A partire dal 20 novembre 2012 - data di approvazione nella sua versione definitiva del testo della legge n. 220/2012, altrimenti nota come "riforma" del condominio - abbiamo dedicato ampio spazio alle vicende che riguarderanno il condominio a partire dal 18 giugno (data di entrata in vigore della legge n. 220).
Un aspetto in particolare, anche per i suoi risvolti direttamente incidenti sull'attività di tantissime persone, merita un'ulteriore approfondimento: il riferimento è alla figura degli amministratori di condominio.
S'è scritto ampiamente dei dubbi, sollevati e tacitati dal Consiglio nazionale forense, sulla compatibilità tra professione di avvocato ed incarico di amministratore.
In uno dei nostri ultimi articoli in materia, intitolato "Dopo il 18 giugno 2013 molti amministratori condominiali rischiano di perdere il posto, perché?", abbiamo cercato di dare risposta alla domanda. Molti amministratori ma, esattamente, quanti? Allo stato attuale non esistono dati certi ed aggiornati.
Secondo una ricerca del Consiglio europeo delle professioni immobiliari (Cepi), pubblicata nel 2008, gli amministratori condominiali in Italia sono all'incirca 300mila più del triplo di tutti quelli dei Paesi Ue messi insieme.
Numeri esorbitanti che secondo il Centro europeo si spiegano anche per la presenza di molti, moltissimi amministratori così detti interni. Si tratta dei condomini che, per spirito di servizio o per "arrotondare", assumono l'onere (di onore in tal caso c'è ben poco) della gestione del condominio in cui abitano.
Partiamo proprio da questi ultimi per dire che essi rappresentano quella categoria che la "riforma", paradossalmente, ha solamente sfiorato.
Il perché è semplice a dirsi: secondo l'art. 71-bis disp. att. c.c. gli amministratori interni non sono soggetti né all'obbligo di possedere il diploma di scuola media superiore, né a quello di formazione iniziale e periodica. Non si comprende la scelta del Legislatore.
Forse vivere dove si amministra permette un flusso costante di trasmissione di dati aggiornati dalle pareti alla mente umana? In questa situazione i così detti interni continueranno a poter esistere e proliferare.
Unici rischi per questa categoria di amministratori: l'assicurazione e l'innalzamento della soglia di condomini per l'obbligatorietà della nomina. Quanto alla prima l'assemblea può richiederla ma, ci si domanda, in quanti la richiederanno ad una persona che abita nel palazzo? Quanto alle soglie numeriche, dal 18 giugno si passa da cinque a nove comproprietari.
Insomma in tutte quelle compagini fino a otto condomini, a partire dalla metà di giugno l'assemblea potrà riunirsi e deliberare la revoca dell'amministratore in carica senza doverlo sostituire.
Questa preoccupazione, però, riguarderà anche chi esercita l'attività in modo continuativo e professionale. Quanto sono esattamente, sui 300 mila stimati, gli amministratori professionisti?
Anche qui nessun dato certo, solamente stime. Le più recenti disponibili, quelle contenute nel rapporto Censis-Anaci del marzo 2006, ipotizzano le seguenti cifre: 41.000 professionisti per complessivi 328.000 condomìni amministrati. Di questi, prosegue il rapporto almeno 5.000 amministrano un solo condominio.
Ciò vuol dire che gli amministratori professionisti, ossia quelli che vivono esclusivamente di quel lavoro non sono più 37.000. Anzi saranno ancora meno.
Molti, infatti, agli incarichi di amministratore affiancano altri lavori (es. ingegneri, avvocati, geometri, ecc.).
Difficile, quindi, azzardare numeri precisi. Questi i dati. Aggiorniamoli ad oggi, sulla base di una stima prudenziale, considerando un aumento degli amministratori professionisti pari al 15%; azzardiamo questa stima anche sulla base dei dati riportati in questo articolo (https://www.ilsole24ore[.....]i-legge-quattro-condomini-091507.shtml) e riguardanti l'aumento percentuale degli invii del modello 770.
Insomma dal 2006 ad oggi gli amministratori professionisti dovrebbero essere 6150 in più.
Al di là di queste considerazioni diciamo che circa 47.150 persone (ragioniamo su cifre sicuramente approssimate per difetto) con l'entrata in vigore della "riforma" dovranno aggiornarsi costantemente.
Tra questi "quanti hanno svolto attività di amministrazione di condominio per almeno un anno, nell'arco dei tre anni precedenti alla data di entrata in vigore" della "riforma", non avranno bisogno del corso di formazione iniziale né del titolo di scuola media superiore.
Ciò vale anche per i restanti 250.000. Al momento attuale proprio la formazione solleva diverse incognite. Chi potrà svolgere l'attività di formatore? Che vuol dire formazione periodica? Basterà un aggiornamento annuale? Tutte domande che per ora non hanno risposta certa. E le incertezze normative portano al proliferare di corsi per l'esercizio dell'attività di amministratore di condominio.
Nel frattempo le associazioni degli amministratori, in testa quelle certificate UNI e/o iscritte negli elenchi ministeriali, premono per l'emanazione di norme che regolamentino (in modo restrittivo) il novero dei soggetti formatori.
C'è un mercato di 47 mila persone che da giugno dovrà, quanto meno, frequentare corsi di formazione periodica. Le associazioni dicono di muoversi in nome della qualità. Visti i numeri c'è da domandarsi: della qualità o del business? Vedremo.
Insomma in questo contesto, ci chiediamo: chi svolge l'attività in modo non professionale accetterà di sobbarcarsi i costi dell'aggiornamento? Gestire uno o pochi condomini, rispetto ai costi della formazione, diverrà antieconomico?
Uno scenario probabile è il seguente. Per spiegarlo ricapitoliamo le varie cifre che abbiamo dato.
Si presume che in Italia vi siano 300.000 amministratori; di questi 47.150 sono professionisti e circa 250.000 no. Gli interni potranno continuare a lavorare senza nessun cambiamento.
Ipotizzando che tutti posseggano i requisiti per non svolgere il corso di formazione iniziale (300.000 amministratori al 2006 vuol dire molti anni prima di quelli imposti dall'art. 71-bis disp. att. c.c. per esercitare senza bisogno della formazione iniziale), ce ne saranno una larga parte (approssimiamo per difetto 200.000) che per il numero di condomini amministrati ed i costi di esercizio (su tutti formazione periodica e assicurazione) decideranno di passare la mano.
Contando anche solamente una media di 2 condomini a testa per 200.000 amministratori (parliamo sempre per difetto) si può ipotizzare che dal 18 di giugno in poi si possa pensare ad un aumento di volume d'affari per gli amministratori professionisti pari a 400.000 edifici. Non male in tempo di crisi.