La Corte di cassazione, con ordinanza n. 5129 del 27 febbraio 2024 ha aggiunto un nuovo tassello che si inserisce nel dibattito in merito alla sussistenza di un interesse personale del condomino ad impugnare la deliberazione condominiale ai fini dell'accoglimento della domanda.
Per la questione, non nuova e obiettivamente controversa anche tra gli interpreti, non si può prescindere dalla distinzione tra azione di annullamento, disciplinata dall'art. 1137 c.c. e legata ai vizi formali della delibera, . azione di nullità che ne decreta l'invalidità per mancanza originaria degli elementi costitutivi essenziali o di impossibilità materiale o giuridica dell'oggetto.
L'assemblea ordina, implicitamente, il ripristino dello stato dei luoghi ma la delibera è annullata. Fatto e decisione
La Corte di appello di Catania, in accoglimento del gravame proposto contro la sentenza di primo grado, dichiarava inammissibile per difetto di interesse ad agire l'impugnazione di una delibera assembleare ai sensi dell'art. 1137 c.c. spiegata da un condomino nei confronti del Condominio.
Oggetto della delibera era il mandato conferito all'amministratore di inviare all'impugnante una raccomandata per chiedergli di rimuovere la struttura da questi realizzata sul proprio balcone con il ripristino dello stato dei luoghi quo ante. In caso contrario l'amministratore era stato autorizzato a denunciare l'abuso alla competente autorità.
Il ricorso dinanzi alla Corte di cassazione proposto dall'attuale ricorrente è stato accolto per un solo motivo, che è quello di rilevanza ai fini del presente commento e che si riferisce alla negata legittimazione, da parte dei giudici del merito, del condomino all'impugnativa della deliberazione.
La Corte, in via preliminare, ha distinto tra "l'interesse ad agire mediante impugnazione della delibera e l'interesse tutelato del condomino attore, essendo il primo necessariamente strumentale al secondo". Il primo è "limitato all'interesse giuridicamente rilevante a che egli [il condomino] abbia un diverso contenuto dell'assetto organizzativo della materia regolata dalla maggioranza assembleare, contenuto diverso perché più conveniente alle sue personali aspirazioni, sebbene la decisione del giudice che accoglie la domanda ex art. 1137 c.c. si limiti in negativo a caducare la delibera sfavorevole e non possa sostituirsi in positivo all'attività dell'assemblea".
In parallelo, l'interesse ad agire sotto il profilo processuale presuppone che il condomino prospetti una "lesione individuale di rilievo patrimoniale correlata alla delibera impugnata, così rivelando quale utilità concreta potrebbe ricevere dall'accoglimento della domanda".
Con riferimento a questi due principi la Corte ha individuato l'errore nel quale sarebbe incorsa la Corte del merito, che aveva respinto l'appello per inammissibilità, mancando il requisito dell'interesse ad agire dell'attore ai sensi dell'art. 1137 c.c.
La deliberazione impugnata, invece, presentava tutti i requisiti che ne legittimavano l'impugnativa da parte del condomino. Infatti:
- la delibera partiva dal presupposto che l'area interessata fosse di proprietà condominiale;
- in ragione di ciò le modifiche apportate dall'attore erano state considerate illegittime e, in quanto tali, giustificative della contrarietà dei condomini alla realizzazione del manufatto,
- per l'effetto, dunque, correttamente l'assemblea aveva conferito mandato all'amministratore, in forza dell'art. 1130, nn. 1 e 4, c.c., di mettere in mora il condomino per poi procedere nei suoi confronti in via cautelare;
- la deliberazione, avente immediato valore, non poteva che essere posta in esecuzione con conseguente interesse sostanziale alla sua impugnazione;
Per altro verso - ad avviso della Corte Suprema - si abbinava la sussistenza dell'interesse ad agire ex art. 100 c.p.c., "avendo l'attore prospettato una lesione individuale di rilievo patrimoniale correlata alla delibera impugnata e così rivelato l'utilità concreta che poteva ricevere dall'accoglimento della domanda, ove la decisione presa dall'assemblea fosse risultata contraria alla legge o al regolamento di condominio".
Riflessioni sull'interesse ad agire per impugnare le delibere assembleari
Nei principi qui evidenziati si condensa il nucleo della questione che da sempre ha caratterizzato il fattore "interesse ad agire" in generale e, in particolare, nell'ambito dell'impugnativa della delibera assembleare.
Il punto di riferimento è l'art. 100 c.p.c. il quale stabilisce che "per proporre una domanda o contraddire alla stessa è necessario avervi interesse". Una norma necessariamente secca che, nel tempo, ha assunto i suoi connotati grazie all'intervento di una cospicua interpretazione giurisprudenziale.
Le considerazioni valide in via generale assumono particolare rilevanza in tema di impugnativa di delibere assembleari, rispetto alle quali si pone il dualismo tra delibere annullabili (di cui all'art. 1137 c.c.) e delibere nulle.
Quanto alle prime, se si dà uno sguardo alla giurisprudenza si evidenziano due linee interpretative.
Da un lato vi è chi ritiene che condomini dissenzienti ed assenti siano esentati dalla prova di avere uno specifico interesse diverso da quello della rimozione dell'atto impugnato. Ciò in quanto l'azione di annullamento della delibera assembleare è finalizzata ad eliminare il vizio formale dalla quale la stessa è affetta, con la conseguenza che l'interesse ad agire coincide proprio con l'accertamento dei vizi formali (ex multis Cass. 19 agosto 2020, n. 17294).
Per altro verso, si sostiene il contrario allorché si afferma che il condomino, che intenda impugnare una delibera, deve allegare e dimostrare di avervi interesse, identificabile in un apprezzabile pregiudizio personale, in termini della sua posizione patrimoniale, determinato dall'approvazione della delibera in questione (Cass. 09 marzo 2017, n. 6128).
Parimenti divisa è, peraltro, la giurisprudenza di merito talchè sarebbe auspicabile un intervento delle Sezioni Unite della Cassazione per mettere un punto definitivo sulla questione.
Differente, invece, è il discorso per quanto concerne le delibere nulle che possono essere oggetto di impugnativa da chiunque vi abbia interesse, come più volte affermato dalla giurisprudenza, la quale ha ribadito il principio secondo il quale "la nullità di una delibera condominiale è disciplinata dall'art. 1421 c. c., a norma del quale chiunque vi ha interesse può farla valere e quindi anche il condomino che abbia partecipato, con il suo voto favorevole, alla formazione di detta delibera, salvo che con tale voto egli si sia assunto o abbia riconosciuto una sua personale obbligazione" (Cass. 18 aprile 2002, n. 5626).
Senza dimenticare, ovviamente, che anche la nullità di una delibera assembleare può essere sempre rilevata dal giudice.