Secondo l'insegnamento della Suprema Corte di Cassazione, Sezioni Unite, 14 aprile 2021, n. 9839, in tema di condominio degli edifici, l'azione di annullamento delle delibere assembleari costituisce la regola generale, ai sensi dell'art. 1137 c.c., come modificato dall'art. 15 della l. n. 220 del 2012, mentre la categoria della nullità ha un'estensione residuale ed è rinvenibile nelle seguenti ipotesi:
- "Mancanza originaria degli elementi costitutivi essenziali": è il caso, ad esempio, della delibera priva di oggetto o adottata senza la votazione dell'assemblea; o della delibera priva di causa o ancora non risultante nel verbale dell'assemblea per cui mancante del requisito della forma scritta;
- "Impossibilità dell'oggetto in senso materiale o giuridico": quest'ultima da valutarsi in relazione al "difetto assoluto di attribuzioni". L'impossibilità materiale dell'oggetto della deliberazione si riferisce alla concreta possibilità di dare attuazione a quanto deliberato mentre l'impossibilità giuridica dell'oggetto, invece, va valutata in relazione alle "attribuzioni" proprie dell'assemblea.
L'assemblea condominiale - atteso il carattere meramente esemplificativo delle attribuzioni riconosciute dall'art. 1135 cod. civ. - può deliberare, quale organo destinato ad esprimere la volontà collettiva dei partecipanti, qualunque provvedimento, anche non previsto dalla legge o dal regolamento di condominio, sempreché non si tratti di provvedimenti volti a perseguire una finalità extracondominiale (cfr. Cass., Sez. 2, n.5130 del 06/03/2007).
Sicché, il potere deliberativo dell'assemblea deve mantenersi all'interno delle proprie attribuzioni; ove l'assemblea oltrepassi i poteri ad essa conferiti dalla legge, la deliberazione avrà un oggetto giuridicamente impossibile e risulterà viziata da "difetto assoluto di attribuzioni".
- "Contenuto illecito", ossia contrario a "norme imperative" o all' "ordine pubblico" o al "buon costume".
Pertanto, sono nulle le deliberazioni con le quali, a maggioranza, siano stabiliti o modificati i generali criteri di ripartizione delle spese previsti dalla legge o dalla convenzione, da valere per il futuro, trattandosi di materia che esula dalle attribuzioni dell'assemblea previste dall'art. 1135, nn. 2) e 3), c.c., mentre sono meramente annullabili le deliberazioni aventi ad oggetto la ripartizione in concreto tra i condomini delle spese relative alla gestione delle parti e dei servizi comuni adottate in violazione dei criteri generali previsti dalla legge o dalla convenzione stessi, trattandosi di deliberazioni assunte nell'esercizio di dette attribuzioni assembleari, cosicché la relativa impugnazione va proposta nel termine di decadenza previsto dall'art. 1137, comma 2, c.c.
Non così avviene, invece, quando l'assemblea adotti una deliberazione nell'ambito delle proprie attribuzioni, ma eserciti malamente il potere ad essa conferito; quando essa adotti una deliberazione violando la legge, ma senza usurpare i poteri riconosciuti dall'ordinamento ad altri soggetti giuridici: in tali casi, la deliberazione "contraria alla legge" è semplicemente annullabile, secondo la regola generale posta dall'articolo 1137 c.c. (Cass. Sez. Un. 14 aprile 2021, n. 9839).
Il Tribunale di Tivoli di recente si è pronunciato, con sentenza n. 1546 del 5.11.2021, su di un caso di impugnazione di delibera assembleare in relazione a motivi che in astratto potrebbero determinarne la nullità e l'annullabilità per impossibilità giuridica dell'oggetto ed irregolarità nel procedimento di convocazione dell'assemblea.
Vediamo il caso concreto portato dinanzi alla cognizione del Tribunale di Tivoli.
Nullità per impossibilità giuridica dell'oggetto: non si configura se la decisione non viene adottata.
L'impossibilità giuridica dell'oggetto che, come detto, comporta la nullità della delibera per difetto assoluto di attribuzione in capo all'assemblea che, appunto, nel deliberare oltrepassa i poteri ad essa riconosciuti, non si configura nel caso in cui la delibera non sia stata approvata e la decisione non sia stata sottoposta a votazione.
Sicché, per il Tribunale, se il contenuto della decisione riportato a verbale, non si è tradotto in una decisione giuridicamente esistente ossia concretamente adottata, rappresentando semplicemente una mera manifestazione di intenti condominiale, la delibera non può essere ritenuta nulla per impossibilità giuridica dell'oggetto.
