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Pagare le quote condominiali può avere carattere ricognitivo e quasi confessorio dell'inesistenza del diritto ad impugnare

Il condomino, consigliato di assolvere gli oneri condominiali inevasi, deve allo stesso tempo conservare intatte le proprie ragioni di eventuale rivalsa.
Avv. Caterina Tosatti 

La cessazione della materia del contendere presuppone che le parti si diano reciprocamente atto del sopravvenuto mutamento della situazione sostanziale dedotta in giudizio e sottopongano al giudice conclusioni conformi in tal senso.

In mancanza di tale accordo, l'allegazione di un fatto sopravvenuto, assunto come idoneo a determinare la cessazione della materia del contendere da una sola parte, deve essere valutata dal giudice, il quale, qualora ritenga che tale fatto abbia determinato il soddisfacimento del diritto azionato, e quindi il difetto di interesse ad agire, lo dichiara, regolando le spese giudiziali alla luce del sostanziale riconoscimento di una soccombenza; qualora, invece, ritenga che il fatto in questione abbia determinato il riconoscimento dell'inesistenza del diritto azionato, pronuncia sul merito dell'azione, dichiarandone l'infondatezza, e statuisce sulle spese secondo le regole generali

Il Tribunale di Ravenna, con la sentenza n. 658 del 3 ottobre 2023, dichiarava infondata l'impugnativa promossa da una condomina, ritenendo che la materia del contendere fosse cessata per comportamento solutorio tenuto dalla medesima condomina.

Pagare le quote condominiali può avere carattere ricognitivo e quasi confessorio dell'inesistenza del diritto ad impugnare. Fatto e decisione

Tizia impugna la delibera del Condominio in cui è proprietaria di un immobile, invocandone l'annullabilità per non essere stata convocata.

Il Condominio, costituitosi, eccepisce, oltre al mancato esperimento della Mediazione, l'incompetenza per valore del Giudice di Pace, cui Tizia si era rivolta.

Il Giudice di Pace, invitate le parti ad esperire la Mediazione e, in seguito, preso atto dell'esito negativo della stessa, declinava la propria incompetenza, a favore del Tribunale.

Tizia riassumeva quindi la causa dinnanzi al Tribunale che, esperito l'interrogatorio formale della condomina e la prova per testi, decideva rigettando la domanda e condannando Tizia alle spese legali.

La motivazione del Giudice che fonda il rigetto prende le mosse dalla difesa del Condominio che, solamente in comparsa conclusionale - cioè, nell'ultimo atto utile del processo - aveva rilevato la carenza di interesse ad agire in capo all'attrice Tizia, sostenendo tale tesi con il fatto, non contestato da Tizia, che la stessa aveva provveduto a corrispondere le quote condominiali dovute all'esercizio 2019 - 2020 conseguenti all'esecuzione dei lavori decisi con la delibera che la medesima Tizia aveva impugnato.

Secondo il Tribunale, la carenza di interesse ad agire è rilevabile d'ufficio in ogni stato e grado del processo, attenendo ai presupposti dell'azione, di talché parte convenuta non era decaduta da tale eccezione portandola all'attenzione del giudicante solamente nel momento conclusivo del procedimento.

Tizia tenta di opporre a tale tesi che il pagamento era avvenuto solamente per evitare il decorso di ulteriori interessi e le spese di un'eventuale azione giudiziaria, ma senza effetto ricognitivo del diritto del Condominio alle somme o della validità della delibera impugnata.

Ma il magistrato, citando la giurisprudenza della Corte di cassazione (da ultimo, Cass. civ. sez. 2, n. 21757 del 29/07/2021), osserva che la cessazione della materia del contendere presuppone che le parti si diano reciprocamente atto, cioè riconoscano, che sussiste un fatto, sopravvenuto rispetto all'avvio del giudizio, che ha inciso sulla situazione sostanziale oggetto del giudizio e congiuntamente sottopongano al Giudice tale conclusione.

Se però è una sola parte a dedurre un fatto sopravvenuto che faccia venire meno l'interesse ad agire dell'altra, allora delle due l'una: se il Giudice valuta che tale fatto abbia comportato il soddisfacimento del diritto azionato, dichiara la cessazione della materia del contendere e regola le spese legali secondo la soccombenza virtuale; se invece il Giudice ritiene che il fatto vada valutato come riconoscimento dell'inesistenza del diritto azionato, pronuncia sul merito, dichiarando la domanda infondata e statuendo sulle spese secondo le regole generali, quindi imponendole al soccombente.

Nel caso di specie, il Tribunale ha ritenuto sussistere la seconda ipotesi sulla scorta dell'osservazione per cui non era stata data prova di una dichiarazione, resa da Tizia, a corredo del pagamento disposto a favore del Condominio, circa la finalità di detto pagamento, cioè enunciando che non si intendeva rinunciare alle proprie ragioni, di talchè il pagamento ha assunto, secondo il giudicante, carattere ricognitivo e quasi confessorio dell'inesistenza del diritto di Tizia ad impugnare e non pagare per detti lavori.

Peraltro, il Tribunale, per obiter dictum, nota che anche il motivo principale dell'impugnativa, dovuto alla mancata convocazione di Tizia, risultava inammissibile, in quanto, essendo Tizia comproprietaria dell'immobile con il marito Caio ed avendo dato il Condominio prova di aver convocato costui, nonché in difetto di altri elementi, anche presuntivi, volti a provare un contrasto di interessi tra i coniugi o la cessazione della loro convivenza o altri motivi per cui, avvisatone uno, costui non avrebbe inteso comunicare la convocazione anche all'altro, la convocazione inviata ad uno solo dei coniugi vale a ritenere ritualmente convocato anche l'altro.

Una chiara risposta è contenuta in una recente decisione della Corte di Appello di Roma.

Considerazioni conclusive

Pronuncia interessante, specialmente perché permette una riflessione sulle condotte delle parti nel contesto dell'impugnativa e sul corto circuito che si crea quando il condòmino, pur consigliato di assolvere gli oneri condominiali inevasi, allo scopo di evitare ulteriori aggravi di spesa e azioni di recupero, deve allo stesso tempo conservare intatte le proprie ragioni di eventuale rivalsa, dichiarandolo espressamente.

Quanto alla questione della convocazione dei comproprietari, anche per essa la sentenza offre spunti interessanti: rammentiamo che, nel caso di comproprietà di un immobile, tutti i condòmini hanno diritto di ricevere l'avviso di convocazione per prendere parte all'assemblea condominiale; quindi, se un'unità immobiliare è in proprietà tra più persone, ognuna di esse ha diritto di essere personalmente avvisata per la convocazione in Assemblea.

In proposito la norma di cui all'art. 67 co. 2° disp. att. c.c. non esclude, "ma anzi sottolinea la necessità che tutti i comproprietari siano resi edotti della convocazione assembleare, onde poter concordare la propria posizione in ordine alle questioni all'o.d.g. e determinare il proprio rappresentante comune" (così Trib. Roma 27 settembre 2021 n. 14944).

Ma il Tribunale di Ravenna esamina il caso 'particolare' della comproprietà tra coniugi conviventi e sottolinea che laddove sussista la comproprietà di un'unità immobiliare in capo a due coniugi dei quali non siano noti all'amministratore effettivi disaccordi e contrasti di interessi, la convocazione per l'assemblea condominiale può essere validamente compiuta mediante avviso ad uno solo dei comproprietari.

Sentenza
Scarica Trib. Ravenna 3 ottobre 2023 n. 658
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