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Anche agli amministratori di condominio, con partita IVA, potranno percepire l'indennità di disoccupazione? Analisi di una sentenza rivoluzionaria

Anche gli amministratori di condominio, in quanto “lavoratori autonomi”, potranno chiedere ed ottenere la indennità di disoccupazione.
Avv. Rosario Dolce del Foro di Palermo 

Ben presto anche gli amministratori di condominio, in quanto inquadrabili nell'ambito dei "lavoratori autonomi"- a date condizioni, termini e presupposti -, potranno chiedere ed ottenere la indennità di disoccupazione da parte dell'INPS.

La nomina dell'amministratore condominio privo dei requisiti richiesti dalla legge.

La Corte di Giustizia Europea ha appena pubblicato una Sentenza a dir poco storica (C. Giust.

UE causa C-442/16 del 20 dicembre 2017), con la quale ha statuito che costituisce una violazione dei principi comunitari, in tema di uguaglianza sostanziale tra cittadini comunitari, il trattamento normativo diverso riservato tra lavoratori dipendenti e quelli, per l'appunto, autonomi, in tema di assistenza in ragione dello stato di precarietà economica generato dalla "disoccupazione involontaria".

Detto in altri termini; "una persona che ha cessato di essere un lavoratore autonomo a causa della mancanza di lavoro dovuta a ragioni indipendenti dalla sua volontà, dopo aver esercitato una simile attività per oltre un anno, può, analogamente a una persona che abbia involontariamente perso il suo impiego dipendente dopo averlo occupato per un ugual periodo, beneficiare della tutela offerta dallo articolo 7, paragrafo 3, lettera b), della direttiva 2004/38...".

Disoccupazione involontaria. Cosa prevede il nostro attuale sistema? Nel nostro attuale sistema assistenziale, l'INPS dispone l'erogazione del trattamento di disoccupazione solamente in favore dei lavori subordinati che hanno perso involontariamente il lavoro.

Si parla, a tal proposito, della Nuova Assicurazione Sociale per l'Impiego (NASPI), ovvero di una indennità mensile di disoccupazione, istituita dall'art. 1 del decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 22, che sostituisce le precedenti prestazioni di disoccupazione ASpI e MiniASpI in relazione agli eventi di disoccupazione involontaria che si sono verificati a decorrere dal 1° maggio 2015.

La direttiva INPS nr 174 del 23 novembre 2017 ha ritenuto compatibile l'erogazione della NASpl anche nei confronti dei lavoratori che, frattanto, si siano iscritti ad Albi professionali e/o che siano divenuti titolarità di partita IVA sulla indennità di disoccupazione, ma a date condizioni sia di reddito che formali.

Va da sé che si tratta di ben altra cosa rispetto quanto, invece, sancito dalla Corte di Giustizia Europea, con la sentenza in commento, laddove riconosce il diritto ad accedere a tale prestazione socio-assistenziale anche in favore di chi precedentemente ha svolto una attività di lavoro autonomo e non subordinato.

Al fine di dirimere qualsivoglia dubbio, in proposito, esaminiamo il contenuto della citata statuizione.

La sentenza. L'articolo 7, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2004/38 conferisce un diritto di soggiorno a ogni cittadino dell'Unione con lo status di «lavoratore subordinato o autonomo».

Nella stessa ottica, l'articolo 7, paragrafo 3, di tale direttiva riguarda i cittadini dell'Unione che, sebbene abbiano cessato di essere «un lavoratore subordinato o autonomo», conservano la loro qualità di «lavoratore subordinato o autonomo» ai fini di tale prima disposizione.

Ora, secondo la disposizione in commento, non si può creare una disparità di trattamento tra queste due categorie di persone/lavoratori rispetto all'obiettivo perseguito, ovverosia garantire, attraverso il mantenimento dello status di lavoratore, il diritto di soggiorno delle persone che abbiano cessato di esercitare la loro attività professionale a causa della mancanza di lavoro dovuta a circostanze indipendenti dalla loro volontà.

Infatti, analogamente a un lavoratore subordinato che può involontariamente perdere il suo lavoro dipendente a seguito, in particolare, di un licenziamento, una persona che ha esercitato un'attività autonoma può trovarsi costretto a cessare tale attività.