Annullabilità per convocazione di assemblea tardiva: nel calcolo di "almeno cinque giorni prima" non va conteggiato il dies ad quem
La delibera condominiale per essere valida deve essere regolarmente convocata dall'amministratore (annualmente in via ordinaria) o anche in via straordinaria quando questi lo ritiene necessario o quando ne è fatta richiesta da almeno due condomini che rappresentino un sesto del valore dell'edificio.
Decorsi dieci giorni dalla richiesta, i detti condòmini possono provvedere direttamente alla convocazione.
In mancanza dell'amministratore, la convocazione può avvenire anche ad iniziativa di ciascun condòmino.
L'art. 66 delle disp. att. del codice civile, prevede che l'avviso di convocazione, contenente specifica indicazione dell'ordine del giorno, deve essere comunicato almeno cinque giorni prima della data fissata per l'adunanza in prima convocazione, a mezzo di posta raccomandata, posta elettronica certificata, fax o tramite consegna a mano, e deve contenere l'indicazione del luogo e dell'ora della riunione o, se prevista in modalità di videoconferenza, della piattaforma elettronica sulla quale si terrà la riunione e dell'ora della stessa. Il mancato rispetto di tale termine produce l'annullabilità della delibera assembleare.
In caso di omessa, tardiva o incompleta convocazione degli aventi diritto, la deliberazione assembleare è annullabile ai sensi dell'articolo 1137 c.c. su istanza dei dissenzienti o assenti perché non ritualmente convocati (art. 66, comma 3, disp. att. c.c.).
La mancata comunicazione, a taluno dei condomini, dell'avviso di convocazione dell'assemblea condominiale comporta, non la nullità, ma l'annullabilità della delibera condominiale, la quale, ove non impugnata nel termine di trenta giorni è valida ed efficace nei confronti di tutti (Cass., S.U., n. 4806/2005)
Come va computato il termine di cinque giorni previsto per la comunicazione dell'avviso di convocazione dell'assemblea ai partecipanti?
In risposta a tale interrogativo, la Suprema Corte, con ordinanza n. 18635 del 30 giugno 2021 ha enunciato il seguente principio: Nel calcolo del termine di "almeno cinque giorni prima", stabilito dall'art. 66, ultimo comma (nella formulazione vigente "ratione temporis"), disp. att. c.c., per la comunicazione ai condomini dell'avviso di convocazione dell'assemblea, atto recettizio di cui il condominio deve provare la tempestività rispetto alla riunione fissata per la prima convocazione, trattandosi di giorni "non liberi" (stante l''eccezionalità dei termini cd. "liberi" - che escludono dal computo i giorni iniziale e finale - limitati ai soli casi espressamente previsti dalla legge) e da calcolare a ritroso, non va conteggiato il "dies ad quem" (e, cioè, quello di svolgimento della riunione medesima), che assume il valore di capo o punto fermo iniziale, mentre va incluso il "dies a quo" (coincidente con la data di ricevimento dell'avviso), quale capo o punto fermo finale, secondo la regola generale fisata negli artt. 155, comma 1, c.p.c. e 2963 c.c.".
Nella specie, la S.C. ha ritenuto tempestivo l'avviso di convocazione ricevuto il 29 marzo, in relazione ad un'assemblea condominiale convocata, per la prima adunanza, in data 3 aprile.
Nel caso in esame, conformemente al suddetto principio elaborato dalla Corte di Cassazione, il Tribunale di Tivoli ha ritenuto tempestivo l'avviso di convocazione recapitato in data 30 aprile, in relazione ad un'assemblea condominiale convocata per il 5 (prima convocazione) 6 maggio 2019.
Con riferimento all'altra assemblea oggetto di causa, convocata per il 13-14 febbraio 2019, l'avviso di convocazione è stato ritenuto tardivo poiché la lettera raccomandata non era stata consegnata per assenza del destinatario per cui era stato rilasciato avviso di giacenza dall'ufficiale postale solo in data 13 febbraio, data da utilizzare per il calcolo dei 5 giorni.
In caso di assenza del destinatario, dunque, la data da utilizzare per il calcolo dei 5 giorni coincide con il rilascio dell'avviso di giacenza del plico contenente l'avviso di convocazione, momento idoneo a consentire il ritiro del piego stesso (Cass. n. 8275/2019).