In materia condominiale, ove l'istituto della mediazione di cui al D. Lgs. 28/2010 e successive modifiche, assume particolare rilevanza, costituendo condizione di procedibilità della domanda giudiziale oltre che valido strumento alternativo di risoluzione delle controversie, assistiamo, ancora oggi, a condotte tenute da professionisti che denota un'evidente carenza di conoscenza ed informazione in merito ai requisiti ed i presupposti che devono necessariamente essere presenti alla base di un accordo tra le parti. Ci si dimentica, infatti, troppo spesso, che l'accordo è un contratto. Ed il contratto presuppone il consenso delle parti.
Di riflesso, l'esercizio del diritto a prestare il consenso deve essere legittimamente ottenuto.
Accade allora che, ancora oggi, si confonda una autorizzazione alla partecipazione in mediazione, con l'implicito consenso a raggiungere un accordo di un determinato contenuto e perfezionarlo. Sul punto, si segnala la sentenza del Tribunale di Roma, n. 11790 del 04/06/2019.
I fatti di causa. Il Condominio veniva citato in giudizio dal proprietario di un appartamento sito nello stabile condominiale, il quale esponeva che aveva avuto luogo l'assemblea condominiale avente ad oggetto, tra i vari punti posti all'ordine del giorno: approvazione del bilancio e piano di riparto per un importo a carico dei condomini di euro 15.412,97; approvazione di transigere la vertenza giudiziale pendente tra le parti innanzi al Tribunale civile di Roma compensando l'importo di euro 15,412,97 a carico dei condomini con gli importi di cui al D.I. (euro 16,481,17), ed esigendo contestualmente dal condominio l'immediato versamento della differenza a credito dovuta al condominio pari ad euro 1.068,20, con compensazione di tutte le spese di lite tra le parti (procedura monitoria del D.I e giudizio di opposizione al D.I. con domanda riconvenzionale).
L'attore evidenziava alcuni errori di calcolo emersi che si riflettevano nel piano di riparto ed, in particolar modo - almeno per quanto oggi di nostro interesse - contestava il punto all'ordine del giorno con cui era stata approvata la transazione della vertenza giudiziale predetta alle condizioni su menzionate.
Inoltre, eccepiva la mancanza del quorum deliberativo ai fini dell'approvazione della transazione "essendo stato lo stesso approvato con 432,73 millesimi in luogo dei 501 millesimi ed infine l'illegittimità del mandato di esigere le somme come approvato al punto 3) dell'ordine del giorno ribadendo l'errata imputazione e ripartizione delle spese per gli st essi motivi di cui al primo punto all'ordine del giorno".
L'attore, dunque, concludeva chiedendo l'annullamento delle delibere assunte in sede assembleare e la condanna della controparte alla restituzione di quanto corrisposto in eccedenza.
Continua [...]