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Omessa manutenzione immobili (art. 677 c.p.), le sentenze in materia

I più importanti principi espressi dalla giurisprudenza circa l'omissione di lavori in edifici o costruzioni che minacciano rovina.
Dott.ssa Lucia Izzo 

La manutenzione degli immobili si rende spesso, oltre che necessaria, addirittura indispensabile per motivi di svariato genere, tra cui anche il mero trascorrere del tempo che può incidere sullo status dell'edificio e sul pericolo di rovina dello stesso.

Gli interventi manutentivi, infatti, oltre a puntare alla conservazione in buono stato dello stabile, contribuiscono anche a mettere al riparo da responsabilità che possono assumere carattere penale. Norma di riferimento è l'art. 677 del codice penale il quale si occupa espressamente della fattispecie di "omissione di lavori in edifici o costruzioni che minacciano rovina".

Tale disposizione punisce, con la sanzione amministrativa pecuniaria da 154 a 929 euro, il proprietario di un edificio o di una costruzione che minacci rovina, nonché colui che è per lui obbligato alla conservazione o alla vigilanza dell'edificio o della costruzione, che omette di provvedere ai lavori necessari per rimuovere il pericolo.

La stessa sanzione si applica a chi, avendone l'obbligo (per fonte legale o convenzionale), omette di rimuovere il pericolo cagionato dall'avvenuta rovina di un edificio o di una costruzione.

Inoltre, qualora dai fatti suddetti derivi pericolo per le persone, la pena sarà quella dell'arresto fino a sei mesi o dell'ammenda non inferiore a 309 euro.

Si osserva che la contravvenzione ex art. 677 c.p. è collocata nel Libro III del codice penale, sezione II riguardante l'incolumità pubblica e al Paragrafo I il quale specifica trattarsi delle contravvenzioni concernenti l'incolumità delle persone nei luoghi di pubblico transito.

Dalla lettura della norma appare evidente come trattasi di reato proprio, ovvero che può essere commesso solo da un soggetto che riveste una peculiare qualifica, e di chiare matrice "omissiva", in quanto si rimprovera alla persona di non essersi impegnata a impedire un evento, che si ha l'obbligo giuridico di impedire (e ciò ex art. 40, comma 2, c.p., equivale a cagionarlo).

Ancora, la fattispecie in commento appare in parte contravvenzionale e in parte depenalizzata (ad opera del d.lgs. 507/1999) in quanto in assenza di pericolo all'incolumità delle persone si rischia unicamente la sanzione amministrativa.

Omessa manutenzione immobili: natura del reato

Dunque, come illustrato, mentre "la fattispecie di cui al primo comma dell'art. 677 c.p. incrimina l'omissione dei lavori necessari a rimuovere il pericolo, generico e presunto, in un edificio o costruzione che minacci rovina, l'ipotesi prevista al comma terzo richiede che dall'omissione dei lavori derivi il pericolo concreto per l'incolumità delle persone (Cass. n. 16285/2006).

Si tratta di un reato di "mero pericolo" e tale figura contravvenzionale, ha spiegato la Cassazione, "attualmente costruita nei primi due commi come illecito amministrativo a seguito di depenalizzazione d.lgs. 30 dicembre 1999, n. 507 ex art. 52, mantiene nel comma 3 rilevanza penale nel caso in cui dalla situazione di rovina dell'immobile derivi pericolo per la persona.

Deve trattarsi di un pericolo concreto, secondo il canone interpretativo della concreta offensività, trattandosi del residuo dell'originaria disposizione, integralmente di natura penale, che vedeva nella previsione dell'art. 677 c.p., u.c. la forma aggravata di responsabilità" (cfr. Cass. n. 5966/2000).

In particolare, la giurisprudenza di legittimità ritiene che la contravvenzione di omissione di lavori in edifici o altre costruzioni che minacciano rovina abbia "natura di reato permanente in quanto lo stato di consumazione perdura finché il pericolo per la pubblica incolumità non sia cessato, sicché - vertendosi in tema di reato permanente a condotta omissiva - la permanenza viene a cessare solo nel momento in cui viene meno la situazione antigiuridica per fatto volontario dell'obbligato o per altra causa oppure con la pronuncia della sentenza di primo grado, quando la condotta antigiuridica si protragga effettivamente nel corso del procedimento penale, in relazione a quelle situazioni nelle quali il capo di imputazione abbia fatto riferimento solo alla data dell'accertamento del reato" (cfr. Cass. n. 47034/2018; n. 30341/2017; n. 12721/2007).

Elemento soggettivo e oggettivo

Il reato in esame è punito a titolo di colpa ed è dunque necessario che il proprietario o la persona obbligata siano coscienti della situazione di pericolo per le persone e non la eliminino per negligenza, imprudenza o imperizia.

Elementi, che, invece, potrebbero rilevare ai fini della ricostruzione dell'elemento soggettivo della fattispecie di cui all'articolo 677 c.p., così come individuato dalla giurisprudenza della Cassazione.

In particolare, si è chiarito che "ai fini della configurabilità dell'elemento soggettivo nel reato di omissione di lavori in edifici che minacciano rovina, previsto dall'articolo 677 c.p., è necessaria una volontà cosciente e libera, cui è condizionata l'imputabilità anche in riferimento al reato contravvenzionale ai sensi dell'articolo 42 c.p. e che è esclusa dalla oggettiva impossibilità di esecuzione dei lavori non dipendente da colpa" (cfr. Cass. n. 41932/2016).

Il reato di omissione di lavori in edifici o altre costruzioni che minacciano rovina è dunque punito a titolo di colpa, pertanto, per la concretizzazione della figura tipizzata, "è necessario che il proprietario o la persona obbligata in sua vece siano coscienti della situazione pericolosa e per negligenza, imprudenza o imperizia non abbiano eliminato la situazione di pericolo per evitare la rovina o la situazione determinata dalla rovina stessa" (cfr. Cass. n. 7848/2015).

