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L'amministratore in carica, se pur in precedenza revocato, può riscuotere le quote condominiali fino alla sua sostituzione.

L'amministratore cessato dall'incarico continua ad esercitare i propri poteri fino alla nomina del nuovo amministratore.
Avv. Paolo Accoti 

È noto che i poteri dell'amministratore di condominio terminano alla fine del mandato, tuttavia, allo scopo di garantire comunque la gestione dell'immobile in condominio e, pertanto, di sopperire alla momentanea mancanza di un amministratore, la giurisprudenza ha da tempo elaborato l'istituto della "prorogatio imperii", in virtù del quale l'amministratore cessato dall'incarico continua ad esercitare i propri poteri fino alla nomina, da parte dell'assemblea, del nuovo amministratore.

L'amministratore è in prorogatio imperii anche se è stato revocato dall'incarico

Prima della riforma (L. 220/2012), mancando qualsiasi riferimento normativo sul punto, la giurisprudenza riteneva che l'istituto in parola si applicasse in ogni caso in cui il condominio rimaneva privo dell'opera dell'amministratore e, quindi, oltre che nell'ipotesi naturale di scadenza del mandato, anche nel caso di "dimissioni, revoca o annullamento per illegittimità della delibera di nomina" e si estendesse, fino alla valida sostituzione dello stesso, a tutti "i poteri di rappresentanza, anche processuale, dei comproprietari" (Cass. n. 18660/2012)

Ciò posto, tra tali attività rientra quella di riscuotere le quote condominiali e, pertanto, anche quella di nominare un avvocato affinché provveda al recupero coattivo del credito, atteso che, in ipotesi di revoca dell'amministratore ovvero di illegittimità della nomina, specie quando questa non sia stata accertata in sede giudiziale, il medesimo amministratore continua ad esercitare i propri poteri, ivi compresa la rappresentanza processuale del condominio, sino alla sua sostituzione.

L'assunto risulta applicabile anche nella particolare ipotesi di nomina assembleare dell'amministratore già revocato in precedenza e, pertanto, incaricato in violazione dell'art. 1129, co. XIII, Cc, qualora tale delibera di nomina non sia stata ancora dichiarata illegittima in sede giudiziale.

Questi i principi espressi dalla Corte di Cassazione (II Sez. civile, Presidente P. D'Ascola, Relatore A. Scarpa), nell'ordinanza n. 7699, depositata in data 19 Marzo 2019.

Una società, proprietaria di un immobile in condominio, proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Ivrea, per la riscossione di quote condominiali.

A sostegno della spiegata opposizione la condomina riferiva come l'amministratore in carica, nonostante fosse stato in precedenza revocato giudizialmente, era stato nuovamente nominato tale dalla assemblea e che, pertanto, atteso l'evidente invalidità della nomina, allo stesso non poteva essere riconosciuto il potere di conferire il mandato all'avvocato per il recupero del credito.

Il predetto Tribunale prima, e la Corte d'Appello di Torino successivamente, sulla scorta del fatto che tale delibera non era stata impugnata e che, comunque, la stessa, resa in violazione dell'art. 1129, co.

XIII, Cc, al più poteva ritenersi annullabile, ma non nulla, stante l'immanenza della delibera di nomina da considerarsi ancora valida ed efficace in mancanza di necessaria impugnazione nel termine di trenta giorni di cui all'art. 1137 Cc, rigettava l'opposizione a decreto ingiuntivo.

Devono trascorrere trenta giorni dalla delibera dell'assemblea di condominio per poterla eseguire?

Propone ricorso per cassazione la condomina, affidando lo stesso ad un unico motivo, tra cui, la violazione e falsa applicazione degli artt. 1129, 1138, 1363, 1421, 1423 Cc, per non avere la Corte territoriale considerato la natura imperativa dell'art. 1129, comma 13, Cc, ed essendo pertanto nulla la delibera di nomina dell'amministratore già revocato e, conseguentemente, invalido il mandato dallo stesso conferito per la richiesta del decreto ingiuntivo opposto.

Il ricorso, attesa la sua manifesta infondatezza, viene definito in camera di consiglio, considerato che «il dispositivo della sentenza impugnata della Corte d'Appello di Torino è conforme al diritto, pur essendo la stessa erroneamente motivata».

La questione di diritto da risolvere è quella della presunta invalidità della procura alle liti conferita dall'amministratore in precedenza revocato e poi nuovamente nominato.

In disparte la questione della nullità ovvero della mera annullabilità di una siffatta deliberazione (in ossequio alla «presunzione di conformità alla volontà dei condomini e nell'interesse del condominio alla continuità delle funzioni gestorie dell'amministratore»), il Giudice di legittimità ribadisce il proprio costante orientamento per cui «in tema di condominio negli edifici, nei casi di revoca o annullamento per illegittimità della delibera di nomina dell'amministratore, e quindi tanto più ove ancora non sia stata pronunciata una sentenza dichiarativa dell'invalidità della medesima delibera, come nel caso di specie, lo stesso amministratore continua ad esercitare legittimamente, fino all'avvenuta sostituzione, i poteri di rappresentanza, anche processuale, dei comproprietari, rimanendo l'accertamento di detta permanente legittimazione rimesso al controllo d'ufficio del giudice e non soggetto ad eccezione di parte, in quanto inerente alla regolare costituzione del rapporto processuale».

La permanenza di tali poteri rappresentativi, pur in presenza di una delibera di nomina sospettata di invalidità per violazione dell'art. 1129, co. XIII, Cc, ma non ancora oggetto di specifica impugnazione, non è smentito dal divieto in tal senso posto all'assemblea.

Pertanto, prosegue la Suprema Corte, «l'amministratore di condominio, che pur si assuma nominato con delibera illegittima, finché non sostituito, può validamente conferire procura ad un difensore al fine di costituirsi in giudizio per conto del condominio (cfr. Cass. Sez. 2, 30/10/2012, n. 18660; Cass. Sez. 2, 23/01/2007, n. 1405; Cass. Sez. 2, 27/03/2003, n. 4531).

Tale interpretazione si uniforma a quanto affermato in giurisprudenza, sul fondamento dell'art. 2385 c.c., per le società di capitali, con riguardo alle quali viene affermato che la parte, la quale eccepisce la nullità della procura alle liti rilasciata da un amministratore la cui nomina fosse invalida, ha l'onere di provare non solo che tale nomina era stata già annullata prima del conferimento della procura alle liti, ma anche che quell'amministratore aveva a tale data conseguentemente già perduto la rappresentanza della società in forza della avvenuta sostituzione con altro amministratore (Cass. Sez. 1, 03/01/2013, n. 28)».

In buona sostanza, a prescindere dalla nullità o meno della delibera di nomina dello stesso amministratore revocato, quello che ha riguardo in tale ipotesi è che i poteri dell'amministratore, anche in relazione alla rappresentanza processuale del condominio, vengono meno solo allorquando lo stesso venga formalmente sostituito con un altro amministratore.

Conseguentemente, il ricorso viene rigettato e la società condomina condannata al rimborso delle spese processuali.

STUDIO LEGALE AVV. PAOLO ACCOTI

Sentenza
Scarica Civile Ord. Sez. 6 Num. 7699 del 19/03/2019
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