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Presunzione di condominialità e rimozione manufatto

Chi vuole dimostrare l'esclusività di un bene deve fornire prova risultante dagli atti di compravendita, essendo irrilevanti i semplici dati catastali.
Avv. Mariano Acquaviva 

In condominio le parti comuni non possono essere occupate ed utilizzate in maniera egoistica, a meno che il titolo non disponga inequivocabilmente il contrario. Di fronte a questi illegittimi comportamenti può intervenire, a tutela della collettività, anche il singolo condomino.

È ciò che è accaduto nel caso affrontato dal Tribunale di Roma con la sentenza n. 3184 del primo marzo 2022, riguardante la rimozione di un manufatto edificato su uno spazio comune. Approfondiamo la questione.

Manufatto edificato su spazio comune: il caso

Nel caso affrontato dal tribunale capitolino, l'attore lamentava che i convenuti si fossero appropriati sia del lastrico solare comune soprastante la propria unità immobiliare, sia del torrino, anch'esso comune, di accesso al lastrico stesso.

Tale condotta appropriativa si era concretata mediante l'edificazione, sul lastrico, di un manufatto composto da diversi ambienti per civile abitazione, mentre dal torrino erano stati ricavati ulteriori ambienti di servizio a quelli della nuova costruzione.

L'attore chiedeva pertanto la rimozione di quanto realizzato abusivamente sulla proprietà comune, in violazione peraltro sia della stabilità statica che del decoro architettonico dell'edificio, rilevando altresì come dall'edificazione fosse derivato danno anche alla sua proprietà privata (i lavori avevano, infatti, causato diverse infiltrazioni).

Si costituivano in giudizio i convenuti, eccependo anzitutto l'originaria comproprietà esclusiva dell'intera palazzina; in secondo luogo, l'inesistenza di problemi strutturali o di lesione del decoro architettonico. In ulteriore subordine, i convenuti eccepivano l'intervenuta usucapione delle opere di cui l'attore chiedeva la rimozione.

Una parte comune può diventare privata

Presunzione di condominialità: come funziona?

Il Tribunale di Roma, con la sentenza n. 3184 del primo marzo 2022 in commento, ha accolto la domanda di demolizione e riduzione in pristino proposta dall'attore, arrivando a tale conclusione dopo aver ragionato approfonditamente circa la presunzione di condominialità dei beni presenti nel fabbricato.

Secondo il giudice capitolino, non vi sono dubbi che le costruzioni e trasformazioni edilizie per le quali è causa insistano su una proprietà condominiale.

E infatti, sia i lastrici solari (che svolgono un'indefettibile funzione primaria di protezione dell'edificio e soltanto in via accessoria, possono prestarsi anche ad altri usi, persino esclusivi, come quello di terrazzo) sia i "torrini" della gabbia scale o del locale ascensore, si presumono compresi nel novero dei beni comuni contemplati dall'art. 1117 c.c., a meno che un titolo, assolutamente non equivoco e proveniente dall'originario proprietario unico, non disponga il contrario.

Pertanto, il condomino che agisce a tutela di porzioni immobiliari ricomprese nell'elenco di cui alla disposizione appena richiamata è esentato dalla prova rigorosa richiesta, invece, per la rivendicazione, essendo sufficiente, per la presunzione di condominialità, l'intrinseca attitudine al servizio o al godimento collettivo e, cioè, che lo stesso «sia collegato, strumentalmente, materialmente o funzionalmente con le unità immobiliari di proprietà esclusiva dei singoli condòmini, in rapporto con queste da accessorio a principale, mentre spetta al condomino che ne afferma la proprietà esclusiva darne la prova» (cfr. Cass. ord., 5 febbraio 2019, n. 3310).

Chi vuole dimostrare il contrario deve fornire prova che esista un'espressa riserva a favore di uno soltanto dei contraenti, risultante dagli atti di compravendita (a partire dal primo in assoluto, che ha dato vita al condominio), essendo irrilevanti i semplici dati catastali o la circostanza per cui il lastrico sia da una sola unità immobiliare o serva all'uso esclusivo di un singolo condominio (Cass., ord., 6 settembre 2019, n. 22339), se esso «riveste, anche a beneficio dell'unità immobiliare di quel condomino, la naturale funzione di copertura del fabbricato comune» (Cass., 5 maggio 2016, n. 9035).

Dall'altro, com'è noto, per la più recente giurisprudenza della Suprema Corte (cfr. Cass. ord. 7 gennaio 2022, n. 290), «il condomino proprietario del piano sottostante al tetto comune dell'edificio, può trasformarlo in terrazza di proprio uso esclusivo, sempre che un tale intervento dia luogo a modifiche non significative della consistenza del bene, in rapporto alla sua estensione, e sia attuato con tecniche costruttive tali da non affievolire la funzione di copertura e protezione delle sottostanti strutture svolta dal tetto preesistente, quali la coibentazione termica e la protezione del piano di calpestio di una terrazza mediante idonei materiali»

Secondo il Tribunale di Roma, nella fattispecie non si può assolutamente ritenere che i convenuti (i quali non sono proprietari del piano sottostante il lastrico) siano riusciti nell'intento di fornire la rigorosa dimostrazione di cui erano onerati processualmente, poiché, in mancanza di titolo negoziale (primo rogito di alienazione di singola unità in proprietà individuale), assolutamente non equivoco, che riguardasse così il lastrico come il torrino, essi si sono limitati ad addurre argomenti non convincenti.

Va ribadito, infatti, come (indipendentemente dal concreto uso cui essi sono stati a lungo adibiti e dalle contraddittorie indicazioni contenute nelle piante e nelle schede catastali) appaia indubbiamente risolutivo il rilievo secondo il quale, per la naturale (e insopprimibile) funzione di copertura assolta dal lastrico e per la strumentale funzione di accesso a quest'ultimo assolta dal torrino (unico sbocco delle scale condominiali), le pretese destinazioni esclusive non avrebbero potuto essere attribuite altrimenti che con espressa riserva.

Terrazzo comune e torrino collegato all'appartamento all'ultimo piano

Sentenza
Scarica Trib. Roma 1 marzo 2022 n. 3184
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