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Ripartizione delle spese condominiali. Scelta o ratifica di un criterio errato. Nullità o annullabilità.

Riparto spese errato, sua approvazione e conseguenze per la delibera alla luce dei principi di diritto espressi dalle Sezioni Unite della Cassazione.
Avv. Alessandro Gallucci 

Ripartizione delle spese condominiali, scelta del criterio sbagliato e conseguenze per la deliberazione.

La questione, com'è noto, ha portato nel mese di aprile del 2021, la Sezioni Unite della Corte di Cassazione a prendere posizione, con la sentenza n. 9839, in merito alla qualificazione del vizio della delibera approvativa: nullità o annullabilità?

Prima di vedere nello specifico che cosa ha detto il Supremo Collegio, vale la pena, seppur sinteticamente, accennare alla disciplina legale di ripartizione delle spese.

La legge prevede, in modo chiaro e preciso, un criterio base di suddivisione degli oneri condominiali.

Spese condominiali, il riparto legale e la derogabilità

Il primo comma dell'art. 1123 c.c., infatti, recita: "le spese necessarie per la conservazione e per il godimento delle parti comuni dell'edificio, per la prestazione dei servizi nell'interesse comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza sono sostenute dai condomini in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno, salvo diversa convenzione".

È il criterio generale della proporzionalità che può essere derogato solo in presenza di un accordo tra tutti i comproprietari.

Comunemente si preferisce che l'accordo sia esplicito e sottoscritto, ma non manca un filone interpretativo, che trova riscontro anche in sede giurisprudenziale, secondo il quale la modifica del criterio di riparto delle spese può avvenire anche per fatti concludenti, cioè in ragione dell'applicazione incontestata nel tempo di un dato criterio ripartitivo.

I successivi commi dell'art. 1123 c.c. nonché gli artt. 1124-1126 c.c. prevedono delle eccezioni legali a tale criterio che possono essere sintetizzate nella formula criterio di ripartizione delle spese in base all'uso ed all'utilità.

In sostanza i condomini, per determinati costi (manutenzione scale, lastrico solare, ecc.), dovranno contribuire in base all'uso (potenziale) che di quel bene potranno fare o in base all'effettiva utilità che ne potranno trarre.

È il caso, quest'ultimo, del condominio parziale dove ogni gruppo di condomini, ad esempio nel caso di più scale, paga le spese solo per quella parte dell'immobile che li riguarda.

Pure per questo tipo di quote è possibile un accordo derogatorio della disciplina legale, a condizione che lo stesso sia intercorso tra tutti i condomini.

Spese condominiali, riparto errato e conseguenze per la validità della delibera: il contrasto

Chiarito ciò va detto che, a livello pratico, sarà compito dell'amministratore, che ha competenza a predisporre il rendiconto di gestione, suddividere le varie spese sulla base dei diversi criteri previsti.

Che cosa accade se l'assemblea approva uno stato di ripartizione errato o sceglie di applicarne uno diverso da quello, corretto, indicato nel rendiconto?

In entrambi i casi la deliberazione sarebbe da considerarsi invalida, ma le conseguenze di tali condotte sono diametralmente opposte.

Sul punto fino alla sentenza n. 9839, in sede giurisprudenziale erano rintracciabili due orientamenti.

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Per uno non si poteva distinguere tra delibera di approvazione di un criterio errato e delibera di deroga ai piani di riparto delle spese, con la conseguenza che in entrambi i casi si doveva considerare la delibera insanabilmente nulla e quindi contestabile senza limiti di tempo.

Per un altro orientamento, invece, la delibera di approvazione di una spesa sulla base di un criterio errato era da ritenersi annullabile, limitando la nullità ai soli casi di deroga a maggioranza dei criteri legali o pattizi.

Spese condominiali, riparto errato e conseguenze per la validità della delibera: la soluzione

Della questione si è occupata la Cassazione a Sezioni Unite, aderendo a quest'ultimo orientamento.

La Corte ha pronunciato il seguente principio di diritto: "in tema di deliberazioni dell'assemblea condominiale, sono nulle le deliberazioni con le quali, a maggioranza, siano stabiliti o modificati i generali criteri di ripartizione delle spese previsti dalle legge o dalla convenzione, da valere per il futuro, trattandosi di materia che esula dalle attribuzioni dell'assemblea previste dall'art. 1135 c.c., nn. 2) e 3), e che è sottratta al metodo maggioritario; sono, invece, meramente annullabili le deliberazioni aventi ad oggetto la ripartizione in concreto tra i condomini delle spese relative alla gestione delle parti e dei servizi comuni adottate senza modificare i criteri generali previsti dalla legge o dalla convenzione, ma in violazione degli stessi, trattandosi di deliberazioni assunte nell'esercizio delle dette attribuzioni assembleari, che non sono contrarie a norme imperative, cosicché la relativa impugnazione va proposta nel termine di decadenza previsto dall'art. 1137 c.c., comma 2".

Nel lungo e articolato iter motivazionale, gli ermellini hanno specificato che considerato l'insieme delle prerogative dell'assemblea condominiale e in concreto possibile distinguere tra esercizio errato del potere e incompetenza.

Ciò vuol dire che se l'assemblea ratifica la ripartizione sbagliata predisposta dall'amministratore, senza alcun genere di valutazione in merito, la deliberazione dovrà considerarsi annullabile.

Qualora, invece, la maggioranza decida di modificare un criterio di ripartizione la decisione dovrà considerarsi nulla e come tale impugnabile in ogni tempo.

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