni mezzo di gravame che si renda eventualmente necessario, in relazione ad ogni tipo d'azione, anche reale o possessoria, promossa nei confronti del condominio da terzi o da un singolo condomino (trovando un tanto ragione nell'esigenza di facilitare l'evocazione in giudizio del condominio, quale ente di gestione sfornito di personalità giuridica distinta da quella dei singoli condomini) in ordine alle parti comuni dello stabile condominiale" (Cass. 10 novembre 2010, n. 22886).

Occorre porre a mente che ci sono situazioni in cui si tratta di legittimazione esclusiva dell'amministratore ed altre in cui invece è un potere concorrente. Per queste seconde, la posizione processuale può essere assunta anche dal singolo condomino.

Il discrimine è dato dagli interessi in gioco: in caso di impugnazione della delibera assembleare legittimato passivamente è il solo amministratore. Non così nel caso in cui vengano in qualche modo toccati i diritti dei condomini sulle parti comuni

L'impugnazione della deliberazione assembleare e il diritto sulle parti comuni

Nel caso portato al vaglio del Supremo Collegio, si trattava dell'impugnazione della deliberazione assembleare con cui era stata modificata a maggioranza una tabella millesimale di nascita contrattuale. Il profilo di invalidità è la nullità della stessa.

Essendo in ambito di azione ex art. 1137 c.c., la Cassazione ha concluso per la sola legittimazione del mandatario dello stabile, senza necessità di partecipazione di alcun condomino. In linea con quanto sin qui detto, è la previsione dell'art. 69 disp. Att. c.c. in termini di esclusiva presenza processuale dell'amministratore nei giudizi di revisione delle tabelle millesimali.

Non si deve trattare di delibera in termini di diritti dei singoli sulle parti comuni, in quanto se così fosse stato, ciò avrebbe permesso l'ingresso processuale del singolo condomino.

Come già affermato in precedenza dalla Cassazione Sezioni Unite n. 10934/2019, "Nelle controversie condominiali che investono i diritti dei singoli condòmini sulle parti comuni, ciascun condòmino ha, in considerazione della natura dei diritti contesi, un autonomo potere individuale - concorrente, in mancanza di personalità giuridica del condominio, con quello dell'amministratore - di agire e resistere a tutela dei suoi diritti di comproprietario "pro quota", sicché è ammissibile il ricorso incidentale tardivo del condòmino che, pur non avendo svolto difese nei precedenti gradi di merito, intenda evitare gli effetti sfavorevoli della sentenza pronunciata nei confronti del condominio senza risentire dell'analoga difesa già svolta dallo stesso."

Si tratta della giurisprudenza successiva alla decisione delle Sezioni Unite n. 19663/2014 sulla cui base nelle controversie aventi ad oggetto un diritto comune, l'esistenza dell'organo rappresentativo unitario non priva i singoli condomini del potere di agire in difesa dei diritti connessi alla loro partecipazione, né di intervenire nel giudizio in cui tale difesa sia stata legittimamente assunta dall'amministratore.

In linea con i principi affermati dalla Cassazione è l'art. 1117-quater disp. Att. c.c., rubricato "Tutela delle destinazioni d'uso", il cui testo evidenzia che affianco all'amministratore od anche in via esclusiva il singolo condomino può agire anche in sede giudiziale per la tutela dei beni comuni quando un terzo ponga in essere attività che incidono negativamente ed in senso sostanziale sulla destinazione d'uso.

Richiesta danni al condominio. Cosa deve fare l'amministratore

Il testo della norma è il seguente: "In caso di attività che incidono negativamente e in modo sostanziale sulle destinazioni d'uso delle parti comuni, l'amministratore o i condomini, anche singolarmente, possono diffidare l'esecutore e possono chiedere la convocazione dell'assemblea per far cessare la violazione, anche mediante azioni giudiziarie.

L'assemblea delibera in merito alla cessazione di tali attività con la maggioranza prevista dal secondo comma dell'articolo"

Ritornando al caso della Cassazione in commento, è stato affermato che l'amministratore ha la legittimazione autonoma ad impugnare/resistere contro la sentenza di primo grado in termini di delibera assembleare ex art. 1137 c.c. perché derivante dai poteri sanciti dall'art. 1130 n. 1 e 1131 c.c. senza necessità di autorizzazione o ratifica da parte dell'assemblea.

Ed infatti nel caso di specie, a ben vedere, la questione non attiene ai beni e servizi comuni e relativi diritti dei singoli bensì viene in rilievo un interesse gestorio collettivo dei condomini, anche se in opposizione all'interesse particolare di uno di essi, cioè del condomino che ha promosso la causa contro la delibera assembleare.

Nello specifico, il condomino che aveva impugnato la decisione aveva citato in sede di appello tutti i condomini, la maggioranza dei quali era rimasta contumace. La chiamata dei condomini era volta ad ottenere l'estromissione dell'amministratore, pronuncia negata dalla Corte di Appello e confermata dal Supremo Collegio.

La conclusione è che la legittimazione esclusiva dell'amministratore non può essere inficiata dall'eventuale acquiescenza operata dai singoli condomini evocati in giudizio.

Supercondominio legittimazione passiva

Legittimazione passiva dell'amministratore di condominio, quale conclusione?

Nell'ambito delle dinamiche condominiali, tutte le posizioni di natura reale sono per semplificazione rappresentate dall'amministratore o gestite dall'assemblea nell'interesse comune, ma non possono mai ledere il diritto individuale pro quota di ciascun condomino sulle parti comuni.

E' la coesistenza della gestione e rappresentanza unitarie e frazionabilità dei poteri sui beni comuni che permette la concorrente legittimazione processuale del singolo nelle azioni relative alla proprietà condominiale.

Da queste esulano i rapporti che non riguardano i diritti su beni o servizi comuni, che interessano la loro gestione perché volti a soddisfare esigenze solo collettive della comunità condominiale.

Per queste ultime non si configura alcuna correlazione tra l'interesse diretto comune e quello mediato del singolo partecipante.

Il caso è dato, ad esempio, dall'obbligo di manutenzione, riparazione e custodia dei beni comuni, che sono imputabili al condominio come tale e sono esercitate per mezzo dei suoi organi, salvo l'art. 1134 c.c.

Poiché per essi manca il potere di disponibilità sostanziale del singolo, ne deriva l'assenza della singola legittimazione processuale.

La conclusione è che il potere di intervento in giudizio e di impugnativa del singolo ricorre per le controversie aventi ad oggetto azioni reali, incidenti sul diritto pro quota o esclusivo di ciascun condomino, o anche azioni personali, se toccano in via immediata e diretta i diritti di ciascun partecipante.

Così non può essere per le vertenze relative alla gestione o alla custodia dei beni comuni, dove la situazione sostanziale è unicamente rapportabile al condominio: per queste la legittimazione è in via esclusiva in capo all'amministratore.

Sentenza
Scarica Cass. 10 marzo 2020 n. 6735
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