Questa persona (o meglio tale lavoratore autonomo) potrebbe pertanto trovarsi in una situazione di vulnerabilità paragonabile a quella di un lavoratore subordinato licenziato.

In simili circostanze, non sarebbe giustificato che detta persona non beneficiasse della tutela di cui gode una persona che abbia cessato di essere un lavoratore subordinato. Una simile disparità di trattamento sarebbe ancor meno giustificata in quanto porterebbe a trattare una persona [..] che ha contribuito al sistema sociale e fiscale di tale Stato membro mediante il pagamento delle tasse, imposte e altri oneri che gravano sul reddito, nello stesso modo di una persona che è alla ricerca di un primo impiego nel citato Stato membro, che non ha mai esercitato un'attività economica in quest'ultimo e non ha mai versato contributi previdenziali a tale sistema.

Da tutto quanto precede risulta che una persona che ha cessato di essere un lavoratore autonomo a causa della mancanza di lavoro dovuta a ragioni indipendenti dalla sua volontà, dopo aver esercitato una simile attività per oltre un anno, può, analogamente a una persona che abbia involontariamente perso il suo impiego dipendente dopo averlo occupato per un ugual periodo, beneficiare della tutela offerta dall'articolo 7, paragrafo 3, lettera b), della direttiva 2004/38.

Applicabilità in Italia della sentenza "comunitaria". Principio di preminenza. Hanno applicazione immediata e necessaria negli ordinamenti nazionali - compreso quello nostrano - le sentenze della Corte di Giustizia che interpretano regolamenti dell'Unione Europea, in quanto norme aventi immediata efficacia nel diritto degli Stati membri (e, tanto, anche se manca un pronunciamento netto della Corte in merito alla diretta applicabilità delle sentenze che interpretano direttive comunitarie, in quanto norme che necessitano di un successivo recepimento in leggi degli Stati membri).

La Corte Costituzionale ha - in più occasioni - affermato che le sentenze della Corte di Giustizia ricadono "sotto il disposto del diritto comunitario che riceve immediata e necessaria applicazione nell'ambito territoriale dello Stato, con la conseguenza dell'inammissibilità della questione di costituzionalità, eventualmente sollevata dal giudice comune".

Il Giudice delle leggi ha anche stabilito che per il giudice comune la giurisprudenza della Corte di Giustizia e le norme comunitarie in genere prevalgono anche sulle massime della Corte di Cassazione.

Disoccupazione involontaria. cosa prevede il nostro sistema. Nel nostro attuale sistema assistenziale, l'INPS dispone l'erogazione del trattamento di disoccupazione solamente in favore dei lavori subordinati che hanno perso involontariamente il lavoro. Si parla, a tal proposito, della Nuova Assicurazione Sociale per l'Impiego (NASPI).

Si tratta di una indennità mensile di disoccupazione, istituita dall'art. 1 del decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 22, che sostituisce le precedenti prestazioni di disoccupazione ASpI e MiniASpI in relazione agli eventi di disoccupazione involontaria che si sono verificati a decorrere dal 1° maggio 2015.

Con la direttiva INPS nr 174 del 23 novembre 2017 l'erogazione della NASpl è stata ritenuta compatibile anche nei confronti dei lavoratori che, frattanto, si siano iscritti ad Albi professionali e/o che siano divenuti titolarità di partita IVA, ma a date condizioni sia di reddito che formali.

Va da sé che, quanto stabilito e riconosciuto dalla citata Sentenza "comunitaria" è ben altra cosa. Si ribadisce, infatti, che con tale pronuncia è stato riconosciuto il diritto dei lavoratori autonomi a conseguire tale prestazione assistenziale, in caso di comprovata disoccupazione involontaria, analogamente a quanto avviene per i lavoratori subordinati.

Vedremo adesso quali conseguenze porterà, sul piano politico e giuridico (e non solo!), la statuizioni in questione. Ai posteri l'ardua sentenza….

Sentenza inedita
Scarica Corte di Giustizia. UE causa C-442/16 del 20 dicembre 2017
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