Dunque, si ritiene che il reato di cui all'art. 677 c.p. si realizzi "allorché il proprietario dell'edificio che minaccia rovina non si sia attivato per rimuovere le cause di pericolo, a nulla rilevando né l'ignoranza dello stato di pericolo - scaturente dalla violazione del dovere di diligenza gravante sul proprietario dell'immobile - né la mancanza di una preventiva diffida da parte della pubblica autorità.

Infatti l'obbligo di provvedere all'esecuzione dei lavori necessari a rimuovere il pericolo per l'incolumità delle persone sorge indipendentemente da qualsiasi provvedimento coattivo della pubblica amministrazione che, pertanto, ove adottato, assume carattere meramente ricognitivo della già verificatasi inosservanza" (cfr. Cass. n. 10110/2019).

La giurisprudenza si è in diverse occasioni soffermata anche sul concetto di rovina di edificio che si ritiene non comprenda "solo il crollo improvviso o lo sfascio dell'edificio o della costruzione nella loro totalità, ma anche il distacco di una parte non trascurabile di essi" (cfr. Cass. n. 43697/2015).

In particolare, la fattispecie di cui all'art. 677 c.p., comma 3, sarà integrata, "nella sua materialità, dalla minaccia di rovina da cui derivi pericolo per le persone di un edificio o di una costruzione imponendo, per il principio di tipicità, il divieto di analogia in malam partem per ciò che non attiene a edifici e costruzioni che possano rovinare" (cfr. Cass. n.28128/2014).

Condominio: chi è obbligato a provvedere ai lavori necessari?

La norma in commento si rivolge non solo al proprietario dell'edificio o della costruzione che minacci rovina, ma altresì a colui che è per lui obbligato alla conservazione e alla vigilanza e agli altri soggetti che avrebbero l'obbligo di rimuovere il pericolo.

Ad esempio, la giurisprudenza ha ritenuto che siano tenuti all'obbligo giuridico di conservazione dell'edificio anche i chiamati dell'eredità (cfr. Cass. n. 10549/2018), in funzione della loro relazione con il bene pericolante sia pure in via provvisoria e salva diversa ripartizione degli oneri economici in sede civilistica, e la "parte pubblica" comproprietaria nell'immobile qualora non osservi gli obblighi di manutenzione (cfr. Cass. n. 42398/2019).

Per quanto riguarda l'ambito condominiale, la giurisprudenza prevalente ricomprende nel novero dei soggetti obbligati anche l'amministratore di condominio: in dettaglio, la Cassazione (cfr. n. 25221/2012) ha affermato che, "negli edifici condominiali, l'obbligo giuridico di rimuovere il pericolo derivante dalla minacciante rovina di parti comuni della costruzione - la cui violazione integra il reato contravvenzionale di cui all'art. 677 c.p. - incombe sull'amministratore, pur potendo esso risorgere in via autonoma a carico dei singoli condomini qualora, per cause accidentali, l'amministratore non possa adoperarsi allo scopo suindicato con la necessaria urgenza".

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Si ritiene, infatti, che l'amministratore sia titolare "ope legis" (salvo diverse disposizioni statutarie o regolamentari) "non solo del dovere di erogazione delle spese attinenti alla manutenzione ordinaria e alla conservazione delle parti e servizi comuni dell'edificio, ai sensi dell'art. 1130 c.c., comma 1, nn. 3 e 4, ma anche del potere di ordinare lavori di manutenzione straordinaria che rivestano carattere urgente con l'obbligo di riferirne nella prima assemblea dei condomini, ai sensi dell'art. 1135 c.c., comma 2, di talché deve riconoscersi in capo allo stesso l'obbligo giuridico di attivarsi senza indugio per la eliminazione delle situazioni potenzialmente idonee a cagionare la violazione della regola del neminem laedere".

Dunque, al fine di andare esente da responsabilità penale, l'amministratore dovrà "intervenire sugli effetti anziché sulla causa della rovina, ovverosia prevenire la specifica situazione di pericolo prevista dalla norma incriminatrice interdicendo - ove ciò sia possibile - l'accesso o il transito nelle zone pericolanti" (cfr. Cass n. 21401/2009).

Di diverso avviso un orientamento minoritario (cfr Cass. n. 13934/2008) secondo cui, in relazione all'omessa esecuzione di lavori in edifici che minacciano rovina, destinatario dell'obbligo di provvedere ai lavori necessari per rimuovere il pericolo sarebbe il proprietario dell'immobile o colui che, per fonte legale o convenzionale, sia tenuto alla conservazione o alla vigilanza dell'edificio, ma non l'amministratore del condominio, non incombendo sul tale soggetto obblighi di tal fatta, ed essendogli invece attribuita la sola gestione delle cose comuni.

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Infine, la giurisprudenza ha sottolineato come, ai fini della configurabilità del reato previsto dall'art. 677, "in caso di mancata formazione della volontà assembleare e di omesso stanziamento di fondi necessari a porre rimedio al degrado che da luogo al pericolo, non può essere ipotizzata alcuna responsabilità dell'amministratore per non aver attuato interventi che non era in suo materiale potere adottare e per la realizzazione dei quali non aveva le necessarie provviste, ricadendo in siffatta situazione la responsabilità in capo ai singoli condomini" in quanto è il singolo proprietario ad avere l'obbligo giuridico di rimuovere la situazione pericolosa indipendentemente dall'attribuibilità al medesimo dell'origine della stessa (cfr. Cass. n.16790/2011 e n. 21401/2009).

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