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Passaggio di consegne: ecco quando l'amministratore di condominio uscente non può esigere il rimborso delle anticipazioni sostenute

In assenza della delibera di approvazione assembleare, il verbale di passaggio delle consegne, di per sé, non consente all'amministratore uscente di esigere il rimborso delle anticipazioni sostenute.
Avv. Roberto Rizzo 

Esattamente come Teseo nell'impari lotta contro il Minotauro, il nostro amministratore di Condominio, decaduto dalla carica, che volesse ottenere il rimborso delle spese da lui anticipate, nell'interesse dei propri amministrati, sulla base del solo verbale di passaggio delle consegne -sia pure sottoscritto dal collega subentrante- si troverebbe ad affrontare un'impresa titanica, estremamente impegnativa e dall'esito non certamente scontato, posto che, per consolidato orientamento giurisprudenziale, di legittimità e di merito, detto verbale, di per sé, non è affatto sufficiente a certificare il presunto credito vantato nei confronti della compagine condominiale.

Tanto risulta dall'analisi della pronuncia oggi in commento - Tribunale Civile di Roma, Sezione V, Sentenza n. 23128 del 03.12.2019 - la quale sancisce, a chiare lettere, l'inefficacia del verbale in parola come autonoma fonte del diritto al rimborso delle eventuali anticipazioni da parte dell'amministratore uscente nei confronti dei suoi ex condomini.

Veniamo alla vicenda processuale.

Con atto di citazione ritualmente notificato, l'amministratrice TB conveniva in giudizio, innanzi al Giudice di Pace di Roma, il Condominio "D", chiedendone la condanna al pagamento, in proprio favore, di una somma determinata, a titolo di anticipazioni sostenute nel corso della sua gestione per sopperire alla mancanza di fondi, allegando, a sostegno della propria richiesta, un prospetto contabile condominiale caratterizzato da un disavanzo di cassa e non approvato dall'assemblea, oltre alla dichiarazione sottoscritta, all'atto del passaggio delle consegne, dal nuovo amministratore, il quale riconosceva la corrispondenza della documentazione consegnatagli a quella descritta nel verbale di consegna e dichiarava che la somma oggetto di lite sarebbe stata corrisposta all'attrice entro una data prestabilita.

Si costituiva in giudizio il convenuto Condominio, il quale contestava la pretesa di TB, eccependo che nessuna anticipazione fosse stata approvata dall'assemblea e che il mero verbale di passaggio delle consegne non fosse idoneo a costituire riconoscimento di debito.

Il Giudice di Pace, nonostante le contestazioni sollevate, accoglieva la domanda dell'ex amministratrice; avverso tale pronuncia il Condominio "D" proponeva appello innanzi il Tribunale di Roma, reiterando le difese già svolte in primo grado e sostenendo l'assoluta carenza probatoria dell'assunto di parte attrice, la quale, non solo aveva allegato semplici rendiconti non approvati dal consesso assembleare, ma non aveva neppure prodotto le fatture che pure deduceva di aver pagato con denaro proprio; insisteva, pertanto, per l'accoglimento della spiegata opposizione.

Si costituiva TB, insistendo per il rigetto del gravame e la conferma dell'appellata sentenza, essendo la domanda, a suo dire, adeguatamente supportata dal verbale di passaggio delle consegne.

Il Tribunale di Roma, definitivamente pronunciando, in totale riforma della Sentenza di primo grado, accoglieva l'appello; rigettava la domanda proposta da TB e condannava quest'ultima alla refusione delle spese, in favore dell'appellante, per il doppio grado di giudizio.

La pronuncia in commento offre diversi spunti di riflessione, tutti meritevoli di approfondita analisi.

In primo luogo, appare necessario analizzare la valenza probatoria che la Corte Territoriale riconosce al verbale di passaggio di consegne, per sottolineare come, a parere del Tribunale, detto documento, anche se sottoscritto dall'amministratore subentrante -come nel caso di specie- non sia idoneo ad integrare gli estremi del riconoscimento di debito di cui all'art. 1988 c.c., atteso che, proprio alla luce del ruolo di mandatario ricoperto dal gestore della cosa altrui, quest'ultimo - in assenza di una esplicita autorizzazione assembleare in tal senso- non è titolare del diritto patrimoniale controverso, che resta vincolato alla sfera dispositiva dei singoli condomini.

Si legge, in proposito: "Il potere di rappresentanza che lega l'amministratore al Condominio è contenuto nei limiti delle attribuzioni di cui all'art. 1130 c.c. (…) non rientra allora tra le attribuzioni dell'amministratore, quale organo di rappresentanza dell'ente di gestione, incaricato dell'ordinaria amministrazione dei beni comuni il potere di disporre, senza apposita autorizzazione assembleare (…) di una situazione giuridica che si riflette sulla sfera patrimoniale dei singoli condomini (…)"

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Detto orientamento, riprende quello espresso, in precedenza, dalla Corte d'Appello di Napoli, con la Sentenza depositata in data 22.10.2014, nella quale viene enunciato analogo principio: "(…) L'amministratore di condominio non ha -salvo quanto previsto dagli artt. 1130 e 1135 c.c. in tema di lavori urgenti- un generale potere di spesa in quanto spetta all'assemblea condominiale il compito generale, non solo di approvare il conto consuntivo, ma anche di valutare l'opportunità delle spese sostenute dall'amministratore; ne consegue che, in assenza di una deliberazione dell'assemblea, l'amministratore non può esigere il rimborso delle anticipazioni da lui sostenute (…)".

Dall'esame comparativo delle due pronunce, quella oggi in commento e quella della Corte partenopea appena richiamata, emerge, dunque, la ratio che sottende all'inefficacia del verbale di passaggio delle consegne a costituire valida prova del credito vantato dall'amministratore per eventuali anticipazioni sostenute: occorre coordinare i principi propri del mandato -ed in particolare quello espresso dall'art. 1720 c.c., secondo cui il mandante è tenuto a rimborsare le spese anticipate dal mandatario- con i principi che presiedono alla funzione dell'amministratore di condominio ed i cui limiti vanno ravvisati nell'enunciato degli artt. 1130 e 1135 c.c., per cui, solo in presenza di espressa autorizzazione o ratifica assembleare il credito dell'amministratore può dirsi certo, liquido ed esigibile.

Da questo punto di vista, la Sentenza della Corte Capitolina, peraltro, trova il conforto della giurisprudenza della Suprema Corte, la quale ha, in proposito, avuto modo di affermare che: "Il nuovo amministratore di condominio, se non autorizzato dai partecipanti alla comunione, non ha il potere di approvare incassi e spese condominiali risultanti da prospetti sintetici consegnatigli dal precedente amministratore, e, pertanto, l'accettazione di tali documenti non costituisce prova idonea del debito nei confronti di quest'ultimo da parte dei condomini (…)." (Cass. Civ., Sez. II, Sentenza n. 8498 del 28.05.2012; Cass. Civ., Sez. II, Sentenza n. 10153 del 09.05.2011)

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A parere dello scrivente, peraltro, alla sottoscrizione del verbale di consegna della documentazione condominiale da parte del nuovo amministratore, non pare possa riconoscersi neanche la natura di confessione stragiudiziale, per due ordini di motivi:

1) la titolarità, e dunque, la giuridica disponibilità, del diritto controverso resta in capo ai singoli condomini;

2) la giurisprudenza -di merito e di legittimità- ha rilevato come la confessione abbia il contenuto di una dichiarazione, non di volontà, quanto, piuttosto, di scienza, che ha per oggetto fatti obiettivi e non rapporti giuridici.

Essa può, dunque, essere qualificata, non come negozio giuridico, ma in termini di mero atto giuridico. (Trib. Bari, Sentenza del 03.04.2008; Cass. Civ., Sentenza n. 735 del 18.2.1977; Cass. Civ., Sentenza n. 12285 del05.07.2004)

Tanto premesso, viene, poi, affrontato dal Tribunale di Roma, il problema relativo all'onere probatorio gravante sul mandatario che voglia ottenere il rimborso delle anticipazioni sostenute.

La questione viene risolta sviluppando coerentemente ed in maniera conseguenziale le premesse dell'iter logico argomentativo seguito dal Giudicante: l'amministratore deve puntualmente provare:

1) quali pagamenti abbia effettuato;

2) con quali mezzi a lui riconducibili vi abbia provveduto -ad es. bonifici bancari provenienti dal proprio conto corrente-;

3) la necessità di dare corso alle anticipazioni per fare fronte ad esigenze proprie del Condominio;

4) l'esistenza della preventiva autorizzazione o della successiva ratifica dell'assemblea dei condomini. In difetto di uno solo di essi, sancisce espressamente il Giudice d'Appello: "(…) non può sorgere diritto al rimborso, non potendosi verificare se gli importi anticipati afferiscano effettivamente ad una corrispondente legittima azione gestoria (…)."

Il senso dell'affermazione è chiarissimo: in assenza di adeguata produzione documentale a sostegno della richiesta, ove manchi la preventiva autorizzazione o la successiva approvazione del conto di gestione da parte dell'assemblea, mancano i presupposti per riconoscere la legittimità e la rispondenza al mandato ricevuto dell'operato dell'amministratore.

Ancora una volta, viene in rilievo la centralità, nella vita condominiale della delibera assembleare di approvazione del bilancio, che, come sancito da altra pronuncia dello stesso Tribunale, rappresenta la ratifica negoziale "dell'operato del mandatario, nel suo complesso considerato." (Tribunale Ordinario di Roma, V Sez. Civile, Sentenza n. 9394 del 06.05.2019)

Infine, a completamento dell'analisi della fattispecie sottoposta alla sua attenzione, il Giudice dell'Appello, sottolinea come neanche il mero disavanzo di cassa costituisca prova delle presunte anticipazioni, in quanto, di per sé, il bilancio chiuso in negativo, non implica che le spese erogate per completare la gestione annuale ordinaria siano state sostenute personalmente dall'amministratore, ben potendo quest'ultimo avervi fatto fronte ricorrendo a fondi di altra natura, come, ad esempio, quelli costituiti in altra gestione per procedere ad una ipotetica ristrutturazione.

Graverà, dunque, sull'amministratore, in applicazione del più generale principio sancito dall'art. 2697 c.c., l'onere di fornire al Giudice la prova rigorosa della provenienza della provvista utilizzata; solo qualora riesca a dimostrarne l'effettiva riconducibilità al proprio patrimonio personale, potrà ritenersi assolto l'onere in parola.

Come premesso in apertura di commento, dunque, la prova delle anticipazioni sostenute è particolarmente ardua e può ragionevolmente sostenersi in giudizio una richiesta di rimborso di somme a tale titolo solo qualora, nel corso della gestione, l'amministratore diligente abbia avuto cura di realizzare per tempo gli accorgimenti illustrati; in una ipotesi del genere, infatti, ci sentiamo di escludere che ad eventuali carenze dell'impianto probatorio possa efficacemente porsi rimedio in epoca successiva alla cessazione dell'incarico.

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